Mehmet Ali Birand, uno dei più importanti analisti turchi, analizza l'attuale stallo della Turchia lungo la strada europea. Secondo Birand "Bruxelles e Ankara, si sostengono a vicenda per rallentare questa collaborazione". Molte le responsabilità di Ankara ma anche dell'Ue

22/09/2008 -  Anonymous User

Di Mehmet Ali Birand, 16 settembre 2008, Milliyet (Titolo orig.: Türkiye'nin AB niyeti sorgulanıyor...)
Traduzione per Osservatorio Balcani: Fazila Mat

La settimana scorsa il ministro degli Esteri Ali Babacan, ha tenuto una lunga riunione con un gruppo di esperti UE, e con alcuni giornalisti e docenti universitari per comunicare il seguente messaggio: "La meta UE resta invariata e tutto procede come programmato."

Babacan ha smentito di essere rimasto da solo, come avevo sostenuto in alcuni dei miei editoriali, ed ha affermato che non è vero nemmeno quello che è stato scritto sul Consiglio dei ministri in cui si è discusso dei rapporti con l'UE, ossia che l'atteggiamento degli altri ministri sulla questione fosse negativo.

Ha poi difeso sinceramente il Programma Nazionale (Il documento che indica il programma che il governo intende seguire in vista dell'eventuale adesione della Turchia all'UE, ndt.) ed ha affermato che tra non molto diventerà un documento ufficiale.

Tuttavia, i partecipanti si sono fatti portavoce dell'atmosfera generale diffusa nell'opinione pubblica, e hanno spesso ribattuto con frasi del tipo: "E' molto bello quello che sta dicendo, ma il fatto è che non riuscite più a trasmettere entusiasmo all'opinione pubblica. Non c'è più la carica iniziale. E l'impressione è che non si stia avanzando alla velocità necessaria".

Per quanto Ali Babacan sostenga il contrario, durante le ultime settimane, la stessa atmosfera ha iniziato a farsi sentire anche nelle capitali europee.

Queste ultime non riescono a capire cosa stia succedendo ad Ankara. In particolare non riescono a decifrare le intenzioni del governo. Per citare le parole di un responsabile che segue molto da vicino le relazioni Turchia-UE, "non si riesce a spiegare l'atteggiamento assunto dal governo, proprio ora che l'immagine della Turchia ha preso un'impennata".

In generale, quello che si aspettava, era di vedere che l'AKP (Partito per la giustizia e lo sviluppo), in seguito al processo di chiusura, avrebbe abbracciato con tutta la sua forza il progetto di adesione all'Europa e che avrebbe legato il proprio governo e la sua stessa esistenza ai Criteri di Copenhagen.

Sembrerà strano, ma l'andamento non va in questo senso.

E la cosa è particolarmente sfortunata perché coincide proprio con l'aumento del rating della Turchia presso le capitali europee.

Il ruolo coperto nelle trattative tra Siria e Israele, l'aumento dell'attività nell'area del Caucaso dopo l'invasione della Georgia da parte della Russia e, in ultimo, la visita di Gül a Erevan, hanno contribuito a far brillare la posizione di Ankara.

E nonostante ciò, la Turchia, dalla quale ci si aspetterebbe che utilizzasse a proprio favore i vantaggi creati da simili situazioni, non dà alcuna reazione. Non ha né entusiasmo e nemmeno il ritmo lavorativo iniziale.

Lunedì scorso (14.09) a Bruxelles si è tenuta la riunione della troika ministeriale UE-Turchia. Non saprei dire se a Babacan siano state rivolte le stesse domande. So solo che nemmeno la Commissione europea è contenta della piega che hanno preso i rapporti.

Mentre la commissione UE si impegnava per mantenere in piedi i rapporti, tentando, nel frattempo, di convincere la Francia e la Germania, l'unica speranza che aveva era che la Turchia portasse a termine i propri obblighi. Ora, invece, sembra che anche la Turchia stia guadagnando tempo.
Ed è per questo che si prospetta la domanda "Erdoğan vuole forse allontanarsi lentamente dall'UE per mantenere la Turchia in una posizione indipendente?" E chissà se questo è un processo a lungo termine o se è una scelta politica che andrà avanti solo fino alle elezioni amministrative del marzo 2009 in cui si cambierà di nuovo per stabilire finalmente una rotta definitiva. Io non ho ancora trovato una risposta. Se qualcuno lo sa, lo dica.

L'indugio dell'UE ha influenzato molto la Turchia

E ora guardiamo anche l'altro lato della medaglia. L'entusiasmo della Turchia è calato e intanto si è fatto più forte un atteggiamento temporeggiatore. Tuttavia, allo stato attuale delle cose ha contribuito, e non di poco, anche l'UE.

Da quando sono iniziate le trattative, si è sempre cercato di raffreddare il processo di adesione della Turchia, e Sarkozy è il primo a tirare in questa direzione. Le dichiarazioni rilasciate, le discussioni su quanto la Turchia sia europea o meno, l'atteggiamento su Cipro e il tentennamento sulla preparazione degli argomenti dei negoziati hanno influito su Ankara molto più di quello che si crede.
L'atmosfera politica era già aspra. L'atteggiamento dell'UE anziché dare coraggio al governo lo ha spinto verso la perdita di speranza. E anche i sostenitori dell'ingresso all'UE, già scarsi all'interno dell'opinione pubblica, sono stati stigmatizzati a causa di questa campagna negativa.

Molti si sono stancati, si sono stufati e una gran parte è arrivata sul punto di smettere di lottare.
Non si è mai visto un tale atteggiamento temporeggiatore nel processo di adesione di un paese candidato.

Vorrei dare un esempio.

Secondo un'informazione fornita da un funzionario turco di alto livello, interno alle trattative, allo stato attuale solo 10 delle 33 sezioni da affrontare sono state esaminate.

Questo approccio dell'UE, così come amareggia l'opinione pubblica, ha anche l'effetto di smorzare l'iniziativa politica. Certo è possibile che quest'ultima non aspettasse altro. Ma il punto in cui ci si ritrova è palese. I passi che la Turchia dovrà fare d'ora in avanti sono talmente importanti da comportare un radicale cambiamento nel paese. Richiederà momenti di grandi scosse emotive e aumenteranno le critiche sollevate dall'opinione pubblica.

Ecco dove ci troviamo adesso.

Bruxelles e Ankara, si sostengono a vicenda per rallentare questa collaborazione. E come potete capire, la responsabilità non è solo del governo. Anche la UE ne ha una parte sostanziosa.


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