Durante la cerimonia di insediamento del nuovo presidente serbo ad alcuni giornalisti è stato impedito con la forza di svolgere il proprio lavoro. Un'analisi dell'accaduto
Lo scorso 14 giugno il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla Serbia nella quale è stato chiesto al governo serbo di “condannare pubblicamente e irrevocabilmente tutti gli attacchi contro i giornalisti e i media, di garantire misure adeguate per indagini efficaci e di portare i responsabili davanti alla giustizia”. Il giorno dopo, Aleksandar Vučić ha condannato gli attacchi contro i giornalisti che sono accaduti proprio durante la sua cerimonia di giuramento e insediamento da presidente della Repubblica. Le sue affermazioni e quelle dei funzionari del suo partito non hanno però convinto l’opinione pubblica serba della sincerità della condanna.
Il giorno dell’inaugurazione, il 31 maggio, alcuni individui hanno maltrattato fisicamente, sotto gli occhi della polizia, sei giornalisti impedendo loro di svolgere il proprio lavoro. Si è saputo in seguito i responsabili dell'attacco facevano parte del servizio di sicurezza del Partito progressista serbo (SNS) di Aleksandar Vučić, i quali, senza esibire i distintivi identificativi previsti dalla legge, erano impegnati a garantire la sicurezza dei sostenitori di Vučić raccolti davanti al palazzo del Parlamento, dove si è svolta la cerimonia di insediamento del nuovo presidente della Repubblica.
“La polizia non vi può aiutare”
Fra i sostenitori di Vučić si sono trovati anche quelli che non lo amano: gli attivisti del movimento "Contro la dittatura" e i membri di alcuni partiti d’opposizione. Una giornalista del quotidiano Danas, resasi conto che alcuni uomini stavano attaccando uno dei dimostranti, ha cercato di filmare la scena ma un uomo, probabilmente un membro della “sicurezza”, l’ha presa alle spalle allontanandola dal luogo dell’accaduto.
I giornalisti dei portai Insajder e VICE, anche loro presenti sul luogo del raduno, hanno assistito allo stesso incidente. Sono stati minacciati da alcuni uomini e si sono sentiti dire che li avrebbero attaccati fisicamente e che “nulla deve trapelare al pubblico”. I giornalisti hanno fatto notare che stavano solo svolgendo il proprio lavoro e che avrebbero chiamato la polizia, ma a quel punto si sono sentiti dire, come riportato da Insajder, che “la polizia non li avrebbe potuti aiutare”.
In effetti i poliziotti hanno assistito alla scena rimanendo immobili e muti, osservando cosa stava succedendo senza muovere un dito quando i giornalisti hanno chiesto loro di intervenire. In una situazione analoga si è trovata anche una giornalista del portale Espresso.
A circa duecento metri dal luogo in cui avvenivano i fatti, una giornalista di Radio Belgrado trasmetteva informazioni dal raduno dei cittadini che protestavano contro l’insediamento del nuovo presidente. I cittadini sono stati aggrediti fisicamente da una decina di uomini che hanno impedito loro di avvicinarsi al Parlamento. La giornalista ha chiesto quindi chi fossero e a nome di chi stessero agendo: questi l’hanno soltanto respinta e le hanno strappato di mano il registratore. Anche di fronte a questo incidente la polizia ha osservato senza alcuna reazione.
Quando si è saputo che giornalisti e cittadini erano stati aggrediti, la polizia ha comunicato che “a causa di numerose e inesatte dichiarazioni [...] sul fatto che la polizia non ha preso misure adeguate […] il ministero degli Interni informa l’opinione pubblica che si tratta di affermazioni tendenziose, inesatte e in mala fede”.
Il quotidiano Danas ha sporto denuncia contro il partito SNS, in quanto organizzatore della manifestazione di sostegno a Vučić, a causa dell’attacco contro la giornalista; le associazioni giornalistiche hanno inviato lettere di protesta e il presidente Vučić si è scusato “se alcuni giornalisti sono stati aggrediti”.
