Nei cosiddetti “Paradise Papers”, documenti che rivelano le attività off shore di uomini d’affari e politici, vi sono anche nomi di cittadini serbi, tra cui il ministro per l'Innovazione e lo Sviluppo tecnologico Nenad Popović

16/11/2017 -  Dragan Janjić Belgrado

Il ministro per l’Innovazione e lo Sviluppo tecnologico Nenad Popović è il più “famoso” tra gli esponenti dell’establishment serbo coinvolti nello scandalo internazionale denominato “Paradise Papers”. Oltre alle informazioni sull’ammontare del suo patrimonio, stimato in circa 100 milioni di dollari, dai documenti trapelati è emerso che qualche anno fa Popović aveva tentato di riorganizzare i suoi affari in modo da poterli gestire tramite apposite società offshore che intendeva costituire in uno dei cosiddetti “paradisi fiscali”. Reagendo a queste rivelazioni, Popović ha annunciato che sporgerà denuncia contro il portale KRIK che le ha pubblicate in quanto partner serbo dell’International Consortium of Investigative Journalists che coordina l’intera inchiesta.

Il ministro Popović e altri funzionari e businessman serbi i cui nomi compaiono nei “Paradise Papers” probabilmente non subiranno nessuna conseguenza in Serbia. Nella sua prima reazione alla pubblicazione di rivelazioni sulle attività offshore di uomini d’affari serbi, la premier Ana Brnabić ha dichiarato che aveva parlato con Popović e che ritiene che egli non possieda alcuna società offshore. Ha inoltre aggiunto di ritenere che non ci siano presupposti per ascrivere a Popović alcuna responsabilità morale. Né il partito al governo, il Partito progressista serbo (SNS), né il presidente della Repubblica Aleksandar Vučić hanno messo in discussione la posizione di Popović.

Se dovesse essere intrapresa qualche misura politica contro Popović, tale decisione sarebbe motivata non tanto dalle informazioni trapelate sui suoi affari quanto dal fatto che, grazie alle rivelazioni dei “Paradise Papers”, l’opinione pubblica serba è venuta a conoscenza dei dettagli sull’immane ricchezza dell’attuale ministro. Per la leadership al potere, che insiste sulla retorica populista, sforzandosi di conquistare la simpatia di ampi strati di elettori relativamente poveri, il fatto di avere tra le proprie fila un milionario non è particolarmente favorevole, ragione per cui i funzionari del governo e i media filogovernativi persistono nel sottolineare che Popović era ricco anche prima di diventare ministro.

Il governo non ha alcun interesse a occuparsi in modo più dettagliato dello scandalo dei “Paradise Papers”, per cui c’è da aspettarsi che si limiti ad invitare gli organi competenti a accertare la veridicità dei documenti diffusi e a intraprendere misure appropriate se dovessero sussisterne i presupposti. Dal momento che tale accertamento potrebbe prolungarsi nel tempo e che fare affari con le società offshore, stando alla normativa vigente, non è necessariamente illegale, è poco probabile che qualcuno dei coinvolti nello scandalo possa subire conseguenze legali. Questo potrebbe verificarsi solo nel caso in cui venisse dimostrato che il denaro investito offshore è stato ottenuto da attività illecite compiute in Serbia, ma nemmeno questo è facilmente comprovabile.

Politica

In un’ottica futura, quindi, tutto potrebbe ridursi alla responsabilità morale e politica. Questo lo capisce bene, a quanto pare, anche il ministro Popović, che insiste sul fatto che si tratta di un “attacco politico” rivolto a lui personalmente, al presidente Vučić e al governo che persegue una politica “sovrana e indipendente”. “Nei documenti pubblicati si parla di come io sia favorevole al mantenimento di ottimi rapporti con la Russia, il che è vero. Vogliamo avere i migliori rapporti politici e economici possibili con la Russia, ma anche con l’Unione europea, gli Stati Uniti e la Cina”, ha dichiarato Popović in un’intervista rilasciata alla Radio televisione serba lo scorso 12 novembre.

Nel corso dell’intervista ha insistito sul fatto che KRIK opera “esclusivamente nell’interesse di quei committenti dei loro reportage che provengono dall’estero”. Ha inoltre aggiunto che questa situazione “giova a quelli che auspicano che entriamo nella NATO, invece di rimanere indipendenti come siamo; quelli ai quali dà fastidio che abbiamo acquistato gli aerei russi e che vogliono che introduciamo sanzioni contro la Russia e che rinunciamo al Kosovo. Noi non rinunceremo al Kosovo né alla nostra politica sovrana”.

