Paesaggio in Transilvania

I "Siculi" (Secui, in romeno, Székely in ungherese), sono un gruppo etnico di lingua magiara che vive nella Transilvania romena. La recente indipendenza del Kosovo, osteggiata apertamente dal governo di Bucarest, ha riportato alla ribalta le loro richieste di autonomia politica

09/04/2008 -  Mihaela Iordache

Se l'indipendenza unilaterale del Kosovo non è stata gradita alle autorità romene di Bucarest, ben diverse sono state le reazioni mostrate dall'Unione Democratica dei Magiari della Romania (UDMR) che a differenza di tutti gli altri partiti politici del paese ha salutato con calore l'autoproclamato piccolo stato.

Presente nella coalizione del governo quasi costantemente, salvo rare eccezioni, a partire dalla rivoluzione dell'89 - l'UDMR rappresenta la minoranza ungherese in Romania, che oggi conta circa 1,4 milioni di persone concentrate per lo più nella regione della Transilvania.

Il 15 marzo scorso, durante i festeggiamenti per la commemorazione della Rivoluzione ungherese del 1848, il presidente dell'UDMR, Marko Bella, ha voluto precisare che "l'UDMR non vuole smembrare il paese tramite l'autonomia, ma desidera costruire la Transilvania e sviluppare la Terra dei Siculi (Secui, in romeno, Székely in ungherese, gruppo etnico di lingua magiara che vive per la maggior parte in Transilvania nelle contee di Harghita, Covasna e Mureş).

L'autonomia è comunque un vecchio sogno della minoranza magiara, sogno spesso visto come incubo da parte dei romeni. Mentre alcuni rappresentanti della minoranza magiara sono andati a festeggiare a Pristina, Bucarest ha annunciato di non voler riconoscere l'indipendenza del Kosovo e muovendosi con prudenza ha parlato di un precedente pericoloso.

Il presidente della Romania, Traian Basescu, ha negato decisamente ogni possibilità di un parallelismo tra la situazione della Transilvania e la dichiarazione unilaterale di indipendenza degli albanesi del Kosovo. In un intervento alla tv "Realitatea", Basescu ha spiegato perché il Kosovo e la Transilvania non sono la stessa cosa: innanzitutto perché i magiari della Transilvania sono rappresentati nelle istituzioni di governo, nel parlamento, e hanno sindaci e prefetti, cosa che non è accaduta in Kosovo dove "Milosevic ha imposto funzionari serbi".

Caso mai, secondo Basescu, ci sarebbero altri tipi di problemi. Nelle contee di Covasna e Harghita le amministrazioni locali, composte quasi al 100% da ungheresi, farebbero ostruzionismo, impedendo di fatto l'accesso alle cariche pubbliche a cittadini romeni perché "c'è la tentazione da parte dell'UDMR di considerare le due contee come proprio territorio elettorale".

Mentre il presidente si è dichiarato preoccupato per il livello di apprendimento della lingua romena nelle scuole di Harghita e Covasna ed ha chiesto la revisione dei libri di testo, l'UDMR lamenta il fatto che siano apparse "molte iniziative legislative che mirano a negare diritti acquisiti da parte della comunità magiara della Transilvania, tra i quali il diritto di usare la lingua materna e l'insegnamento nella propria lingua".

Marko Bella, il presidente dell'UDMR, ha è poi accusato il presidente Basescu di non aver rispettato la promessa fatta di procedere all'adozione di una legge delle minoranze.

Il caso del Kosovo ha generato senza dubbio in Romania un'ondata di dichiarazioni emotive. I rappresentanti ungheresi di diverse organizzazioni non si sono lasciati sfuggire l'occasione per esprimere la loro posizione in merito alla questione della Transilvania. Per il leader dell'Unione Civica Magiara (UCM), Gazda Zoltan, la dichiarazione di indipendenza del Kosovo aumenta le possibilità di autonomia per la cosiddetta "Terra dei Siculi".

"Partendo dalla constatazione che le principali forze politiche d'Europa e degli Usa riconoscono l'indipendenza del Kosovo, credo questi stati dovrebbero appoggiare l'indipendenza della "Terra dei Siculi", ha affermato lo stesso Zoltan. Intanto i Siculi si sono congratulati con i kosovari albanesi e hanno acceso candele alle finestre per attirare l'attenzione sulla propria richiesta di autonomia.

