Firma dell'accordo Bulgaria - Macedonia

Zoran Zaev e Boyko Borisov a Skopje

La firma del trattato di buon vicinato con la Macedonia, a lungo inseguito dalla Bulgaria, è senza dubbio un successo per la diplomazia di Sofia. Sugli effetti pratici e a lungo termine degli accordi, però, restano dubbi da sciogliere

08/08/2017 -  Francesco Martino Sofia

Dopo un'attesa durata diciotto anni, il trattato di buon vicinato tra Bulgaria e Macedonia è diventato realtà lo scorso 1 agosto, con la firma a Skopje del documento da parte dei premier Boyko Borisov e Zoran Zaev.

La firma dell'intesa, resa possibile dal rinnovato convergere di interessi tra Sofia e Skopje dopo l'ascesa al potere in Macedonia del neo-premier Zoran Zaev, rappresenta senza dubbio un importante successo per la diplomazia bulgara e per il premier Borisov, anche se i risultati dell'accordo sul lungo periodo sono ancora tutti da verificare.

Col trattato, che impegna i due paesi a superare le incomprensioni reciproche e a lavorare per costruire relazioni future solide e amichevoli, il governo bulgaro ha segnato punti a livello bilaterale, regionale ed europeo.

Con la Macedonia vengono messi nero su bianco alcuni elementi delicati, da sempre cari a Sofia, come l'attenzione alla “storia comune” tra i due paesi, e la rassicurazione che Skopje rinunci ad ogni pretesa di “ingerenza nei fatti interni della Bulgaria, in riguardo a soggetti non cittadini macedoni”, una formula che si riferisce alla contestata esistenza di una minoranza macedone in Bulgaria. Al documento politico si sono aggiunti poi due memorandum d'intesa: uno sulla costruzione del lungamente atteso asse ferroviario Sofia-Skopje, parte del corridoio europeo VIII e l'altro sulla realizzazione di un gasdotto tra i due paesi.

A livello regionale ed europeo, la firma del trattato bilaterale può avere ricadute importanti sul tentativo di Sofia di inserirsi nelle iniziative regionali dell'UE, che promettono (anche) opportunità economiche, processo di Berlino in testa.

Ne esce infine rafforzata anche la credibilità del governo Borisov alla vigilia del primo semestre di presidenza bulgara dell'UE, previsto per la prima metà del 2018, in cui la questione dei Balcani occidentali è stata inserita dall'esecutivo bulgaro come una delle priorità assolute.

Un nuovo inizio, con qualche dubbio

Borisov non ha nascosto la propria soddisfazione alla firma dell'accordo. “L'intesa è importante perché ha mostrato all'UE che nei Balcani […] due paesi, senza interventi esterni, hanno dimostrato che la pace e i buoni rapporti di vicinato sono la cosa più importante”, ha dichiarato raggiante a Skopje il premier bulgaro.

Una posizione ribadita dal ministero degli Esteri di Sofia, che rispondendo alle domande di OBCT ha definito l'intesa come “l'apertura di nuovi orizzonti di cooperazione tra Bulgaria e Macedonia dopo un lungo periodo di stallo” in grado di “dare nuove opportunità ai cittadini di entrambi i paesi, alla loro connessione e al futuro europeo della Macedonia”.

Pur confermando “l'indiscussa importanza simbolica” del trattato, Dimitar Bechev - attualmente Non-resident Senior Fellow presso l'Atlantic Council ed autore di "Historical Dictionary of the Republic of Macedonia"(Scarecrow Press/Rowman and Littlefield, 2009), non nasconde qualche nota di scetticismo. “Quello che è importante capire è cosa produrrà a livello pratico, e per farlo c'è bisogno di un po' di tempo”, ha dichiarato Bechev ad OBCT. “Conoscendo la storia dei rapporti pregressi tra i due paesi, non posso però escludere che l'accordo si riveli un atto puramente formale, anche se spero di sbagliare”.

Tra i punti più delicati dell'accordo, l'articolo 8 dedicato alla “storia comune” bulgaro-macedone, che prevede “l'organizzazione collettiva di celebrazioni su eventi e personalità storiche comuni” e la creazione di una commissione bilaterale, formata da storici, “impegnati in una lettura obiettiva degli eventi passati […] che riguardano la storia comune”.

Nelle intenzioni, recita il ministero degli Esteri di Sofia “l'obiettivo è separare storia e politica per guardare avanti insieme […] come hanno fatto in passato Francia e Germania”. Anche in questo caso, Bechev mette le mani avanti. “Non vedo come commissioni e celebrazioni possano ottenere risultati concreti rispetto alla lettura di eventi storici. Anche in passato politici bulgari e macedoni hanno sporadicamente celebrato insieme personaggi ed eventi 'comuni', senza cambiare il quadro generale”.

Anche le prospettive per la finalizzazione del collegamento ferroviario sono tutte da verificare. Nel memorandum, la Macedonia si è impegnata a costruire il proprio tratto entro il 2025, la Bulgaria entro il 2027. Al momento però, gli unici fondi già allocati da parte bulgara sono soltanto dieci milioni di euro in costi di progettazione. Il denaro per la realizzazione dell'opera deve essere ancora reperito; un discorso simile può essere fatto anche per la connessione energetica.

