Lo ha stabilito ieri l'Ufficio Federale per la Giustizia elvetico, accogliendo la richiesta della Procura della Bosnia Erzegovina secondo cui l'accusato deve essere estradato nel paese dove i crimini a lui ascritti sono stati commessi. Orić dovrebbe rientrare a Sarajevo nella giornata di oggi con un volo charter proveniente da Ginevra. Sarà affidato alla giustizia bosniaca che verosimilmente lo rimetterà subito in libertà, ritenendo definitivo nei suoi confronti il giudizio di seconda istanza del Tribunale dell'Aja per l'ex Jugoslavia del 2008.
Soddisfazione è stata espressa dall'SDA di Bakir Izetbegović e da una parte delle istituzioni e dei media della Bosnia Erzegovina. Il quotidiano più diffuso del paese, Dnevni Avaz, titola questa mattina: “L'eroe Orić torna in Bosnia”. Dure critiche nei confronti della Procura di Stato invece da parte del presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, che ha annunciato un referendum contro le istituzioni giudiziarie del paese, ritenute discriminatorie nei confronti dei serbo bosniaci.
Il sindaco di Srebrenica, e presidente del comitato organizzativo dell'11 luglio, Ćamil Duraković, dopo aver ricevuto la notizia del rilascio di Orić ha dichiarato che le commemorazioni del ventennale si svolgeranno come previsto.
Se le autorità elvetiche non rimetteranno in libertà Naser Orić, il comandante della difesa di Srebrenica arrestato il 10 giugno in Svizzera su richiesta della Serbia, la commemorazione del ventennale del genocidio sarà cancellata.
Domenica gli albanesi si sono recati alle urne per votare i loro rappresentanti nei 61 comuni del paese. L'affluenza al voto è stata bassa, attestandosi al 47% degli aventi diritto.
Ieri in Slovenia è stato fermato l'ex primo ministro kosovaro Ramush Haradinaj, sulla base di un mandato d'arresto per crimini di guerra commessi nel conflitto in Kosovo tra il 1998 e il 1999 ed emesso dalla Serbia.
Ce la segnala una nostra lettrice, su Facebook, una lettera scritta dal giornalista albanese Edmond Arizaj, circa un anno fa, dal titolo "Keshilla per birin tim" (Consigli per mio figlio).
In questi mesi la Macedonia sta diventando sempre più centrale quale terra di transito per i migranti che tentano di raggiungere i paesi ricchi dell'Unione europea attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”.
Gli ambientalisti dei paesi frontalieri – Italia e Slovenia – hanno fatto rallentare negli ultimi mesi la corsa all'oro nero nell'Adriatico ma il governo di Zagabria ha accelerato, da parte sua, i suoi piani “on-shore”, nell'est del paese.
L'obiettivo era quello di definire una “road map” capace di portare la Macedonia alle elezioni anticipate, fissate per l'aprile 2016. Obiettivo mancato.