L'UE non trova l'unanimità per scongelare l'Accordo commerciale con Belgrado. E se premier e filoeuropeisti sostengono l'implementazione unilaterale dell'accordo, proposta dall'UE, l'opposizione la ritiene una mossa ingiusta e umiliante per la Serbia

25/09/2008 -  Aleksandra Mijalković Belgrado

I rapporti tra la UE e la Serbia ricordano sempre più l'antico gioco del "tiro alla fune", molto popolare nei Balcani, in cui i giocatori tirano avanti e indietro la corda per portare l'avversario dalla propria parte e vincere. Nel caso più recente, Belgrado ha guadagnato un punto con la ratifica dell'Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) al Parlamento serbo, ma poi, il 15 settembre, Bruxelles ha pareggiato con la decisione del Consiglio dei ministri UE, che fa sì che questo documento per ora resti solo "sulla carta". L'Accordo commerciale di transizione basato sull'ASA rimane pertanto "congelato".

L'opinione pubblica serba, invece, non riesce a capire perché l'UE stia temporeggiando su qualcosa che non le è favorevole, e che oltretutto danneggia la Serbia e i Balcani. Con l'Accordo commerciale tra Serbia e Unione Europea, infatti, si dovrebbe iniziare a diminuire e poi ad eliminare gradualmente il dazio sulle merci importate dall'UE, cosa positiva soprattutto per le compagnie europee (ma anche per i consumatori serbi).

Inoltre, si avrebbe la conferma che l'UE è pronta a sostenere l'avanzamento della candidatura della Serbia (che ovviamente entrerà quando entrambe saranno pronte), e il chiaro riconoscimento, nei confronti dei suoi cittadini, istituzioni e forze democratiche, degli sforzi fatti finora per rispettare gli standard europei. Si tratterebbe del modo migliore per l'UE di incoraggiare e sostenere i suoi alleati in Serbia. Infine, questo contribuirebbe alla sicurezza e alla collaborazione in questa parte d'Europa, in quanto stimolerebbe i paesi dei Balcani occidentali a continuare più seriamente il loro cammino d'integrazione europea con il rispetto dei paesi vicini e con la fiducia in Bruxelles.

Invece le cose sono andate diversamente. Sotto la spinta dell'Olanda (sostenuta dal Belgio), alla Serbia è stata negata l'entrata in vigore del primo documento ufficiale che l'avrebbe messa in rapporti contrattuali con l'UE.

Secondo le valutazioni del capo della diplomazia olandese, Maxim Verhagen, la Serbia non ha ancora soddisfatto la "condizione dell'Aja", ed è necessario insistere ulteriormente affinché raggiunga una piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia. Verhagen ha affermato che sono già stati fatti dei buoni passi avanti, e spera che "ce ne saranno anche in futuro, fino alla cattura di Ratko Mladić."

Incoraggiamento o umiliazione

"Quando in aprile è stato firmato l'ASA, è stato deciso che sarebbe entrato in vigore una volta raggiunta la piena collaborazione della Serbia con il Tribunale dell'Aja. Se qualcuno ritiene che questo sia stato realizzato, va bene. Ma noi reputiamo che non sia così", ha affermato Verhagen riportando la posizione del suo governo.

La maggior parte degli stati membri dell'UE non ha condiviso questo pensiero, ma la decisione dev'essere presa all'unanimità. Così, ai cittadini serbi, invece della tanto attesa "luce verde" per l'ASA, da Bruxelles è arrivata una consolante promessa che i ministri "continueranno ad insistere con l'Olanda" (per modificare la decisione forse già il mese prossimo), e la raccomandazione che, nel frattempo, la Serbia inizi con un'implementazione unilaterale dell'Accordo.

Il Commissario europeo per l'allargamento Olli Rehn ha dichiarato che questo aumenterebbe le possibilità per la Serbia di ottenere lo status di paese candidato nel prossimo 2009, definita "data possibile" dal presidente della Commissione europea Josè Barroso .

