L'Irlanda dà il via libera al Trattato di Lisbona e nei Balcani si esulta. Sembra delinearsi un contesto istituzionale in cui l'allargamento europeo sarà facilitato. Facilitato ma non automatico, ricordano però in molti. Le reazioni in Serbia al referendum irlandese

09/10/2009 -  Aleksandra Mijalković Belgrado

La vittoria del "sì" irlandese al secondo referendum sul Trattato di Lisbona apre le porte di un futuro allargamento dell'Unione europea ai Balcani occidentali e rappresenta uno stimolo per il percorso europeo della Serbia, che però, per ambire all'integrazione, deve ancora risolvere numerose questioni interne.

"Votando per il "sì" al referendum per il Trattato di Lisbona, gli elettori irlandesi hanno aperto la possibilità di un'Unione europea in cui ci sarà spazio per tutti i popoli europei, inclusi quelli dei Balcani occidentali", ha affermato il ministro serbo per gli Affari esteri Vuk Jeremić dopo aver ricevuto le buone notizie da Dublino, aggiungendo inoltre che "la priorità strategica della Serbia è l'ingresso nell'Ue". Gli ha fatto eco il presidente della Serbia Boris Tadić che ha definito questo evento "incoraggiante per il processo di allargamento dell'Ue" e per l'eurointegrazione della Serbia e dell'intera regione.

A dire il vero, il presidente Tadić e il ministro Jeremić, anche prima del voto irlandese, facevano riferimento all'ingresso della Serbia nell'Unione europea come ad uno dei pilastri della politica estera serba. Ma, a partire dal "congelamento" dell'Accordo di associazione e stabilizzazione, i toni entusiasticamente pro-europei si erano in parte diluiti nei meandri della diplomazia tant'è che Bruxelles - tra gli "assi strategici" che collegano la Serbia con il mondo - si è trovata dietro a Washington, Mosca e, recentemente, anche Pechino.

Ora, l'accelerazione del processo di integrazione europea della Serbia è tornata nuovamente in cima alla lista di Jeremić (insieme alla "lotta per difendere il sistema costituzionale e l'integrità territoriale del paese, il miglioramento dei rapporti di buon vicinato nella regione, la neutralità, la collaborazione con il paesi membri del Movimento dei non allineati e il ritorno del rispetto nei nostri confronti che avevamo una volta"), ma la condizione affinché questo obiettivo sia raggiunto è nota: la piena collaborazione con il Tribunale dell'Aia.
Le porte dell'Ue si aprono, ma le condizionalità rimangono
Il presidente Tadić ha dichiarato che per ora l'unico paese dei 27 membri dell'Ue che condiziona l'ulteriore eurointegrazione della Serbia è l'Olanda e ha ripetuto che la Serbia sta facendo tutto il possibile per trovare Ratko Mladić e consegnarlo al Tribunale dell'Aia.

Il vice premier Božidar Đelić considera il successo del referendum irlandese uno stimolo per il percorso europeo della Serbia, perché sarà finalmente superato il vuoto istituzionale europeo durato cinque anni. E quando anche i presidenti della Polonia e della Repubblica ceca sottoscriveranno gli accordi ratificati - fa notare Đelić - l'Europa sarà finalmente pronta ad affrontare le sfide del 21mo secolo e proseguire di nuovo con l'allargamento. "Adesso siamo molto vicini a questa meta, e possiamo aspettarci che gli anni a venire saranno più favorevoli rispetto ai due precedenti per l'integrazione europea dei Balcani occidentali e della Serbia", ha valutato Đelić. Anche il vicepremier, però, ha riconosciuto che l'adozione in Irlanda del Trattato di Lisbona non significa che la "posizione dell'Olanda sarà relativizzata". Senza il consenso di tutti i membri dell'Ue non ci potranno essere passi avanti per la Serbia.

Milica Delević, direttrice dell'Ufficio governativo per l'integrazione europea, in modo lucido ha concluso che "l'adozione del Trattato di Lisbona creerà senz'altro un contesto più favorevole ma tutte le questioni interne che la Serbia dovrà risolvere prima di entrare nell'Ue rimangono da affrontare".

