(Flickr - fgtyrdmns)

Con l'obiettivo di collegare il Mar Caspio ai paesi dell'Unione europea, sono in funzione e in costruzione numerosi gasdotti. Le vie seguite dalle condutture coincidono con le più antiche vie di collegamento tra Oriente e Occidente e sfiorano il luogo ove era custodito il famoso nodo gordiano antico simbolo di conquista e di potere

17/07/2013 -  Fabrizio Polacco

Si racconta che il Grande Alessandro, nella sua avanzata alla conquista dell'Asia, effettuasse alla testa del suo esercito una lunga deviazione all'interno dell'Anatolia, raggiungendo la vecchia capitale del regno di Frigia, Gordio. Il diversivo non aveva finalità strategiche, ma propagandistiche; tutti sapevano, infatti, che tra le mura della città si ergeva un tempio dedicato a Zeus dove

Museo di Gordio, con la ricostruzione di un celebre mosaico di Alessandro Magno. Foto di F. Polacco

Museo di Gordio, con la ricostruzione di un celebre mosaico di Alessandro Magno. Foto di F. Polacco

si custodiva un nodo assai intricato e collegato ad una singolare profezia: chi fosse riuscito a scioglierlo sarebbe divenuto il padrone dell'Asia. La maggioranza degli storici racconta che il sovrano, timoroso di un insuccesso, sfoderò la spada e lo tagliò con un colpo netto. Altri riferiscono che si sarebbe limitato a sfilare un perno che assicurava il nodo al suo centro, sciogliendone così il viluppo. Molti però si sono domandati quale fosse il valore simbolico di quel nodo, come mai fosse collegato alla conquista di un continente, e perché si trovasse proprio a Gordio.

Benché decaduto, il regno di Frigia era idealmente associato, se non alla potenza militare e politica, alla presenza di immense ricchezze. Il suo antico sovrano, Mida, era celebre tanto per la dote di trasformare in oro tutto ciò che toccava quanto per la sua dabbenaggine nell'aver richiesto tale singolare facoltà al dio Dioniso: il che gli aveva impedito ben presto sia di mangiare che di bere, visto che tutto quel che sfiorava diveniva immediatamente prezioso e indigeribile...

Oggi, dopo oltre duemila anni, i governi che vogliano vincere, o anche solo gestire, la contesa geo-strategica per il controllo delle immense ricchezze dell'Asia, in particolare di quelle energetiche, debbono venire a capo di un altro complesso groviglio: quello costituito dall'intrico dei tracciati dei gasdotti.

Il corridoio meridionale del gas

TANAP, TCGP, TAP, TAG, Nabucco West, IGB, BTE, IAP: c'è da impazzire cercando di districarsi nelle sigle inventate dalle compagnie del settore e dalle autorità dell'energia  per indicare tutti quei gasdotti - già esistenti, in costruzione, progettati o soltanto ipotizzati -  che hanno l'obiettivo di collegare il Mar Caspio, una delle zone al mondo più ricche di gas naturale, ai paesi energivori dell'Unione europea. Ma vale la pena di farlo. Perché l'Europa è ancora stretta tra due grandi blocchi di aree produttrici di energia: il Nord-Africa e la Penisola Arabica da una parte, la Russia dall'altra. Ma le instabilità politiche maghrebino-mediorientali e la montante ingerenza della Russia post-comunista, attraverso il suo colosso Gazprom, nell'economia e nelle scelte politiche di alcuni Paesi dell'Est, hanno spinto da tempo l'UE a ricercare una via di fuga dalla soffocante tenaglia. È nata così l'idea di un 'Corridoio meridionale del gas' che, attraverso Turchia e Balcani, rifornisca il cuore del continente partendo appunto dai giacimenti caspici. 

Tra i maggiori paesi produttori della zona vi sono due stati ex-sovietici, l'Azerbaijan e il Turkmenistan. Nelle acque del Caspio meridionale sono già attivi gli estesi giacimenti azeri di gas denominati Shah Deniz II (poiché entrati ora in una seconda fase di sviluppo) i quali potrebbero in futuro soddisfare buona parte delle nostre esigenze. Occorre però creare una rete di condotte in grado di collegarli all'occidente scavalcando - questo è l'importante - l'area d'influenza russa da una parte e le instabilità mediorientali dall'altra. Dal 2006 già funziona il gasdotto del Caucaso Meridionale (detto BTE poiché collega la capitale azera Baku e quella georgiana Tbilisi con la città turco-anatolica di Erzurum), mentre è in fase di progetto un gasdotto sottomarino transcaspico (TCGP, Trans-Caspian Gas Pipeline) tra la città turkmena di Türkmenbaşı e l'Azerbaijan. 