Il capo della diplomazia francese, Bernard Kouchner, alla presidenza del Consiglio dei ministri UE, ha espresso il suo dispiacere per il mancato raggiungimento di un consenso, nonostante la "grande maggioranza" degli stati UE sia favorevole a sbloccare l'accordo con la Serbia. L'Alto rappresentante UE per la politica estera e la sicurezza, Xavier Solana, crede che nelle prossime settimane si terranno altri incontri (compresi quelli a margine dell'Assemblea Generale dell'ONU a New York), per raggiungere un accordo in ottobre. E' quanto spera anche Kouchner, che ha presieduto la seduta del Consiglio.

Questi incoraggiamenti, in particolare, non hanno consolato la parte filo-europea della Serbia, politici, cittadini ed esperti. Tra questi, anche l'ex ministro degli Affari Esteri della SRJ Repubblica Federale Jugoslava, ndt Goran Svilanović, consulente nella Commissione economica ONU per l'Europa, il quale ritiene che la decisione dell'UE sia negativa, perché nell'opinione pubblica serba si conferma l'impressione che tutto in Europa venga deciso per volontà politica di un gruppo di persone che decidono fuori dai criteri stabiliti.

Questi incoraggiamenti hanno suscitato una valanga di proteste da parte degli euroscettici e dell'opposizione anti-europea. Il Partito democratico della Serbia (DSS) ritiene che la posizione del premier Mirko Cvetković, secondo cui la Serbia dovrebbe accettare la raccomandazione di Bruxelles e implementare unilateralmente l'accordo con l'UE, sia il "proseguimento della politica parassitaria del governo serbo, che va contro lo sviluppo economico e contro i suoi cittadini", e "l'inizio del danneggiamento sistematico dell'economia del paese, a causa della realizzazione degli interessi economici delle grandi compagnie dell'UE e dei loro emissari all'interno del governo serbo".

Secondo questo partito, i cittadini sarebbero stati prima illusi con false dichiarazioni - che dicevano che l'accordo sarebbe stato scongelato a Bruxelles - e poi, come "apice di ipocrisia e cinismo dei funzionari UE", sarebbe stato offerto loro di implementarlo unilateralmente, e "questa sarebbe soltanto una delle umiliazioni che il Governo serbo ha subito da parte dell'UE", si legge nella comunicazione del DSS.

Miloš Aligrudić, funzionario DSS, ha definito l'esito dell'incontro a Bruxelles come "lo scontato proseguimento della politica di ricatto dell'UE nei confronti della Serbia", condotta più sulla questione dell'indipendenza del Kosovo che sul problema della collaborazione con l'Aja. Il presidente del DSS Vojislav Koštunica ritiene che il proseguimento della sospensione dell'Accordo di Transizione economica con l'UE dimostra che la Serbia non può aspettarsi che gli altri stati la rispettino, se il governo in carica non ha la forza di manifestare nemmeno il minimo rispetto di sé nel difendere gli interessi del paese.

Il partito Nuova Serbia sottolinea che ora "è più che chiaro che l'UE non vuole una collaborazione di partenariato con la Serbia", e il Partito democristiano vuole convincere i cittadini che l'UE "ha punito senza ragione la Serbia", e chiede le dimissioni del vicepresidente Božidar Đelić per aver umiliato la gente con un falso ottimismo.

Uno schiaffo alle forze filoeuropee

Come hanno reagito le autorità in Serbia alla raccomandazione di Bruxelles e alle critiche nel paese?

Il presidente Boris Tadić ha riconosciuto che la Serbia, quando si tratta di integrazione europea, si confronta con gli ostacoli e le incomprensioni di questo processo, testimoniati dai singoli stati dell'UE, in primis l'Olanda, e che "non si traggono molti vantaggi dai grandi discorsi sull'entrata facile e veloce in UE, ma dal grande lavoro al processo di integrazione traggono vantaggio tutti i cittadini".

