Recep Tayyip  Erdoğan (foto kremlin.ru)

Recep Tayyip Erdoğan (foto kremlin.ru - CC BY 3.0)

Col nuovo sistema presidenzialista, Erdoğan consolida la sua posizione di potere. Numerosi gli esponenti del mondo degli affari nel nuovo esecutivo, nonostante il rischio di conflitto di interessi

27/07/2018 -  Fazıla Mat

I contorni della Nuova Turchia sono sempre più nitidi dopo il risultato elettorale del 24 giugno scorso. Il sistema presidenziale, già approvato con referendum popolare nell’aprile 2017 è diventato effettivo con la conferma di Recep Tayyip Erdoğan alla guida del paese. Il presidente ha concentrato nelle proprie mani il potere esecutivo, mentre la figura del premier e il gabinetto dei ministri sono diventati storia. Al contempo, con l’abbandono del sistema parlamentare, il ruolo dell’assemblea nazionale - sebbene ora costituita da 600 deputati e dominata dall’alleanza del partito di Erdoğan e dai nazionalisti del MHP - è stato fortemente ridotto.

Ma il nuovo sistema risulta diverso dalle forme di presidenzialismo presente nelle democrazie occidentali come gli Stati Uniti o dal semipresidenzialismo francese.

I politologi riscontrano  piuttosto maggiori somiglianze con alcuni stati africani subsahariani, come il Zimbawe, il Ghana e il Malawi. Tre stati che dopo aver abbandonato il parlamentarismo per il presidenzialismo sono approdati in una forma di aperta dittatura.

Queste presunte somiglianze sono state respinte con forza dal deputato AKP (Partito della giustizia e dello sviluppo) Mustafa Şentop, considerato il padre della riforma costituzionale in senso presidenziale. Parlando alla BBC turca, Şentop ha criticato l’accostamento dicendo che “paragonare la Turchia, che ha un passato centocinquantennale di democrazia ed è fondatrice di stati basati sulla legge e sulla giustizia, con dei paesi che hanno fatto fatica ad eleggere in modo regolare anche i propri capi villaggio è un approccio orientalista”. Ma le prime misure intraprese con grande rapidità dal nuovo governo indicano che il pugno di ferro nella “lotta al terrorismo” proseguirà senza indugi anche ora che lo stato di emergenza, mantenuto per due anni, non è più in vigore.

Affari e politica

Data l’urgenza di mettere in pratica il nuovo sistema, anche la nomina dei nuovi ministri, del vice-presidente e delle posizioni ministeriali di rilievo è stata compiuta velocemente. Ma alcune figure nominate sono ritenute particolarmente controverse perché potrebbero comportare un evidente e serio conflitto di interesse. Ad esempio Murat Ersoy, proprietario di una nota società turistica - la ETS Turizm - e della catena alberghiera Maxx Royal è il nuovo titolare del ministero del Turismo. Per contro, il nuovo ministro della Salute Fahrettin Koca è fondatore e presidente del Consiglio di amministrazione e del Comitato di gestione della Università privata Medipol, specializzata in diverse aree della medicina. A sua volta, il proprietario della catena di scuole private Maya, Ziya Selçuk, è stato nominato ministro dell’Istruzione, mentre il nuovo ministro dell’Agricoltura Bekir Pakdemirli per diversi anni è stato dirigente e consulente della multinazionale alimentare canadese McCain Foods.

Le nomine a ministro di persone provenienti dal mondo del business hanno portato i più critici a coniare nuove espressioni per descrivere il paese sotto il sistema presidenziale turco, come “Turchia SpA”. Ma sono state avanzate anche altre similitudini. Il quotidiano Cumhuriyet, ad esempio, ha messo in evidenza i legami di parentela tra alcuni funzionari ministeriali di nuova nomina e i membri dell’AKP. Così la gestione della nuova Turchia è stata paragonata anche alle aziende a gestione familiare. Il candidato presidente dell’opposizione, Muharrem Ince, l’ha associata a certi ristoranti popolari turchi, dove il genero del proprietario sta rigorosamente seduto alla cassa. In quest’ultimo caso l’accostamento va riferito alla decisione di Erdoğan di affidare la poltrona del ministero del Tesoro e delle Finanze al genero Berat Albayrak, già ministro dell’Energia. Per alcuni osservatori l’assegnazione al giovane politico di una carica così rilevante è una prova ulteriore del fatto che Erdoğan consideri il marito della figlia come suo possibile delfino.

Tra le altre nomine, quella del generale Hulusi Akar - che era capo di Stato maggiore quando si verificò il tentato putsch militare del 15 luglio 2016 - è stata accolta con grande sorpresa. Abdulhamit Gül e Süleyman Soylu, rispettivamente già ministri della Giustizia e dell’Interno di Erdoğan, sono stati riconfermati. Come pure il  ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu, noto per il profilo basso mantenuto in politica estera dal 2014, dopo aver sostituito nell’incarico il predecessore ed ex premier Ahmet Davutoğlu.

Stato di emergenza

Intanto, come già annunciato in fase pre-elettorale da Erdoğan, lo stato di emergenza dichiarato subito dopo il tentato golpe del luglio 2016 non è stato più rinnovato. Nel corso degli ultimi due anni sono state arrestate o licenziate migliaia di persone accusate per la maggior parte di avere legami con il movimento di Fethullah Gülen. Ankara ritiene che Gülen - imam e magnate residente negli USA - sia responsabile del putsch fallito che ha causato 250 morti e centinaia di feriti.

Ma gli emendamenti alla legge anti-terrorismo appena approvati in parlamento sono fortemente criticati dall’opposizione perché si prospetta un ulteriore e prolungato periodo di sospensione dei diritti fondamentali. Ad esempio, le autorità sono autorizzate a richiedere ad enti pubblici e privati qualsiasi documentazione - ad eccezione di quelle bancarie -  relativa ai sospettati di terrorismo e delle loro famiglie. I prefetti e le forze dell’ordine continuano ad esercitare i poteri straordinari detenuti durante lo stato di emergenza. Questi poteri includono ad esempio la perquisizione di persone sospette o la limitazione del diritto di manifestare all’aperto alle sole ore diurne.

È inoltre stabilito che per i reati individuali connessi ad attività terroristiche il periodo di fermo è di 48 ore - di quattro giorni se si tratta di reato di gruppo. In entrambi i casi il fermo è prolungabile per due volte. Il governo continua ad avere la libertà di licenziare impiegati pubblici e membri delle forze armate, della gendarmeria, della polizia se ritenuti connessi alle organizzazioni terroristiche. A tali persone poste sotto indagine può essere ritirato il passaporto e, se ritenuto necessario, anche ai coniugi.  La misura, che dovrebbe restare valida per tre anni, promette di introdurre nel paese uno stato emergenziale di lungo respiro per permettere alle autorità “di non danneggiare la lotta al terrorismo”.


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