Affermazioni e atteggiamenti forti sono arrivati anche dai movimenti estremisti romeni. Tanto per non rimanere con le mani in mano, alcuni membri della Nuova Destra hanno aggredito a Cluj un giovane magiaro che si dirigeva, con in mano la bandiera dell'Ungheria, verso una manifestazione indetta per celebrare la commemorazione della Rivoluzione ungherese.

Sono molti i romeni convinti che l'Unione civica magiara miri ad imporre un'autonomia territoriale, su criteri prettamente etnici, nella cosiddetta "Terra dei Siculi", e che voglia ottenere il riconoscimento della lingua magiara a detrimento di quella romena. Lo scenario, così come viene percepito da parte di alcuni commentatori romeni, si identifica con l'obiettivo di realizzare l'autonomia magiara mediante la costituzione di un'enclave etnica ben delimitata, che metterebbe in pericolo la sicurezza delle frontiere romene.

I leader del Consiglio Nazionale dei Siculi (CNS) hanno dichiarato chiaramente che la proclamazione dell'indipendenza del Kosovo deve rappresentare un precedente per ottenere l'autonomia della cosiddetta "Terra dei Siculi". Hanno voluto però precisare che il CNS non punta a strappare la regione alla Romania, ma che spera che il parlamento di Bucarest accordi ai Siculi il diritto all'autodeterminazione, varando una legge in questo senso.

Il segretario dell'Ufficio permanente del CNS, Arpad Andrassy, crede che i Siculi siano disposti ad attendere ancora per ottenere l'autonomia, ma non rinunceranno mai a questo ideale. Nel febbraio 2007 il CNS ha organizzato un referendum, nel quale oltre l'80% dei Siculi si è pronunciato per l'autonomia della regione.

Anche i deputati dell'Unione Democratica dei Magiari della Romania, intanto, si danno da fare nel parlamento di Bucarest. Due deputati dell'UDMR di Covasva, Antal Arpad Andras e Tamas Sandor, hanno già elaborato un disegno legislativo sui modelli di autonomia funzionali nei paesi dell'Unione Europea.

Dal canto suo l'eurodeputato romeno di origine magiara Laszlo Tokes - che ha avuto un ruolo importante nella rivoluzione romena dell'89 - insiste per l'autonomia delle regioni della Transilvania la cui popolazione è di maggioranza magiara. Tokes rivendica più autonomia culturale, libertà totale per l'insegnamento sia in ungherese che in romeno, bilinguismo perfetto. Lo stesso Tokes si dichiara inoltre sostenitore della creazione di una euroregione da Brasov fino al Balaton.

Nella disputa, intanto, scendono in campo anche gli storici. Ioan Aurel Pop, membro dell'Accademia Romena, ha spiegato ad un quotidiano locale i motivi per cui il paragone tra Kosovo e la Transilvania non ha alcun senso perché, secondo le parole dello storico "non si può fare un paragone tra una mela e l'universo" dal momento che "il Kosovo è appartenuto alla Serbia, ma la Transilvania ha quasi l'80% di romeni e appartiene alla Romania".

Il parallelismo, secondo Pop, "poteva eventualmente essere proposto nel caso in cui la Transilvania fosse appartenuta all'Ungheria. In quel caso la presenza di una grande massa di romeni avrebbe potuto costituire un forte pericolo di secessione dall'Ungheria."

Allo stesso tempo, Pop, nato in Transilvania, si è chiesto perché le sue tasse non possono rimanere a Cluj per sviluppare la città e pronunciandosi contemporaneamente per un maggior decentramento di cui "la Romania ha bisogno senza correre il rischio di smembrarsi."

Dal suo canto, la Lega pro Europa - sostenitrice costante della riconciliazione storica romeno-ungherese, - è stata tra le prime organizzazioni a respingere ogni parallelismo tra Kosovo e Transilvania, criticando poi i paragoni fatti da alcuni politici romeni, e definendoli "una reazione sproporzionata".

La lega si è dichiarata indignata rispetto al fatto che i partiti romeni pro europei abbiano ceduto con facilità alle pressioni nazionaliste e anti-magiare degli estremisti, criticando allo stesso tempo le manifestazioni promosse dal Consiglio nazionale dei Siculi, che avrebbero fornito un pretesto ai nazionalisti romeni per riproporre i loro timori e ostacolare i negoziati istituzionali tra la maggioranza e le minoranze in vista dell'adozione della legislazione capace di garantire lo sviluppo delle comunità minoritarie.


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