“Giornalisti come parte di uno scenario preparato in anticipo”
Il 13 giugno, a due settimane di distanza dai fatti di cui sopra, Danas ha pubblicato le fotografie scattate dal fotoreporter che ha filmato l’intero incidente. Nelle immagini si vede chiaramente come la giornalista e i cittadini che protestavano siano stati “allontanati” con forza dal raduno a sostegno al neo presidente. La polizia e la procura in seguito hanno precisato di aver identificato e ascoltato tutte le persone presenti nel filmato, e per ora è tutto quello che si sa sull’indagine in corso.
Nell’interpretazione dell’incidente riportata dai media sotto il controllo del partito del presidente Vučić, l’attenzione è stata spostata dai giornalisti malmenati e dall'inazione della polizia sulla presenza dei pochi cittadini radunatisi per protestare contro il neo presidente.
Così anche lo stesso Vučić, dopo l’inaugurazione, ha dedicato molta più attenzione a chi protestava, affermando che dell'accaduto “devono rispondere anche coloro che sono venuti per provocare e che desideravano innescare un massacro”.
Vladimir Đukanović, deputato del SNS, ha fatto un passo in più e nel suo editoriale per il quotidiano filogovernativo Blic si è chiesto come sia possibile che alcuni giornalisti “si siano trovati proprio nello stesso momento nel luogo dove erano presenti i provocatori”. Ha poi concluso sostenendo che “l’intero scenario era stato preparato in anticipo” e che i giornalisti si sarebbero trovati lì proprio per “immortalare l’incidente provocato intenzionalmente.”
Nonostante la condanna dell’attacco da parte del presidente Vučić, la funzionaria del suo partito e presidentessa del Parlamento, Maja Gojković, si è rifiutata di mettere all’ordine del giorno della seduta del Comitato per la cultura e l’informazione la questione degli attacchi contro i giornalisti.
Oltre 30 casi di pressioni, minacce e attacchi contro i giornalisti nel 2017
Secondo i dati dell’Associazione indipendente dei giornalisti della Serbia (NUNS), “nel 2016 sono stati segnalati 36 attacchi contro i professionisti dei media, fra cui 9 attacchi fisici, 26 attacchi verbali e 1 attacco contro la proprietà privata”.
Soltanto nella prima metà di quest’anno, come precisato dal presidente di NUNS, Slaviša Lekić “in almeno dieci casi ai colleghi è stato impedito di dare le informazioni: sia per la discriminazione durante l’invito all’evento, sia per il fatto che gli è stato vietato di assistere ad un evento pubblico. Nel database di NUNS dall’inizio dell’anno sono stati registrati più di 30 casi di pressioni, minacce verbali e attacchi fisici contro i giornalisti”.
A questa statistica si può aggiungere quella che è diventata una consuetudine da parte di esponenti del governo e di una parte dei media: il continuo riferirsi ai giornalisti indipendenti come traditori, nemici che stanno preparando un colpo di stato, al soldo di agenti stranieri che cercano di rovesciare il governo.
Così, rispondendo alle domande della giornalista del settimanale NIN che chiedeva al neo-insediatosi presidente “se i picchiatori che hanno usato la forza contro i giornalisti siano membri del partito SNS, se siano membri del corpo di sicurezza del partito oppure della polizia”, Vučić ha risposto che negli articoli di questo settimanale “non ci sono argomentazioni ma soltanto odio”. Poi ha accusato NIN di sostenere in modo scrupoloso e cordiale i provocatori che miravano al massacro, che sono i provocatori ad avere la loro para-polizia, per poi esprimere pietà dicendo “che non avrebbe accusato NIN nonostante le numerose falsità che pubblica”.
Con queste risposte a rare domande di quei giornalisti che osano uscire dal protocollo, la conferenza stampa del presidente Vučić fa chiaramente sapere di non volere commentare i temi sgraditi e prima della fine dell’inchiesta già annuncia la sentenza. Messaggio che è stato ascoltato anche dalla procura.
Gli attacchi contro i giornalisti in Serbia
NUNS raccoglie dati sulle aggressioni subite dai giornalisti dal 2008. Per saperne di più visita il nostro Resource Centre sulla libertà dei media.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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