Foto © Georgios Alexandris/Shutterstock

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Il fiume Evros è stato alla ribalta in questi anni per tragiche morti di centinaia di migranti, in fuga da guerra e povertà. In un'Europa più umana, però, il corso d'acqua potrebbe essere solo luogo magnifico per birdwatchers e appassionati di natura

11/02/2019 -  Gilda Lyghounis

A volte basta un lago ghiacciato per fare cambiare la “casa d’inverno” agli uccelli migratori. Si spiega così il numero record di oche nane che si contano in questi giorni nel Parco del Delta dell’Evros, il fiume che divide la Grecia settentrionale dalla Turchia.

“Non le vedevamo da anni, ma a gennaio sono arrivate in massa. Di solito partivano dalla Norvegia e svernavano sul lago di Kerkini, a circa 200 chilometri da qui verso ovest, nel comune di Serres. Ma lì hanno trovato le loro sedi invernali coperte dal ghiaccio: niente cibo. Per questo, probabilmente, hanno cambiato rotta e sono arrivate da noi” racconta Eleni Makrighianni, ornitologa e coordinatrice del servizio ambiente all’ente che gestisce il Parco Νazionale del Delta dell’Evros .

Ma le oche nane (Anser erythropus), a rischio di estinzione e poco più di cento rimaste in Europa, tutte ora al sicuro sulla foce del grande fiume, non sono l’unico record di quest’anno nella zona umida: che dire dei circa 8000 fenicotteri rosa che hanno invaso i laghi, gli stagni, i canneti del Delta, rispetto ai soliti 3000-4000 esemplari degli altri anni? E delle 6000 oche castane? “I fenicotteri sono aumentati in tutta Europa perché è una specie protetta", dice Makrighianni. Sì ma il doppio è un numero che balza agli occhi.

Migrazione

Eleni Makrighianni non ci sta a collegare direttamente i cambiamenti climatici su scala mondiale che riguardano anche il Mediterraneo con quanto sta succedendo nel suo Parco. “Ogni specie ha caratteristiche a sé. Chi afferma che la ragione dell’aumento degli uccelli migratori dalle nostre parti è l’effetto serra vuole solo fare notizia. Noi raccogliamo accuratamente i dati: due volte al mese contiamo gli esemplari. Poi occorrono studi scientifici che analizzano i numeri su un lungo periodo per trovare i motivi che di volta in volta spingono uno stormo di oche o di fenicotteri a cambiare rotta. Gli uccelli comunicano fra loro. Il tam tam di chi trova una sede invernale più attraente si diffonde all’interno di ogni specie. E una cosa è certa: qui sull’Evros trovano sicurezza e cibo”.

I 188 chilometri quadrati del Parco, in buona parte protetti dalla rete Natura dell’Unione europea e dalla Convenzione di Ramsar sulle zone umide di importanza internazionale, sono un susseguirsi di prati, boschi, specchi d’acqua dolce che, a mano a mano che il fiume si avvicina al mare, diventano semisalati o salati, isolotti di sabbia, canneti: un’oasi di biodiversità che assicura cibo in abbondanza agli uccelli migratori e, per estensione, ai loro predatori.

I cigni tuffano il becco alla ricerca di piante palustri che strappano dal fondo o dalle rive, i fenicotteri vanno ghiotti per i microorganismi e i gamberetti, che donano loro il colore rosa. L’aquila imperiale fa paura a tutti i piccoli uccelli e ai roditori. Le oche mangiano di tutto: ogni mattina si alzano in volo dal Parco e raggiungono i vicini campi di riso in Turchia. In inverno il riso è stato raccolto, ma loro trovano sempre avanzi delle pianticelle rimasti nei campi allagati. Poi la sera le oche tornano a casa al di là del confine, nel Parco greco. Sono migranti che non hanno bisogno di visti e passaporti, a differenza dei migranti umani che attraversando l’Evros cercano di entrare nell’Unione europea e spesso annegano nelle sue acque.

