Belgrade Center for Human Rights

Belgrade Center for Human Rights

Intervista a Pavle Kilibarda, ricercatore del Belgrade Centre for Human Rights, sulla situazione dei rifugiati in Serbia, il ruolo del Centro e la risposta di governo e cittadini all’emergenza

14/09/2015 -  Caterina Ghobert

Chi è e che cosa fa il Belgrade Centre for Human Rights?

Il Belgrade Centre for Human Rights è un’ONG fondata nel 1995 in Serbia e da allora si occupa di problematiche legate ai diritti umani, ambito nel quale ha svolto numerose attività. Al momento, tra le varie attività, pubblica ogni anno un report sullo stato dei diritti umani in Serbia, supervisiona i processi nazionali sui crimini di guerra, monitora la condizione delle minoranze in Serbia e, dal 2012 è partner dell’UNHCR per l’attuazione in loco di un progetto sul miglioramento dell’accesso all’assistenza legale per i richiedenti asilo.

Le problematiche legate al diritto di asilo sono ora una delle nostre attività principali ed includono l’offerta gratuita di aiuto legale da parte di professionisti - assistenza legale, rappresentanza legale durante la procedura di valutazione della domanda di asilo, la difesa, contenziosi strategici - la promozione e la sensibilizzazione sul tema.

Chi sono coloro che decidono di fare richiesta di asilo in Serbia? Da che motivazioni sono spinti?

Com’è noto, pochissimi rifugiati restano in Serbia per fare richiesta di asilo. Tra gennaio e la fine del luglio 2015, sono stati registrati 66.428 rifugiati, un aumento enorme rispetto ai 16.490 registrati in tutto il 2014. Non abbiamo ancora le statistiche di agosto, ma pensiamo che si possano essere superate le 100.000 persone. Di queste solo 484 hanno effettivamente cominciato la procedura per la richiesta di asilo. Contemporaneamente, a fine luglio 14 persone hanno ottenuto lo status di rifugiato.

Le persone che si fermano in Serbia sono generalmente, senza distinzione di nazionalità, quelle che possono permettersi di pagare un alloggio e quelli che non hanno parenti o altri legami nei paesi dell’Unione europea. Quest’anno hanno ottenuto lo status di rifugiato persone provenienti da Iraq, Siria, Sud Sudan e Ucraina.

Quali sono le problematiche più comuni per le quali è richiesto il vostro aiuto in merito ai profughi in transito?

La maggior parte delle persone ha bisogno di assistenza umanitaria. Non sono interessate a stare in un centro per richiedenti asilo, perché questi sono lontani dalla stazione ferroviaria e dall’autostazione di Belgrado. Molte persone hanno bisogno di aiuto medico e supporto psicologico, cibo, acqua e servizi igienici.

A Belgrado il governo non ha organizzato nessuna struttura, presente invece a Preševo, nella Serbia meridionale, punto di ingresso del 90% dei rifugiati. Moltissima assistenza è fornita invece dalle ONG locali e internazionali e dai cittadini di Belgrado.

Come si sta preparando la società civile serba ad affrontare il fenomeno migratorio nel lungo periodo?

Attualmente ci sono molte ONG attive nel lavoro con i rifugiati nelle città serbe, specialmente a Belgrado, ed esiste un certo coordinamento tra queste. Nel lungo periodo, tuttavia, la società civile non potrà continuare a sobbarcarsi il ruolo che spetta alle istituzioni. Non possiamo aprire centri di accoglienza, ospedali e strutture di questo tipo, e purtroppo non abbiamo le capacità per aiutare tutti. Le istituzioni devono fare di più e meglio per i rifugiati.

Il governo serbo ha preso le distanze dall’atteggiamento di Macedonia e Ungheria nella gestione del flusso migratorio, presentando la Serbia come un buon “padrone di casa” pronto ad accogliere. Che opinione ha il Belgrade Centre for Human Rightsa  riguardo?

Questo non è del tutto vero. Certamente la Serbia non ha costruito una recinzione lungo il confine come l’Ungheria, tentato di bloccare coi gas lacrimogeni l’ingresso dei rifugiati come la Macedonia o mandato autoblindo al confine come Bulgaria e Romania. Qui le persone sono tollerate, diciamo.

Tuttavia, le autorità non hanno fatto nulla di positivo tranne aprire il centro di Preševo, dove i rifugiati si fermano per registrarsi prima di proseguire per Belgrado e quindi per l’Ungheria. Analogamente, quando in passato sono stati denunciati casi di maltrattamento sui rifugiati da parte della polizia, il governo ha sempre negato e dichiarato false le accuse. E' vero che non si è mai trattato di abusi sistematici o diffusi, ma ci sono comunque stati degli incidenti ai quali non sono mai seguite indagini.

La situazione potrebbe cambiare nel caso più persone si interessassero a rimanere in Serbia o fossero forzate a farlo.

I cittadini di Belgrado sono descritti come empatici nei confronti dei rifugiati, dato che molti di loro hanno avuto esperienze simili durante la guerra degli anni ‘90. Ci sono anche però manifestazioni xenofobe e episodi di odio. Qual è l’atteggiamento della popolazione di Belgrado?

Il problema delle migrazioni è rimasto fin’ora marginale, dato che i migranti non si fermano qua. La situazione sta cambiando con l’attuale flusso di massa e parte della stampa ha cominciato a pubblicare storie sensazionalistiche sui rifugiati e i migranti, presentandoli come un rischio per la sicurezza e la salute.

Alcuni gruppi di estrema destra in questi giorni hanno organizzato delle proteste accompagnate dalla dichiarazione, ovviamente falsa, che l’Unione europea starebbe "cospirando" affinché 400.000 migranti illegali si stabiliscano in Serbia. Il governo ha vietato queste manifestazioni ed è stata organizzata una controprotesta per sensibilizzare la cittadinanza riguardo le difficoltà dei rifugiati.

Molte persone sono genuinamente interessate ad aiutare i rifugiati, e moltissimi cittadini donano cibo, vestiti, medicine. D’altro canto, la maggior parte delle persone non ritiene che i rifugiati debbano restare in Serbia, che è un paese povero e con molti problemi economici.

Noi parliamo spesso con i rifugiati per strada, che denunciano molto meno abusi rispetto a un tempo. Al contrario, invece, molti hanno buone parole per l’assistenza fornita dalla comunità locale.


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