23 aprile 2010

di Steve LeVine
casa editrice: Il Sirente
anno di pubblicazione: 2009
collana: Inchieste
pagine: XXXII-512, illustrato, brossura
prezzo: 20,00 euro

 

Remoto, ostile, instabile, il Mar Caspio ha a lungo tentato il mondo con le sue grandi riserve petrolifere. Ma gli stranieri, bloccati dal sistema chiuso dell’Unione Sovietica, non vi poterono arrivare. Poi l’Unione Sovietica crollò, e nella regione iniziò una corsa frenetica su vasta scala.Insieme ai petrolieri, si accalcarono nel Caspio i rappresentanti dei principali Paesi del mondo in cerca di una quota dei trenta miliardi di barili di riserve petrolifere certe che erano in gioco, e iniziò una tesa battaglia geopolitica. I principali competitori erano Mosca e Washington – la prima cercando di mantenere il controllo sui suoi Stati satellite, la seconda intenta a far sloggiare la Russia a beneficio dell’Occidente.
Il petrolio e la gloria è l’avvincente racconto di quest’ultima fase della lotta epocale per il controllo dell’“oro nero” del pianeta. Steve LeVine, inviato nella regione per il Wall Street Journal, il New York Times e Newsweek, intesse una sorprendente narrazione su capacità di gioco politico ad alti livelli, cupidigia e scandalo in uno dei più opachi angoli del mondo. Nel racconto di LeVine, i giganti energetici mondiali fanno manovre per avere una parte nei ricchi giacimenti kazaki e azeri, mentre le superpotenze cercano di ottenere un punto di appoggio strategico nella regione e di ostacolarsi a vicenda. Al cuore della storia c’è la gara per costruire e gestire oleodotti che escano dall’isolata regione, la chiave per controllare il Caspio e il suo petrolio. L’oleodotto per il petrolio che fu costruito, il più lungo al mondo, è stato tra i più grandi trionfi in politica estera di Washington in almeno quindici anni.
Nel racconto, LeVine introduce competitori come James Giffen, un affarista americano che è stato anche il “faccendiere” a livello politico per le compagnie petrolifere ansiose di fare affari nel Caspio e l’intermediario per il presidente e i ministri del Kazakistan; John Deuss, l’ostentato commerciante olandese di petrolio che vinse molto ma perse ancor di più; Heydar Aliyev, lo spesso frainteso presidente azero che trascese il suo passato di membro del Politburo sovietico e fu la mente direttiva di un progetto per allentare il controllo russo sulle sue ex colonie nella regione del Caspio; e tutti i tipi di canaglie, avventurieri, e altri guidati dall’irresistibile richiamo di ricchezze incalcolabili e dalla possibile “ultima frontiera” dell’era dei combustibili fossili. La storia più ampia è intorno agli interrogativi geopolitici della fonte di ricchezza petrolifera del Caspio, se la Russia possa essere un alleato affidabile e un partner commerciale dell’Occidente, e cosa significhi l’ingresso di Washington in questa regione caotica ma importante per la sua stabilità a lungo termine.


Steve LeVine è stato corrispondente dall’estero occupandosi del Caucaso e dell’Asia centrale dal 1992 al 2003. Dagli uffici di Almata, Baku, Tashkent e Tbilisi, ha seguito le vicende dell’area per Newsweek, Financial Times, Washington Post, New York Times, e infine per il Wall Street Journal. In precedenza è stato corrispondente dal Pakistan e dall’Afghanistan per il Newsweek dal 1988 al 1991, e dal 1985 al 1988 ha scritto per il Newsday dalle Filippine. Ha conseguito un master in giornalismo alla Columbia University.
Nell’ottobre 2007 ha pubblicato negli Stati Uniti il suo primo libro The Oil and the Glory, e a giugno 2008 il suo secondo libro Putin’s Labyrinth, che racconta la Russia attraverso la morte di sei russi. È autore del blog oilandglory.com