Tutti d'accordo (o quasi), anche i nazionalisti

Nonostante i numerosi dubbi ancora da sciogliere, Borisov può sicuramente inserire la firma del trattato con la Macedonia tra i suoi successi politici e personali. Il premier bulgaro si è assunto il rischio di appoggiare esplicitamente Zaev durante la lunga crisi politica macedone, ed ora raccoglie i frutti di quella scommessa politica, raccogliendo al tempo stesso il plauso di Bruxelles.

Limate le divergenze con Skopje, Sofia sembra disposta ad appoggiare decisamente la Macedonia nel suo percorso di integrazione euro-atlantica, obiettivo che rientra negli interessi strategici bulgari. In passato, la firma del trattato è stata esplicitamente posta dalla Bulgaria come condizione necessaria ad ottenere luce verde da parte di Sofia.

“La Bulgaria è pronta a sostenere la Macedonia nel processo di adesione grazie alla propria esperienza”, sostiene il ministero degli Esteri bulgaro, che poi ribadisce “la Bulgaria è sempre stata e continua ad essere alleata della Macedonia sul suo percorso di integrazione a Ue e Nato”.

L'accordo è stato salutato in modo unanime o quasi anche all'interno del panorama politico bulgaro. I partiti nazionalisti ora al governo, e soprattutto la VMRO bulgara, da sempre estremamente attenta alla “questione macedone” e portavoce spesso aggressiva della sostanziale “bulgaricità” del territorio, della nazione e della lingua macedoni, hanno scelto di appoggiare Borisov senza riserve.

“Con la firma del trattato termina un periodo di sciocchi litigi tra due paesi che hanno una storia in comune, una sola lingua e cultura”, ha commentato Krasimir Karakachanov, leader storico della VMRO e ora ministro della Difesa. “Non ho mai giocato ad attizzare le tensioni tra Sofia e Skopje”, ha poi assicurato Karakachanov, “sono stato invece un elemento catalizzatore ai processi che hanno portato a questa intesa”.

“Per i nazionalisti la Macedonia è importante, ma evidentemente condividere il potere è ancora più importante”, è la sintesi di Bechev. “Non avrei mai creduto di vedere Karakachanov sorridente in una foto ufficiale nella sede del governo di Skopje, ma la politica è piena di sorprese”.

Una storia che unisce e che divide

Nei rapporti con la vicina Macedonia, la Bulgaria ha molto insistito nel sottolineare gli aspetti della “storia comune”, tra i due paesi, avvertiti però spesso come parte di una politica aggressiva da parte macedone.

Nella visione bulgara, un'identità nazionale macedone, separata da quella bulgara, nasce solo dopo la Seconda guerra mondiale. Le personalità e le organizzazioni culturali, politiche e rivoluzionarie precedenti, come l'Organizzazione rivoluzionaria interna macedone (VMRO), Gotse Delchev, Yane Sandanski, sono quindi parte della storia e dello sforzo di costruzione nazionale bulgara. Lo stesso vale per personalità ed eventi del periodo medievale, come lo tsar Samuil (o Samoil).

In questo contesto, pur essendo stata la prima nazione a riconoscere la nuova Macedonia indipendente, la Bulgaria non ha mai riconosciuto l'esistenza di una lingua e di una nazione separate macedoni.

Da parte macedone, invece, la presenza di un'identità autonoma e di una lotta di indipendenza nazionale macedone viene fatta risalire molto più indietro nel tempo, (fino a Alessandro Magno, divenuto ora l'icona del nuovo centro di Skopje con un'enorme statua a cavallo) e spesso in aperta contrapposizione a quella bulgara e greca.

 

I punti dell'accordo

Il trattato di buon vicinato tra Bulgaria e Macedonia ricalca, con alcune novità, la dichiarazione congiunta sottoscritta dal 1999 dagli allora primi ministri Ivan Kostov (Bulgaria) e Ljubcho Gerogievski (Macedonia). Da allora, però, le posizioni dei due paesi si sono allontanate soprattutto con l'avvento al potere a Skopje di Nikola Gruevski, leader della VMRO-DPMNE, passato dal riformismo economico a posizioni sempre più nazionaliste.

Con il tormentato avvento del nuovo esecutivo socialdemocratico di Zaev, si è aperta una nuova finestra di opportunità: al tradizionale sostegno bulgaro alla firma del trattato, si è infatti unita la necessità per Zaev di ricucire con i vicini per rilanciare le prospettive di integrazione euro-atlantica della Macedonia, bloccate dai veti greci ma anche dalle crescenti perplessità di Sofia.

Di seguito i punti principali del trattato:

  • la Bulgaria renderà disponibile la propria esperienza per sostenere la Macedonia […] verso la membership nell'Unione europea e nella Nato.
  • le due parti promuoveranno l'organizzazione collettiva di celebrazioni su eventi e personalità storiche comuni. Sarà istituita una commissione bilaterale (entro tre mesi dalla ratifica) per l'interpretazione della “storia comune” tra i due paesi.
  • La Macedonia “conferma che, niente nella sua carta costituzionale, può essere utilizzato come causa di ingerenza negli affari interni della Bulgaria, relativamente a soggetti non cittadini macedoni”. La formula, in pratica, chiude le pretese di riconoscimento di una minoranza etnica macedone in Bulgaria.
  • Il trattato viene sottoscritto “nelle lingue ufficiali dei due paesi secondo le rispettive costituzioni”, il bulgaro e il macedone. Una nota del ministero degli Esteri bulgaro ricorda che “i trattati internazionali non riconoscono né lingue né popoli”. Ogni interpretazione o commento delle parti coinvolte sul tema viene definito “del tutto superfluo”.

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