Prima che la zona umida dell’Evros entrasse fra le aree protette da convenzioni internazionali, ossia prima del 1971 (Accordo di Ramsar), l’agricoltura ha divorato metà dell’ampia regione intorno al Delta. “È avvenuto soprattutto negli anni Cinquanta” racconta Eleni Makrighianni “la Grecia era piena dei profughi di origine ellenica che da secoli vivevano sulle coste anatoliche e sono stati costretti ad andarsene in seguito allo scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia del 1923: avevano bisogno di nuove terre coltivabili per sfamarsi. E la regione del Delta è molto fertile”.

Allora, in seguito al Trattato di Losanna del 1923, un milione e mezzo di greci provenienti da Smirne e da altre città della costa turca sull’Egeo, fino a Trebisonda sul Mar Nero, fecero le valigie per “tornare” nella Patria di cui da millenni parlavano la lingua, ma che non avevano mai visto. A loro volta mezzo milione di musulmani che vivevano in Grecia dovettero “rientrare” in Turchia. Uno scambio epocale, per l’Ellade che contava solo tre milioni di abitanti.

Ma la storia di queste terre si legge anche visitando il Parco, dove si possono ancora vedere resti della antica strada romana Egnatia, che collegava Roma a Costantinopoli, l’odierna Istanbul, gli scavi della città ellenica di Doriskos, dominata da una collina sulla quale - narra Erodoto - il Re dei Persiani, Serse, salì nel 480 a.C. per passare in rassegna le sue truppe in marcia per aggredire Atene, Sparta e le altre poleis greche. Poi chiesette bizantine, rovine di hammam turchi. Facendo un giro in barca nel Delta, sulle tipiche plaves dei pescatori, si possono ammirare da vicino, o con il binocolo, i pellicani e i fenicotteri.

Già, i fenicotteri. A differenza delle oche e dei cigni, che arrivano da nord, i fenicotteri non sono migranti che affrontano lunghe distanze: si spostano dalle coste dell’Africa ad altre zone del Mare Nostrum, a seconda del passaparola fra uccelli sugli habitat più accoglienti.

Quest’anno, dicevamo, sulla top list dei flamingo (Phoenicopterus roseus) c’è il Delta dell’Evros. Qui sono contati due volte al mese come tutti gli uccelli migratori con sofisticate tecniche di monitoraggio e censimento: a partire dal conteggio diretto degli esemplari e indiretto (segni di presenza come feci o impronte) dei membri di ogni stormo in porzioni campione in modo tale da estrapolare una stima statistica della dimensione dell’intera popolazione a partire dal campione censito.

Monitoraggio

Poi c’è l’inanellamento. Ossia mettere alla zampa di vari uccelli un anello con un numero di codice per seguire le loro rotte: ci sono anche anelli collegati a un satellite. Lo fanno in tutte le aree umide del Mediterraneo, dove i tecnici inseriscono i risultati dei loro avvistamenti in una banca dati.

Così hanno ricostruito la vita nomade di un fenicottero senior, il più anziano monitorato dai tecnici dell’Ente Parco: gli è stato messo l’anello per la prima volta nella Camargue francese nel 1978 ed è stato segnalato sull’Evros nel 2013, a ben 35 anni. Seguendo i suoi spostamenti sulla banca dati, si capisce che ha passato buona parte della sua vita in Francia, dal 1978 al 1990, poi ha preferito spostarsi in Italia (1990, 1998, 1999, 2000, 2009, 2010, 2011) e poi in Grecia (2013).

La maggior parte dei fenicotteri sul Delta sono però più giovani: 59 su cento hanno fra i sei e i dieci anni di vita, 32 su cento sono sotto i cinque anni, solo nove su cento sopra i dieci anni. Sono animali molto sensibili al disturbo: basta infatti il volo di un ultraleggero, un osservatore troppo curioso o un semplice palloncino scappato dalla mano di un bambino per far allontanare dalla colonia migliaia di coppie.

Sull’Evros per ora stanno tranquilli. La riprova? Su 63 diversi flamingo monitorati tramite anello negli anni fra il 2011 e il 2016, si contano 114 “viaggi di ritorno all’Evros”.


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