Quindi, Popović interpreta l’intera vicenda degli affari offshore in relazione non solo al contesto politico locale ma anche a quello internazionale. Dalle sue dichiarazioni emerge chiaramente che è un forte sostenitore della Russia dove conduce gran parte dei suoi affari, e dalla quale probabilmente si aspetta di ricevere una protezione adeguata. Il fatto che Popović sia entrato a far parte dell’esecutivo, nonostante il suo Partito popolare serbo oggettivamente non goda di questa grande influenza tra gli elettori, è stato interpretato negli ambienti di orientamento liberale come un’altra concessione nei confronti di Mosca.

Qualora decidessero di intraprendere qualsiasi tipo di azione contro Popović, l’SNS e il presidente Vučić potrebbero subire danni politici, non solo in conseguenza dell’eventuale insoddisfazione di Mosca, ma anche per via della tempistica degli eventi politici in Serbia. Sono infatti già in corso i preparativi per le elezioni comunali di Belgrado, un appuntamento elettorale molto importante che dovrebbe svolgersi entro la primavera dell’anno prossimo. In queste circostanze, uno scandalo come quello dei “Paradise Papers” di certo non è benvenuto, nemmeno in una forma relativamente benigna.

Protagonisti

In Serbia, le rivelazioni sul coinvolgimento di funzionari del governo in vari scandali, compresi quelli di natura finanziaria, non necessariamente sfociano nell’adozione di opportune misure contro i responsabili. Anche prima dei “Paradise Papers” i media serbi si sono occupati di malversazioni finanziarie, rilevando prove piuttosto convincenti: ma i singoli protagonisti di questi scandali non hanno mai subito alcuna seria conseguenza. Il summenzionato portale KRIK, ad esempio, ha recentemente rivelato che il ministro della Difesa Aleksandar Vulin non può provare la provenienza dei circa 200mila euro con i quali ha comprato un appartamento a Belgrado. Invece di sollecitare l’apertura immediata di un’indagine, il governo e la premier Brnabić hanno protetto Vulin.

Nel tentativo di spiegare come è venuto in possesso del denaro, Vulin ha detto che è stata una zia di sua moglie che vive in Canada a prestarglielo. All’osservazione dei giornalisti che non vi è alcuna prova del trasferimento di denaro in Serbia, il ministro ha risposto che lo ha portato in contanti, 9000 euro alla volta, importo che è consentito portare senza l’obbligo di dichiararlo alla dogana. Questo significa però che sarebbe dovuto andare in Canada una ventina di volte, per cui l’intera spiegazione suona piuttosto ingenua. La premier, tuttavia, ha detto di credergli e il caso per ora si è arenato, visto che gli organi investigativi continuano a tacere.

A differenza della vicenda di Vulin, nel caso dello scandalo dei “Paradise Papers” non vi sono indizi di gravi violazioni delle leggi, per cui è chiaro che il governo riuscirà a insabbiarlo senza alcuna difficoltà. È poco probabile che anche altri uomini d’affari serbi che, insieme al ministro Popović, compaiono nei documenti diffusi, subiscano qualche conseguenza. Nella lista dei “Paradise Papers” compare, tra gli altri, l’agenzia di scommesse “Meridian” che ha avviato la propria attività di scommesse online a Malta nel 2007, quando in Serbia era vietato farlo.

Le sale scommesse “Meridian” in Serbia sono gestite dall’azienda “Joker Games”, fondata nel 2001, nella quale aveva lavorato anche il deputato del parlamento serbo e funzionario del SNS Vladimir Đukanović, che è stato nominato, nel dicembre 2012, membro del consiglio dell’azienda pubblica “Državna lutrija Srbije” (Lotteria nazionale serba).

Nella loro risposta scritta alle domande dei giornalisti di KRIK, i proprietari di “Meridian” hanno precisato di non aver costituito la società a Malta per approfittare dei vantaggi fiscali ma per poter entrare nel business delle scommesse online.

Stando a quanto riportato dal portale KRIK, nei “Paradise Papers” compaiono anche il generale Jovan Čeković, che per anni è stato direttore dell’azienda pubblica “Jugoimport SDPR” operante nel settore del commercio delle armi; l’impresa “Južna Bačka” che si aggiudica regolarmente appalti pubblici milionari; tutta una serie di aziende privatizzate che nel frattempo sono andate in fallimento, nonché alcune aziende di proprietà privata di nascita relativamente recente.

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