Un manifesto elettorale con il quale Nona Evghenie promuoveva la sua candidatura alle primarie

Due donne, da anni in Italia, entrambe nate in Romania. E che hanno deciso di dedicarsi alla politica attiva nel nostro paese. Le abbiamo incontrate

19/02/2013 -  Daniela Mogavero

“Domenica 24 febbraio, il giorno delle elezioni, compio 11 anni di vita qui”. Più di un decennio in cui Nona Evghenie si è costruita una vita in Italia, paese di cui si sente cittadina al 100% e in cui fa politica attiva da più di un lustro. E ora che è candidata alla camera dei deputati per il Pd - uno di quei “nuovi italiani” presentati con tutti gli onori ma che non sanno se entreranno in Parlamento - sente di rappresentare prima di tutto quei cittadini italiani che le hanno creduto e l’hanno votata già nel 2009 eleggendola come primo consigliere comunale romeno al comune di Padova.

Politica e immigrazione

Nata nel 1978 a Tirgu Neamt, nord-est della Romania, vive in Italia da quando ha 23 anni e si impegna in politica fin da quando ancora era “irregolare”. Ma alla politica attiva quando viveva in Romania non aveva mai pensato. “Mi sono laureata a Bucarest in Economia e Commercio, con specializzazione di laurea in Negoziazione internazionale. La mia idea era fare la carriera diplomatica, ma arrivata in Italia ho iniziato tutto da zero” spiega Nona. “Oltre ai tanti lavori [aziende del padovano, internazionali e multinazionali e tanti corsi di specializzazione, nda], nel 2003 ho aiutato una lista civica di centrosinistra di un piccolo paesino del padovano: facevo i manifesti, i volantini e spiegavo loro come dovevano vestirsi e comportarsi ai comizi. Nelle stesse elezioni mio suocero si candidava da assessore uscente nelle file della Lega. Una sfida in famiglia tutta politica”.

Alla fine quella lista civica prese il 3% e tutti coloro con cui aveva lavorato Nona l'avevano molto apprezzata. Nelle recenti primarie del PD in quel paesino Nona è stata la terza più votata. In molti si sono stupiti di quel risultato. Ma a distanza di 10 anni si ricordavano ancora di lei.

Inizia così la sua “storia” di attivismo in Italia e prosegue con l’iscrizione nel Pd, nel 2007-2008, dopo il tristemente famoso caso Reggiani. Assieme a lei nelle liste Pd sono ora candidati alle politiche altri “nuovi italiani”: Khalid Chaouki, giovane giornalista e responsabile Nuovi italiani del Pd; Cecile Kyenge, medico e responsabile immigrazione del partito in Emilia Romagna e Fernando Biague, ricercatore universitario di Bressanone. Adesso, però, la definizione “nuovi italiani” a Nona sta un po’ stretta: “E’ una bella parola, un termine ampio che include italiani di seconda generazione o chi vive da tempo qui, ma io mi sento italiana a tutti gli effetti, come tutti gli altri”.

In Veneto il lavoro è vita

Nei fatti chi l’ha votata in questi anni alle comunali e alle primarie sono stati principalmente italiani. “Si fa ancora fatica a coinvolgere la diaspora romena in Italia e gli immigrati in generale, anche nelle elezioni amministrative (le uniche in cui possono esprimere il proprio voto). Per le politiche mi rivolgo agli italiani. E il primo passaggio mentale che speravo e attendevo l’ho notato – spiega la candidata con un italiano caratterizzato da uno spiccato accento veneto - qualcuno mi chiede ancora come prima cosa quali sono le mie posizioni sulle leggi sull’immigrazione, ma poi si rivolgono a me per sapere anche le mie posizioni su tanti altri temi, come quello del lavoro. Il punto focale della mia campagna: in Veneto il lavoro è vita e se lo perdi ti viene meno l’aria che respiri non solo i soldi dello stipendio”.

Per questo Nona sposa il programma Pd sul tema con defiscalizzazione del lavoro dipendente e incentivi alle assunzioni. Temi centrali per lei che di economia se ne intende e da operatrice del settore bancario come tecnico gestionale estero, vive ogni giorno le difficoltà delle aziende. E anche se sa che non ha possibilità di essere eletta è la “partecipazione” quello che conta, conclude, proprio lei che in Romania non avrebbe mai pensato di fare politica.

Alina

Posizione simile anche per Alina Harja, giornalista romena che lavora da anni in Italia, come corrispondente e direttore di testate, e che era stata proposta per una candidatura alle politiche ma che poi non ha trovato posto nelle liste. “In Romania non avrei mai fatto politica, non mi piace quel genere. Ma in Italia mi sarei buttata perché avrei cercato di dare una degna rappresentanza a 1,2 milioni di romeni che vivono qui, un’impresa difficile (la comunità ha tante anime), ma sia io che Nona siamo in grado di farlo”.

Da giornalista che vive a Roma per Alina i problemi che dovrebbero essere al centro dell’agenda di un nuovo governo che ascolti le minoranze e in particolare quella romena sono: “L’iscrizione automatica alle liste per partecipare alle elezioni amministrative ed europee. E poi una maggiore attenzione in questa fase di crisi economica: i romeni si trovano in difficoltà maggiori – spiega Alina – alcuni hanno lavorato in nero, quindi perdendo il lavoro non hanno tutela sociale. Garantirla andrebbe a favore di tutti: si combatterebbe l’economia sommersa e più lavoratori pagherebbero le tasse. Inoltre è ancora forte la questione discriminazione: ai romeni viene rifiutato un affitto o gli si chiede di pagare di più. I problemi dei romeni sono anche quelli delle altre minoranze, quindi chi entra in Parlamento deve essere in grado di rappresentare tutta l’immigrazione senza dividersi per comunità”.

Un punto importante, però, per Alina è che i partiti non candidino stranieri solo per riempire quella casella: “La caccia al romeno da mettere in lista all’ultimo minuto, come è accaduto soprattutto per le amministrative, non paga. Io stessa non voterei un romeno solo per la sua nazionalità. C’è bisogno di un percorso politico, di preparazione”.

Politici e rappresentanti, ma soprattutto preparati, è questo il tema centrale secondo Alina, italiani o romeni che siano. E “senza raccomandazioni da Bucarest”.


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