Quello che resta del Tempio di Zeus nell'antica Gordio. Qui era custodito il carro con il nodo reciso da Alessandro. Foto di F. Polacco

Quello che resta del Tempio di Zeus nell'antica Gordio. Qui era custodito il carro con il nodo reciso da Alessandro.
Foto di F. Polacco

Tuttavia le tratte ancora mancanti al provvidenziale reticolato sono ancora molto ampie. Completarle in tempi relativamente brevi è l'obbiettivo di un accordo stipulato tra i governi turco ed azero. Intensificando un rapporto di stretta collaborazione cementato dalle forti affinità linguistico-culturali tra i due Paesi, azeri e turchi si sono accordati nel 2011 per la creazione di un gasdotto detto TANAP (Trans-Anatolian Pipeline) che dovrebbe attraversare la penisola anatolica in tutta la sua lunghezza per arrivare ai confini della Turchia con la Grecia. Il TANAP quindi si collegherà da un lato, partendo da Erzurum, alla diramazione caucaso-caspiana, e si innesterà dall'altro nella rete europea sud-orientale: che però, qui è il punto nodale della questione, è ancora tutta da realizzare.

La Turchia, ponte o baricentro

Comunque procedano le cose è chiaro che la Turchia fungerà in ogni caso da ponte per il transito delle risorse energetiche tra l'Europa e l'Asia. 
Ponte? Quando, conversando con i diretti interessati, ho provato per la prima volta a sfoderare questo luogo comune, ho toccato con mano quanto la definizione risulti poco gradita ai turchi. Mi hanno spiegato che il ponte è un manufatto artificiale, uno strumento privo di identità propria, un semplice luogo di passaggio: non certo un'adeguata metafora per un paese come il loro che vanta, come suggeriva il titolo di una mostra presentata a Roma al Palazzo del Quirinale nel 2007 '...settemila anni di storia'. 

Meglio, allora, sarebbe parlare di una centralità dell'Anatolia, del suo essere da sempre il baricentro decisivo tra il grosso della massa continentale eurasiatica e quella frastagliata propaggine peninsulare che è la nostra Europa. E difatti la Turchia non sta svolgendo un ruolo passivo neppure in questa delicata vicenda. 

Il tracciato individuato per il TANAP in Anatolia non è molto diverso da quello già ipotizzato per un grandioso precedente progetto europeo, il Nabucco. Era questo, inizialmente, lo strumento sostenuto dall'UE per liberarsi dalla dipendenza energetica da Mosca: in un balzo solo avrebbe scavalcato anch'esso da sud Russia e Ucraina, con le loro periodiche 'guerre del gas'; per poi risalire, dopo l'Anatolia, lungo i Balcani con la sua tratta occidentale, il Nabucco West, e raggiungere finalmente i mercati del centro Europa attraverso l'hub di Baumgarten. 

Baumgarten è una località dell'Austria orientale ai confini con Slovacchia e Ungheria, e costituisce il principale centro di smistamento degli ingenti quantitativi di idrocarburi provenienti dalla Russia. Da lì ad esempio parte già il TAG (Trans Austria Gas pipeline system) fino a Tarvisio, principale porta d'ingresso di quei prodotti nel nostro paese (quinto importatore mondiale di gas naturale).

Ovviamente, il fatto che il gas potesse arrivare fino al cuore della mitteleuropa scavalcando la Russia non piaceva affatto a Mosca, che ha perciò risposto al Nabucco West con il concorrenziale South Stream, progetto che vede la compartecipazione di Gazprom e dell'Eni (l'accordo fu avviato nel 2007 e confermato nel 2009 alla presenza di Putin e dell'allora Capo del Governo Berlusconi). Il South Stream però non solo contrasta con gli intendimenti originari dell'Unione europea, rafforzando la dipendenza energetica del continente da Mosca anziché riducendola, ma è anche assai impegnativo dal punto di vista tecnico. Prevede una parte off shore lungo tutto il Mar Nero, con un totale di 925 km di condotte sottomarine poste sino ad una profondità di oltre 2000 m. Sebbene la stazione di compressione del gas sulla costa russa, ad Anapa, sia stata inaugurata nel dicembre 2012, il sito ufficiale del progetto preannunzia l'inizio dei lavori della tratta sottomarina solo per il secondo trimestre del 2014. E, con qualche ottimismo di troppo, prevede l'entrata in funzione dell'intero South Stream (compresi quindi gli altri 1455 km sulla terraferma balcanica) per la fine del 2015.

