(© Firsik/Shutterstock)

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È lo scandalo di questi giorni. Enver Zornić, membro del Partito socialdemocratico, è stato nominato direttore della municipalizzata Toplane. I giornalisti hanno scoperto però che è stato condannato per crimini di guerra

02/10/2019 -  Ahmed Burić Sarajevo

A Sarajevo la notizia di cui si è parlato di più in questi giorni è che Enver Zornić – membro del Partito socialdemocratico (SDP), recentemente nominato direttore dell’azienda pubblica Toplane/Sarajevo (fornitore del servizio di teleriscaldamento nel comune di Sarajevo) – è stato condannato per crimini di guerra: durante l’assedio di Sarajevo ha ordinato l’omicidio di più persone di nazionalità serba e croata.

La scorsa settimana il portale di Sarajevo Žurnal ha pubblicato la copia della sentenza, scritta con una macchina da scrivere ed emessa nel 1993, con la quale Zornić è stato condannato a dieci anni di reclusione, mentre gli altri sei imputati Izet Tinjak, Mirsad Ašani, Džemal Hrustanović, Enver Džanko, Amir Husić e Ismet Tinjak sono stati condannati per un totale di 44 anni di reclusione. La sentenza, passata in giudicato (non impugnabile), è stata redatta e sottoscritta dal giudice Muhidin Kapo, che nel frattempo ha lasciato la magistratura e oggi fa l’avvocato a Sarajevo.

Il gruppo è stato condannato per l’assassinio di Jagoda Janković, Sreten Ninković, Jovan Popović – che, stando alle informazioni diffuse finora, era di nazionalità slovena – e Josip Gogala, di nazionalità croata, allora membro dell’Unione democratica croata della Bosnia Erzegovina (HDZ BiH) e direttore della Direzione generale per le entrate e il bilancio. Le vittime vennero portate in una casa abbandonata in via Varaždinska a Sarajevo e poi uccise con un colpo di pistola alla nuca.

Così un altro episodio buio del recente passato bellico di Sarajevo ha avuto un risvolto scandaloso e, a prescindere da quale sarà l’epilogo, la vicenda resterà una macchia indelebile per l’SDP e per la città di Sarajevo. Da persona che ha tolleranza zero per i criminali di guerra e che non ha mai sostenuto idee nazionaliste, sapendo che dietro di esse si cela sempre il male, sono rimasto sconcertato dalla notizia che un criminale di guerra - con condanna passata in giudicato - sia stato nominato direttore di un’azienda municipalizzata. Com’è possibile che i membri dell’SDP siano così stupidi da non verificare i curriculum vitae dei candidati del proprio partito agli incarichi dirigenziali nelle aziende pubbliche?

Cose del genere non accadevano nemmeno nel Partito di azione democratica (SDA), il principale partito dei musulmani bosniaci, una formazione di centro-destra che per anni ha governato a Sarajevo. Le forze politiche che non vedono di buon occhio l’attuale governo del cantone di Sarajevo e i vari think tank sostenuti da Milorad Dodik e Dragan Čović ora diranno che loro per tutto il tempo “sapevano che a Sarajevo le cose funzionano così e che i politici di Sarajevo, sotto questo punto di vista, sono i peggiori”.

Quelli che invece ritengono che i politici siano tutti uguali, in questa vicenda potrebbero vedere una conferma di tale idea. E quelli che alle ultime elezioni politiche in Bosnia Erzegovina hanno votato per i partiti allora all’opposizione e che oggi sostengono la cosiddetta “šestorka”, ovvero l’attuale governo del cantone di Sarajevo formato da una coalizione di sei partiti, si aspettano che Zornić venga destituito da tutti gli incarichi ricoperti.

La commissione per le nomine dell’SDP ha poi chiesto che Zornić venisse destituito dall’incarico di direttore dell’azienda Toplane-Sarajevo ed estromesso dall’SDP [martedì 1 ottobre il Comitato centrale dell’SDP ha votato a favore dell’estromissione di Zornić, ndt], e ha dichiarato di assumersi la responsabilità dell’accaduto. Bene, ma è il minimo che potessero fare, dopo l’idiozia che avevano combinato.