"Oggi l'Olanda ha fatto un torto alla Serbia. Il nostro paese ha fatto tutto ciò che era in suo potere per collaborare con il Tribunale dell'Aja", ha dichiarato Božidar Đelić ai giornalisti, insoddisfatto perché "un ministro (il capo della diplomazia olandese) ha bloccato l'intera valutazione della collaborazione del nostro paese con il Tribunale dell'Aja, e questa non è in nessun modo la strada giusta né per l'UE, né per la Serbia verso l'UE".

Tuttavia, ha aggiunto Đelić, la Serbia non desiste dal suo cammino europeo. "L'implementazione unilaterale dell'ASA può essere nell'interesse della Serbia nella misura in cui viene presa in considerazione formalmente anche dalla Commissione europea, perché, se l'anno prossimo sarà valutata la nostra richiesta per ottenere lo status di candidato all'UE, Bruxelles guarderà sicuramente se avremo rispettato le condizioni di detto accordo", ha spiegato Đelić, facendo notare che "la proposta di Olli Rehn costituisce un tentativo di superare l'impasse del nostro paese nel processo di integrazione. L'obiettivo è quello di acquisire esperienza nell'implementazione dell'Accordo, perché è questo ciò che viene valutato nell'attribuzione dello status di candidato".

A suo avviso, la prossima occasione di sbloccare l'Accordo di transizione con l'UE sarà a dicembre, dopo che il procuratore capo del Tribunale dell'Aja, Serge Brammertz, avrà presentato il suo rapporto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il premier Cvetković ha dichiarato che, nonostante tutto, la Serbia resta fedele al suo cammino europeo, in quanto questa è la strada per il miglioramento della vita dei cittadini, e non desisterà. Cvetković fa notare che sarebbe meglio se Goran Hadžić e Ratko Mladić, accusati dall'Aja, si consegnassero di loro spontanea volontà. Il premier è convinto che la Serbia sia più preparata per l'UE rispetto a molti altri paesi che sono già membri, ma che 5-6 anni siano una "data ragionevole" per l'entrata della Serbia in UE.

Il vice premier serbo e ministro dell'Interno Ivica Dačić ha commentato che il confine tra l'umore pro-europeo e quello anti-europeo è molto sottile in Serbia, e che l'UE ora ha rafforzato il peso delle forze anti-europee nel paese". Quando gli è stato chiesto se il suo ministero sa dove potrebbe nascondersi Mladić, Dačić ha risposto che "non dispone di nessuna informazione operativa".

La direttrice della Segreteria governativa per l'integrazione europea, Tanja Miščević, fa sapere che la Serbia non deve perdersi d'animo, ma continuare e approfondire il processo di adesione. Il capogruppo dei deputati e membro della Presidenza del partito G17 plus, Suzana Grubješić, riguardo alla proposta di Rehn ha detto che è "senza alcuno sfondo politico" e che la si deve accettare. A suo parere non si tratta di una "umiliazione per la Serbia", e invece di aspettare che l'Olanda ceda, "dovremmo fare tutto quello che ci viene richiesto secondo il diritto internazionale e le nostre leggi interne".

Particolarmente interessante la posizione del capo della diplomazia serba Vuk Jeremić, per il quale è necessario capire che "l'Olanda è contraria per principio all'allargamento dell'UE", e che l'opposizione al caso della Serbia, ponendo la condizione della collaborazione con l'Aja, è solo una scusa.

"Senza alcun dubbio possiamo dire che sono state ragioni politiche interne all'Olanda che hanno decretato che, proprio in questo incontro, non si facesse tale passo lo scongelamento dell'Accordo", ha dichiarato Jeremić. In realtà, il ministro degli Esteri serbo crede che la decisione sfavorevole dei ministri degli Esteri dell'UE "non rappresenti una sconfitta, ma solo un rinvio" di un passo successivo verso la legittima entrata della Serbia in UE.

Quello che, tuttavia, il ministro non ha detto è che rimandare troppo a lungo, sfortunatamente, potrebbe essere rovinoso per la posizione internazionale della Serbia, per la sua crescita economica e la stabilità sociale del paese e, soprattutto, per l'atteggiamento filo-europeo dei suoi cittadini.


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