21 gennaio 2011, foto di Marjola Rukaj

Oggi in Albania una manifestazione ricorderà i fatti di sangue del 21 gennaio di due anni fa quando la Guardia nazionale albanese sparò su una manifestazione contro il governo Berisha. Furono 4 i morti e ancora non vi è nessuna verità processuale

21/01/2013 -  Gerarta Zheji Ballo Tirana

21 gennaio 2011, due anni fa. La tensione è molto alta a poche ore dalla manifestazione indetta dagli oppositori del governo Berisha. A causare grande indignazione è “il caso Meta”: un filmato trasmesso da una delle trasmissioni più seguite in Albania, “Fiks Fare”, sembra provare che l'allora vice primo ministro e ministro degli Esteri Ilir Meta aveva incassato percentuali su alcuni appalti.

Il Partito socialista e i suoi alleati reagiscono portando in piazza migliaia di manifestanti, 200.000 secondo l’opposizione, 20.000 per il governo. Con il passare dei minuti i protestanti si accalcano sui poliziotti schierati a difesa dell’edificio sede del governo. Ombrelli, bastoni e pietre vengono usati contro la polizia e con un’auto si cerca di abbattere il cancello che dà sul cortile del palazzo. A questo punto dall’interno dell’edificio la Guardia nazionale spara decine di colpi d’arma da fuoco che uccidono quattro manifestanti. Nei giorni seguenti le violenze cessano ma si consuma una frattura istituzionale che minaccia lo stato di diritto nel paese.

La manifestazione e il processo

21 gennaio 2013. A due anni dallo scontro governo-opposizione che ha portato l’Albania più vicina che mai a un crollo dello stato simile a quello che si era verificato nel 1997, il Partito socialista ha in programma una manifestazione per commemorare le vittime, mentre il processo sul 21 gennaio è ancora aperto.

L’unico membro della Guardia nazionale in stato di arresto è Agim Llupo, accusato della morte di due manifestanti, Ziver Veizi e Hekuran Deda. L’altro imputato è il generale Ndrea Prendi, a capo della Guardia fino all’anno scorso, che è accusato di aver sparato con la sua Beretta 9mm personale il proiettile che ha ucciso il manifestante Faik Myrtaj. Ad aiutare la procura albanese nelle indagini balistiche hanno contribuito anche gli esperti dell’Fbi.

Verso la sentenza

Nella prossima udienza, prevista per il 30 gennaio, l’accusa discuterà le proprie conclusioni dopo aver terminato la presentazione delle prove. A quel punto la sentenza definitiva non dovrebbe tardare. Ma difficilmente potrà rispondere agli interrogativi generati nell’opinione pubblica in questi mesi.

Innanzitutto chi è responsabile per la morte di Aleks Nika, il quarto manifestante rimasto ucciso quel giorno sul boulevard? E poi, una domanda che emerge puntualmente nei molti dibattiti televisivi allestiti in questo secondo anniversario: chi ha ordinato alla Guardia di sparare sui manifestanti? La risposta del primo ministro Berisha è che "non è stato dato alcun ordine di sparare alla Guardia, si sono comportati come ogni soldato al mondo si comporterebbe se attaccato con pietre e mattoni".

La pressione internazionale

L’importanza che una verità processuale credibile emerga viene sottolineata in questi giorni dai partner internazionali più ascoltati in Albania: l’ambasciatore statunitense Aleksander Arvizu, quello dell’OSCE Eugen Wollfarth e l’ambasciatore UE Ettore Sequi. Gli ultimi due ricordano come lo svolgimento di un processo indipendente e credibile sia fondamentale ai fini del percorso albanese verso l’Unione Europea. Mentre Arvizu si è presentato diverse volte in questi due anni di fronte ai cittadini albanesi per sostenere l’indipendenza dell’organo di accusa che indaga sui fatti: il 25 gennaio 2011 era a fianco dell’allora procuratore generale Ina Rama nella prima conferenza stampa in cui la Rama difese il proprio operato dopo le accuse di far parte del colpo di stato rivoltele da Berisha. Un anno dopo, il 23 gennaio 2012, Arvizu si trovava nuovamente con il procuratore generale in conferenza stampa, giudicando come "non politica" e "con il pieno supporto statunitense" l’inchiesta portata avanti dalla Rama.

Intoccabili?

Dal dicembre 2012 al posto di Ina Rama vi è un nuovo procuratore generale, Adriatik Llalla, dal quale ci si aspetta che «faccia il possibile per assicurare al massimo grado lo stato di diritto in Albania», secondo le parole dell’ambasciatore OSCE Wollfarth.

Intanto Ilir Meta è stato riconosciuto innocente in ultimo grado di giudizio un anno fa, a conclusione del processo di corruzione apertosi dopo il video trasmesso da Fiks Fare, mentre c’è tra l’opinione pubblica chi pensa che nessuna verità processuale scomoda ai potenti emergerà nel prossimo futuro in Albania né sia mai emersa del resto in questi 22 anni di post-comunismo.

La sentenza del processo d’appello su Gerdec - quando nel 2008, a pochi chilometri dalla capitale Tirana, esplose un deposito di munizioni causando la morte di 26 persone - altro evento che ha sconvolto l’opinione pubblica albanese, è attesa per il 4 febbraio ma non coinvolge nessun membro del governo.

E' amara la conclusione del giornalista Andi Bushati: "In fin dei conti hanno ottenuto quello che volevano, a Tirana da due anni nessuno osa più scendere in piazza a manifestare".

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


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