È un immenso scandalo sanitario ed ambientale quello che minaccia la Romania. I cementifici del paese bruciano rifiuti, spesso importati dall’estero, tra cui vi sarebbero sostanze illegali. Il tutto a spese dei cittadini che si trovano a vivere nel mezzo di fumi tossici. Un'inchiesta dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP)
(Pubblicato originariamente da Organized Crime and Corruption Reporting Project , tradotto e selezionato da Le Courrier des Balkans e OBCT)
Fin dall’inizio degli anni Novanta, la Romania ha adottato misure che proibiscono l’importazione di rifiuti destinati ad essere poi depositati nelle discariche pubbliche. Tuttavia, la legge ancora autorizza le aziende ad importare rifiuti nell’ambito di programmi energetici. Così, tutti i cementifici romeni usano rifiuti come combustibile, accanto al carbone.
Chi difende questo nuovo mercato dichiara che questi scambi hanno un impatto positivo sull'ambiente, che vi sarebbero meno emissioni di gas ad effetto serra di quando si ricorre ai combustibili fossili, e che tutto questo fornisce uno sbocco per i rifiuti che la nostra società dei consumi ha difficoltà a smaltire. I cementifici così ne approfittano: invece di pagare per acquistare del carbone, vengono pagati per bruciare rifiuti. Eppure, questa dinamica non è affatto l'operazione a somma zero che alcuni affermano essere.
Il traffico
Il porto di Costanza è il principale punto di accesso dei rifiuti stranieri utilizzati dai cementifici romeni. “La Romania è diventata un luogo allettante per l’immondizia di tutta l’Europa”, spiega Tiberiu Niță, un procuratore. Più di un milione di tonnellate, ossia un quinto dei rifiuti urbani prodotti nel paese, sono bruciate ogni anno nelle fabbriche di cemento, ma nessuno le controlla. Nessuna autorità governativa è incaricata di verificare che tipo di rifiuti vengono bruciati nelle fabbriche.
Tiberiu Niță indaga sul traffico di rifiuti in Romania da parecchi anni. “È diventato un problema enorme e nessuno vi presta attenzione. Eppure, sarebbe così semplice stabilire una normativa a riguardo. Alcuni “uomini d’affari” colgono l’opportunità per ripulire il proprio paese riempiendo la Romania di rifiuti. Quando arrivano alla frontiera, i camion sono belli, i rifiuti imballati in modo appropriato, come se ci inviassero del materiale scolastico”. In realtà, in mezzo ai rifiuti ordinari, vengono nascoste sostanze tossiche.
Le autorità competenti per l’ambiente incontrano grandi difficoltà nella gestione del problema. Alla frontiera romena, Răzvan Huber, ispettore ambientale della Guardia nazionale ambientale riporta la storia di un carico italiano, nel 2016. “Assomigliavano a rifiuti ordinari, ma quando abbiamo aperto i pacchi, abbiamo visto che contenevano rifiuti sanitari, provenienti probabilmente da diversi ospedali”. Questa spedizione era la prima di un contratto che prevedeva l’importazione di 12.000 tonnellate di rifiuti da bruciare nei cementifici romeni.
Chi si nascondeva dietro queste spedizioni? I rifiuti provenivano dall’Italia, ma i documenti ottenuti dall’OCCRP mostrano che sono stati cittadini romeni a negoziare l’affare per conto di un cementificio locale. Tiberiu Găneșanu è uno di questi intermediari romeni. A suo avviso, il carico conteneva solo una percentuale molto bassa di rifiuti sanitari. “Esiste una procedura da seguire quando si prelevano dei campioni: si aprono solo due pacchi”, si giustifica, ritenendo che gli ispettori hanno esagerato la quantità e la tossicità di quei rifiuti “clandestini”. Assicura che i suoi partner italiani sono puliti: “Andate a vedere in Italia. Lì, è così pulito che non vi è alcun odore nemmeno all’interno della fabbrica per il trattamento”.
Sponda italiana
Siamo andati a vedere in Italia. Più precisamente a Peccioli, in Toscana. “Tutti si sono trasferiti. Tutti quelli che hanno un po’ di cervello se ne sono andati”. Mario è un abitante del paese. “Questa zona che stiamo attraversando è costituita di campi dove sono stati scaricati rifiuti industriali”. Il trucco consisteva nello sbarazzarsi dei fanghi tossici dandoli agli agricoltori come concime. Questi ultimi li spargevano sul loro terreno o li sotterravano. Il terreno è contaminato ancor oggi.