Ma c’è un altro aspetto in questa vicenda che spinge a riflettere. Se escludiamo la possibilità che si sia trattato di un errore umano – uno scenario poco probabile dal momento che i candidati agli incarichi dirigenziali nelle aziende pubbliche devono dimostrare di non essere mai stati condannati presentando il certificato del casellario giudiziale – rimane una sola ipotesi, che potrebbe suonare come una teoria del complotto, ma non è forse vero che viviamo in un mondo in cui ogni teoria del complotto può essere messa in pratica?

Stando alle informazioni emerse finora, Enver Zornić non ha mai scontato la pena che gli è stata comminata. Negli anni Novanta tali “favori” venivano concessi solo ai più potenti, e all’epoca il ministero dell’Interno era nelle mani dell’SDA.

Da allora sono trascorsi più di 25 anni, Zornić nel frattempo si è laureato, è diventato membro dell’SDP, pronto ad avanzare in carriera. Dal momento che la leadership dell’SDP in passato ha sempre intrattenuto un “rapporto speciale” con l’SDA – motivo per cui durante il recente repulisti nell’SDP, Zlatko Lagumdžija, che per anni è stato leader dell’SDP, è stato espulso dal partito – è del tutto possibile che nessuno abbia verificato i curriculum vitae e i certificati penali dei candidati presentati dall’SDP.

Perché la lealtà al partito è quello che conta di più, e l’SDP, sotto questo aspetto, è uguale, se non peggiore dei partiti nazionalisti. Basta che segui la corrente, e quando arriva il momento giusto otterrai un buon incarico. Perché in Bosnia Erzegovina l’unico datore di lavoro “sicuro” è lo stato, debole e corrotto.

Ma, ogni abuso di potere prima o poi deve emergere, come accaduto durante la recente ripartizione delle cariche pubbliche quando è emersa – per puro caso? – la sopracitata sentenza del 1993, che è subito finita sulle prime pagine di un giornale ad alta tiratura. Non ci vuole molto per capire che solo i servizi segreti hanno l’accesso a certi documenti, e i servizi segreti sono controllati, almeno formalmente, dal ministero dell’Interno, guidato da un esponente dell’SDA.

Alla domanda dei giornalisti del portale Žurnal che chiedevano: lei è “quello” citato nella sentenza? Enver Zornić non ha risposto né sì né no, limitandosi a dire: “Ecco, ora avete letto”. Può darsi che Zornić non sia stato altro che una pedina che può essere sacrificata nell’operazione finalizzata a rovesciare il governo del cantone di Sarajevo. Perché l’oligarchia nazionalista rappresentata dall’SDA può sopravvivere solo se riconquista il potere a Sarajevo.

Quelli che invece simpatizzano con i croati della Bosnia Erzegovina, possono stare tranquilli. Le forze politiche che governano a Sarajevo non hanno alcuna influenza nei comuni a maggioranza croata nella Federazione BiH, come come Posušje, Grude, Stolac o Ljubuški. Piaccia o non piaccia, le autorità di questi comuni agiscono secondo le proprie regole. E non c’è altro da aggiungere.

Per quanto riguarda Dodik invece - che in Republika Srpska esercita un potere assoluto e indiscusso - non si è mai schierato tra i pochi che a Sarajevo hanno denunciato la prassi secondo cui gli incarichi nelle aziende pubbliche vengono assegnati in base alla lealtà al partito.

Da aggiungere che nemmeno ora che stanno emergendo gli episodi più bui del recente passato nessuno si chiede come siamo arrivati a questo punto, tutti si preoccupano solo delle conseguenze. Ma una cosa è chiara: il circolo delle persone di fiducia dell'élite al potere che possono diventare proprio per questo candidati per incarichi dirigenziali nelle aziende pubbliche è sempre più ristretto. E tra di loro ci sono anche persone che si sono macchiate dei crimini più orrendi.

Molte risposte giacciono nascoste nei documenti messi al sicuro molto tempo fa, nel profondo della coscienza di quelli che hanno creato questo paese, dal quale negli ultimi anni sono emigrati più di 300mila cittadini: per non aspettare l’atto finale.


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