La terza via

Ma è a questo punto che, per volontà dei governi turco ed azero, è entrata in lizza una terza via. Si tratta, in fondo, della più naturale e logica prosecuzione del gasdotto trans-anatolico, e scavalcherebbe non solo la Russia, ma pure i paesi balcanici centro-orientali che dovrebbero essere attraversati dal South Stream. Questo nuovo tracciato punta infatti direttamente dalla Turchia verso occidente, percorre la Grecia settentrionale e attraversa l'Albania per gettarsi nell'Adriatico poco a nord della cittadina di Fier. Da lì, con soli 115 km di tracciato sottomarino, raggiunge il 'tacco d'Italia' lungo la costa leccese. In tal modo l'intero salto dal suolo asiatico a un mercato dell'Europa occidentale verrebbe effettuato con un percorso di appena 870 km.

Ora, è proprio questa terza via la scelta in qualche modo storica annunziata il 28 giugno scorso dal Consorzio che controlla il giacimento di Shah Deniz II: organismo che comprende anzitutto la Compagnia di Stato azera SOCAR, il colosso britannico British Petroleum, la norvegese Statoil, e la compagnia francese Total. 

La decisione ha fatto molto discutere per alcune possibili ragioni: di tipo prettamente mercantile (i prezzi più alti del gas in Italia e in Grecia)? O di più ampio respiro economico (la maggior affidabilità dei paesi dell'Europa occidentale come clienti pagatori)? O non piuttosto geopolitiche (la volontà degli stati caucasici, e in prospettiva di quelli centrasiatici, di sottrarsi al soffocante abbraccio di Mosca collegandosi 'fisicamente' ai paesi dell'UE)? Frattanto il Consorzio ha sottolineato anche i  possibili sviluppi offerti da ulteriori ramificazioni del tracciato; il quale sempre da Fier in Albania potrebbe prolungarsi a nord nel progettato Ionian Adriatic Pipline (IAP) per rifornire così i Balcani occidentali: Montenegro, Bosnia Erzegovina e Croazia (dove confluirebbe nel centro di smistamento di Spalato). Mentre da Komotini in Grecia si potrebbe diramare verso la Bulgaria con il cosiddetto IGB (Interconnector Greece- Bulgaria).

Antiche vie e nuovi gasdotti

Ovviamente, il Consorzio dichiara che la scelta della TAP (Trans Adriatic Pipeline) è dovuta ad un'attenta valutazione dei complessi aspetti 'tecnici, finanziari e della sicurezza' dell'opera. Ma forse la risposta più corretta alle speculazioni e alle dietrologie è fornita dalla stesso sito ufficiale della Trans Adriatic Pipeline: "Il gasdotto offre il percorso più breve e diretto ai maggiori mercati europei". E ancora: "La sezione offshore del metanodotto attraversa il mar Adriatico nel punto con minore profondità a differenza di altri progetti, assicurando così la solidità strutturale a lungo termine dell’infrastruttura e contribuendo a ridurre i costi di trasporto del gas". In effetti, il costo del TAP sarebbe di 1,5 miliardi di dollari, rispetto ai 13/18 miliardi ipotizzati per Nabucco West.

Sono considerazioni ovvie, dettate dalla geografia e, a ben vedere, anche dalla storia antica: TANAP e TAP corrispondono infatti alle vie più importanti del mondo antico. Se si segue il progettato percorso del TAP si nota che coincide in molti punti con quello della Via Egnatia costruita dai Romani dopo la conquista della Grecia: passa ad esempio dietro l'odierna Kavala (tramite un valico chiamato non a caso 'le Termopili della Macedonia') e attraversa la piana di Filippi (dove Ottaviano e Antonio nel 42 a.C. si scontrarono con gli uccisori di Cesare), per sbucare sulla costa dopo Fier, luogo assai vicino a un antico terminale dell'Egnatia costituito dalla colonia greca di Apollonia. Attraversa poi il mare da cui risale non lontano da Brindisi: ove terminava la Via Appia,  già allora principale collegamento tra Oriente e Occidente.

Ancora più curiosa è la corrispondenza del TANAP, il gasdotto trans-anatolico, con buona parte della antichissima Via Reale, che dagli Hittiti, agli Assiri e ai Persiani percorreva la penisola congiungendo l'Alta Mesopotamia (dove ancor oggi ad attendere speranzosi la realizzazione del progetto sono i giacimenti del Kurdistan iracheno), e le strade provenienti dai valichi del Caucaso, con le sponde del Mediterraneo. E non è neppure un caso che il tracciato ipotizzato sfiori da sud Ankara, ove Atatürk stabilì il governo della Turchia moderna poiché corrispondeva al centro geografico della nuova repubblica. 