L’uomo sospettato di essere dietro questo espediente è Domenico Del Carlo. È lui che si trova dietro la spedizione dei rifiuti sanitari confiscati in Romania nel 2016. Sospettato d’essere legato alla criminalità organizzata, è stato indagato nel 2017 per presunti legami con la Camorra. “Molti uomini d’affari che si occupano di rifiuti sono legati a persone coinvolte in gruppi criminali tipo la Camorra”, spiega Adriano D’Elia, comandante della Guardia di Finanza in Toscana.
Non sono solo i rifiuti sanitari ad essere proibiti. La legge romena proibisce che nei cementifici vengano usati come combustibili tanto i rifiuti radioattivi quanto altri rifiuti patogeni. Per gli pneumatici, le bottiglie di plastica e gli oli esausti, le norme sono leggermente più complesse: questi rifiuti possono essere bruciati se le emissioni sono mantenute sotto un certo livello.
Il combustibile non fossile più usato nei cementifici romeni resta l’immondizia urbana, anche detta, spazzatura. Questi rifiuti possono essere bruciati se sono differenziati e puliti. Nella maggior parte dei paesi europei, affinché i cementifici si occupino di questa operazione, bisogna pagarli parecchie centinaia di euro per tonnellata di immondizia. In Romania, è molto più economico: da 10 a 15 euro per tonnellata. È per questo motivo che il paese è una destinazione privilegiata.
La nostra inchiesta ci porta sulle tracce di un altro italiano, Sergio Gozza. Secondo i carabinieri, tra le 150.000 tonnellate di rifiuti spediti da Sergio Gozza dall’Italia alla Germania tra il 2007 ed il 2010, alcuni rifiuti erano contaminati dall’arsenico. Sergio Gozza aveva usato un laboratorio italiano per falsificare i test sui livelli di arsenico affinché il tasso non superasse il limite legale. Ciò nonostante, ha continuato ad esportare i rifiuti per l’Europa fino al giorno d’oggi.
Secondo la Procura romena, Sergio Gozza ha provato ad inviare 2.000 cargo pieni di rifiuti dall’Italia ai cementifici romeni nel 2013. È anche riuscito a far assumere uno dei suoi soci presso un ministero romeno. Il piano è saltato in aria quando la polizia romena - grazie ad una denuncia - ha intercettato il primo carico di questi 2000. Era pieno di rifiuti urbani italiani che non erano stati differenziati ed erano stati mescolati con altri tipi di rifiuti non elencati nell’inventario relativo alla spedizione. “Se qualcuno non spiffera, riescono ad arrivare, scaricare e ripartire”, spiega il procuratore Tiberiu Niță. Le 2.000 spedizioni di rifiuti di Sergio Gozza erano destinate ad un cementificio appartenente a Holcim Romania, filiale del consorzio svizzero LafargeHolcim. Questa fabbrica può bruciare fino a 300.000 tonnellate di rifiuti all’anno.
In Romania arrivano anche rifiuti provenienti dalla Germania. La Cina è stata a lungo la destinazione privilegiata dei rifiuti tedeschi di “minor valore” ma, dopo l’adozione di una nuova legislazione cinese che bandisce 24 tipi di rifiuti, la Germania si è rivolta alla Romania e alla Bulgaria per trovare uno sbocco per le sue eccedenze. Alcuni camion intercettati alla frontiera dagli ispettori romeni contenevano rifiuti non regolamentari.
A Chișcădaga, nella contea di Hunedoara, in Transilvania, Maius Mangu vive a 200 metri dal cementificio HeidelbergCement, uno dei sette cementifici della Romania. HeidelbergCement (più di 15 miliardi di euro di fatturato all’anno) è il secondo produttore mondiale di cemento dopo LafargeHolcim (22 miliardi di euro di fatturato). Il cementificio brucia all’incirca 200.000 tonnellate di rifiuti all’anno. I camion di Domenico Del Carlo ed i camion tedeschi fermati dagli ispettori romeni erano destinati a questo cementificio.