In modo identico ha reagito anche Krister Bringeus, ambasciatore della Svezia, Paese che attualmente presiede il Consiglio dell'Ue, ricordando che "il risultato positivo del referendum in Irlanda offre uno stimolo all'ulteriore allargamento dell'Ue e all'avvicinamento della Serbia, ma ciò non può sostituire le riforme che è necessario la Serbia compia.

Anche Jelko Kacin, deputato della Slovenia al Parlamento europeo e relatore per la Serbia, ritiene che l'esito positivo del referendum irlandese rappresenti un nuovo stimolo per i Balcani occidentali verso l'avvicinamento all'Unione europea. Aumenterà le aspettative e le ambizioni fra l'opinione pubblica della regione. "Possiamo aspettarci un maggior dinamismo, un rafforzamento delle forze pro-europee e inoltre il passaggio dalle parole ai veri cambiamenti strutturali in questi paesi", ha aggiunto Kacin. Allo stesso tempo però - ha avvertito il deputato sloveno - date le nuove circostanze l'Ue dovrà fare passi concreti verso questa regione, non limitandosi all'abolizione dei visti Schengen per Serbia, Montenegro e Macedonia.

Infatti - spiegano gli esperti dei Balcani occidentali - quando il Trattato di Lisbona sarà finalmente adottato, i rappresentanti dell'Ue non potranno più rimandare i preparativi per l'ulteriore allargamento dell'Unione con la scusa di non essere istituzionalmente pronti.
Una buona notizia da Dublino, un cattivo esempio da Belgrado
Ivan Vejvoda, direttore del Balkan Trust for Democracy, ritiene che il risultato del referendum irlandese sia particolarmente favorevole anche per l'Ue, oltre che per i Balcani occidentali e per la Serbia, perché significa che il processo di allargamento dell'Unione potrà continuare. Vejvoda ha ricordato le dichiarazioni dei vari funzionari dell'Ue - dal capo della diplomazia italiana Franco Frattini fino al ministro degli Affari esteri della Svezia, Karl Bilt, e della Slovacchia, Miroslav Lajčak - che indicano chiaramente l'intenzione di includere il prima possibile tutti i Balcani occidentali nell'Unione.

Gli analisti stranieri sembrano però più cauti nell'interpretazione delle conseguenze del referendum irlandese per "il futuro europeo" dei Balcani occidentali e della Serbia. Così, per esempio, l'agenzia Reuters, nonostante esprima la convinzione che il sostegno irlandese al Trattato possa dare una nuova speranza a questi paesi nella loro complicata strada per diventare membri Ue, indica che i recenti incidenti, che ricordano le divisioni etniche e la xenofobia degli anni precedenti, potrebbero rappresentare dei nuovi ostacoli sul cammino dei Balcani occidentali verso "la più grande e la più riuscita integrazione regionale al mondo".

Proprio quando le possibilità di avvicinamento della Serbia all'Unione dovrebbero aumentare, nota l'inviato della Reuters da Belgrado, l'atmosfera nella regione sta diventando più grigia, se si tiene presente il ritmo lento delle riforme, un'economia debole e in particolare i recenti incidenti che ricordano il passato cruento.

Ci sono vari esempi purtroppo: nuove tensioni etniche in Macedonia, l'aumento della divisione fra le due entità della BiH, la morte, il mese scorso, del tifoso francese brutalmente picchiato in un bar belgradese e l'annullamento del Gay pride nella capitale serba, a causa delle minacce di violenza (con il tacito consenso della Chiesa ortodossa serba) da parte di quello stesso gruppo di destra che ha pestato il giovane francese.

In ogni caso pare ormai che il Trattato di Lisbona questa volta sarà adottato. L'Unione europea potrà tirare un sospiro di sollievo, i sostenitori dell'allargamento riceveranno una nuova spinta, i pretendenti balcanici per l'ingresso nell'Ue finalmente dovranno smettere di cercare scuse nel "blocco di Bruxelles" e dovranno affrontare seriamente le riforme che dovrebbero portarli nell'Unione. Per quanto riguarda la Serbia è ancora incerto quando entrerà nell'Unione. Certo è invece che i pestaggi e le minacce di violenza non fanno parte dei "valori europei" per i quali la maggior parte dei suoi cittadini si impegna.


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