Polatli, la stazione ferroviaria Foto di F. Polacco

Polatli, la stazione ferroviaria. Foto di F. Polacco

Il gasdotto volgerà poi a sud est della capitale, passando nei dintorni di Polatlı. Polatlı è oggi una piccola e graziosa cittadina sull'altopiano, con una singolarità: chi provasse a dormire in uno dei tre alberghi tutti concentrati nella piazza centrale, qualora abbia il sonno leggero dovrebbe fare i conti con un intenso passaggio di treni, che fin dalla mattina presto e per tutta la giornata fermano nella prospiciente stazioncina. Si tratta di una linea molto trafficata, poiché collega Istanbul con Ankara. Ma quei binari hanno una storia che risale alla fine dell'Ottocento, quando gli ingegneri tedeschi che stavano costruendo per conto del sultano la ferrovia Berlino-Baghdad si trovarono anch'essi a seguire, guarda caso, il tracciato della Via Reale. E passarono per Polatlı dopo aver compiuto in una zona delle vicinanze dei sondaggi nel suolo che produssero scoperte eccezionali. 

Lì infatti, dove scorre il fiume Sangario (Sakaria in turco), imponenti tumuli artificiali di terra rivelarono al proprio interno delle camere di sepoltura costruite con grossi tronchi di legno, conservatisi in assenza di ossigeno per ben 27 secoli. Si trattava di tombe regali, alcune delle quali intatte, e la collocazione e la natura dei ritrovamenti non lasciarono dubbi: contenevano le spoglie degli antichi sovrani di Frigia. La principale di esse è stata da alcuni identificata proprio con quella di Mida, e le fattezze che furono del suo illustre ospite sono ancor oggi visibili ai visitatori, perché una ricostruzione in gesso del volto del defunto è esposta nel piccolo museo locale. Ma se quelle tombe erano lì, allora anche la capitale del regno, Gordio, non poteva essere lontana. E difatti alla confluenza del Sangario con il Porsuk gli archeologi misero in luce anche un'ampia cittadella fortificata. La via ferrata fu ovviamente tenuta a debita distanza, sicché oggi non vi è nulla della modernità che disturbi la visita di Gordio. Tra la cittadella e i tumuli, le coltivazioni estensive e i pascoli silenziosi attraversati sporadicamente dalle greggi sono le uniche tracce di presenza umana. 

Hub moderni e nodi antichi

Ma resta ancora la domanda: perché quel fatidico nodo? E perché proprio qui? Ovviamente i nodi non si conservano nei millenni, e perfino del solido tempio di Zeus non restano oramai che le fondamenta. Eppure, sappiamo che quello tagliato da Alessandro stava lì dentro; era posto su un carro, anch'esso gelosamente conservato, appartenuto a un contadino chiamato appunto Gordio: alla sua guida, e avendo a bordo la moglie e il figlio Mida, il contadino apparve un giorno di fronte alle mura di quella città che era ancora senza nome, poco dopo che i suoi abitanti erano stati ammoniti da un oracolo di proclamare re colui che per primo fosse arrivato a bussare alle sue porte. 

Quello che Alessandro sciolse in maniera sbrigativa e originale non era dunque un nodo qualsiasi. Era il nodo del carro di Gordio - di un mezzo di trasporto, il principale per l'umanità a quei tempi - e  teneva stretto il giogo cui erano attaccati i buoi al timone del veicolo. E la città per la quale il futuro re pareva essere passato casualmente era in realtà una delle tappe più importanti della antica Via Reale trans-anatolica, che - non diversamente dalla successiva Berlino-Baghdad - collegava l'Oriente all'Occidente.

È molto probabile che pochi dei progettisti e finanziatori dei tanti gasdotti ideati per risolvere il problema del 'corridoio meridionale del gas' abbiano sentito parlare del nodo gordiano, e che nessuno di essi abbia mai riflettuto sui suoi possibili significati. Ma viene spontaneo pensare che i successi odierni della Trans Anatolian Pipeline e della Trans Adriatic Pipeline nella disputa destinata a venire a capo del  groviglio dei gasdotti non siano affatto casuali. Questa travagliata scelta, decisiva per il nostro futuro economico, giaceva scritta da millenni nella storia e nella geografia della regione. E così il buon vecchio hub di Gordion ha surclassato quello di Baumgarten.                                                                                                             

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


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