Le api e gli alberi muoiono
“Sentite questo odore?” chiede Marius Mangu. Effettivamente, è atroce. “Le correnti d’aria arrivano fin qui. In certi periodi dell’anno, questo odore è soffocante, letteralmente. Quando fanno più di 30 gradi, non si riesce a respirare”. Secondo Marius, gli uccelli e le api muoiono e l’acqua che dà ai suoi animali è contaminata. Allo stesso modo, diversi alberi del suo frutteto sono morti. “I ciliegi ed i peschi sono gli alberi più sensibili, muoiono per primi”. Ci mostra l’acqua piovana. “Quest’acqua è stata raccolta ieri sera. Prima la davo da bere agli animali. Visto a cosa assomiglia oggi, non oserei più, ho paura che li faccia ammalare. Bruciano gli pneumatici delle automobili ed i rifiuti, e noi ci ammaliamo.” Le tegole del tuo tetto sono nuove, datano otto mesi, ma sono già mezze annerite. “Bruciano qualsiasi cosa. Siamo la fossa biologica della Romania.”
Per mostrarci la scarsa considerazione di HeidelbergCement per l’ambiente e la legislazione romena, Marius ci accompagna nel bosco vicino al cementificio. Vi sono depositati decine di migliaia di pneumatici. È tanta la gomma che è in attesa d’essere bruciata. Dopo la segnalazione dei giornalisti dell’OCCRP, HeidelbergCement è stato condannato a pagare una multa di 10.000 euro per questo deposito illegale che rischiava di causare un incendio.
Marius non è il solo ad essere preoccupato. “A Chișcădaga si può sentire l’odore dei rifiuti, l’odore di cose in putrefazione, soprattutto in estate”, riporta il sindaco, Mihai Irimie, che è particolarmente preoccupato per via di alcuni picchi di emissione. “Il direttore mi ha assicurato che tutto si svolgeva nei limiti legali e che le emissioni erano sicure in quanto monitorate dal ministero dell’Ambiente.” Ma sarà vero?
Controlli (mancati) e tumori
Georgeta Barabaş è la direttrice dell’Agenzia ambientale regionale della contea. Racconta una versione diversa della storia. “Non abbiamo la possibilità di controllare queste emissioni perché non esiste nessun obbligo legale che vincola lo stato ad effettuare dei controlli. Non ci sono norme per le diossine e furani, e i nostri laboratori non sono attrezzati per controllarli.” Le diossine sono una sostanza altamente tossica prodotta dalla combustione di materie plastiche.
Preoccupato e disilluso, Ionel Circo, pneumologo a Simeria, ha constatato un aumento dei casi di cancro nella regione. “Numerosi studi dimostrano l’influenza delle diossine sui casi di cancro. Le diossine si diffondono attraverso l’aria, l’acqua e le piante. Arrivano nell’organismo con il cibo contaminato. Uno studio sulle conseguenze delle emissioni sugli abitanti che vivono intorno ai cementifici richiederebbe degli specialisti interessati ed un sostegno finanziario, e le conclusioni di certo non fornirebbero alcun vantaggio alle persone al potere. Pertanto, chiudiamo gli occhi e continuiamo”.
Nel 2004, alla Romania sono stati assegnati dei fondi europei per acquistare degli strumenti di controllo delle emissioni, specialmente quelle dei cementifici. Secondo Georgeta Barabaş, le autorità romene hanno comprato le attrezzature ma queste non sono mai state istallate. Dunque, le autorità romene non monitorano le emissioni dei cementifici. La legge, del resto, prevede che i cementifici si debbano autocontrollare. È un compito che tre dei sette cementifici subappaltano ad un’unica impresa: Tehno Instrument.
L’impresa appartiene a Mihai Fâcă. Questo vecchio deputato del Partito socialdemocratico (PSD) è stato il direttore dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente fino al 2013 e ha coordinato l’agenzia fino al 2015. All’epoca, aveva già creato la sua impresa di controllo delle emissioni, non ne faceva parte ma suo figlio ne era azionario. “Sappiamo che era l’impresa di Mihai Fâcă ad ottenere i contratti ma che cosa potevamo farci?” domanda Georgeta Barabaş. A suo avviso, è Mihai Fâcă che ha impedito l'istallazione degli strumenti di controllo acquistati con i fondi europei.
I conflitti d’interesse di Mihai Fâcă non si fermano qui, vi ritroviamo infatti Sergio Gozza, il trafficante internazionale di rifiuti: quando i suoi 2.000 carichi illegali sono stati approvati, il nome di Mihai Fâcă figurava sui documenti di autorizzazione. Corruzione ordinaria su piccola scala o crimine organizzato transfrontaliero? Ciò che è certo è che tutti, dai rappresentanti locali all’industria del cemento, traggono beneficio dal “sistema” attuale. Salvo le persone, gli animali, le piante ed i terreni: loro vengono avvelenati.
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