Scoppia in Serbia il caso del presunto colpo di stato per rovesciare il premier Vučić. Una storia poco credibile e che rivela i movimenti sotterranei nella politica serba. Un’analisi

03/12/2015 -  Dragan Janjić Belgrado

Poliziotti armati e in uniforme antisommossa, alcuni persino a volto coperto, stavano in piedi a mo di decorazione mentre il ministro dell’Interno Nebojša Stefanović, domenica scorsa, informava i giornalisti che il premier Aleksandar Vučić era stato ascoltato dalla polizia (che lo avrebbe sottoposto al test della macchina della verità) in merito alle supposte pressioni che - secondo il tabloid Kurir - Vučić avrebbe esercitato sull’ex direttore del giornale stesso. Il ministro ha aggiunto poi che è stato arrestato anche un ex poliziotto che, come dichiarato da Stefanović, "nelle scorse 24 ore è stato colto mentre osservava l’abitazione della famiglia Vučić”.

In questi giorni sui media serbi si è scatenata una vera e propria campagna mediatica alimentata da vari ministri secondo i quali vi sarebbero stati vari tentativi di “buttare giù il governo” e di “distruzione dello stato”. Il tutto ha creato, tra l’opinione pubblica, un clima di forte insicurezza. La scelta di avere poliziotti armati fino ai denti apparsi al fianco del ministro degli Interni durante la suddetta conferenza stampa è chiaro sia stata fatta per suggerire la drammaticità del momento e aumentare la serietà delle affermazioni ripetute per giorni sui presunti tentativi di “buttare giù Vučić”, ossia fare un colpo di stato. Questo spiega anche la comunicazione sull’arresto dell’ex poliziotto.

La campagna sui media è stata ulteriormente alimentata dalle dichiarazioni del ministro della Difesa Bratislav Gašić, secondo il quale l’Esercito della Serbia è pronto a difendere il premier. Gašić ha formato persino un commando per la difesa di Vučić, confermando con ciò l’importanza delle affermazioni sulla minaccia al premier. Con questa mossa il ministro ha espresso la sua fedeltà al premier, ma ha anche fatto sapere che, se fosse necessario, non esiterà a impiegare le risorse che ha a disposizione.

A soli due giorni di distanza dalla conferenza stampa straordinaria del ministro Stefanović, il premier, partecipando ad una trasmissione alla tv pubblica, ha relativizzato le affermazioni sul colpo di stato riportate dai tabloid e dalle tv serbe. Ha spostato l’attenzione sui giornalisti dei tabloid, mentre ha glissato sui dettagli relativi al ruolo che in tutta questa storia hanno avuto i suoi ministri e i suoi stretti collaboratori.

Il test della macchina della verità (poligrafo) è rimasto invece sulla scena. Il ministro Stefanović, in una dichiarazione successiva alla conferenza stampa, rivolgendosi a chi metteva in discussione la certezza degli esiti del poligrafo, ha precisato che questo sistema di indagine è molto importante. Lo stesso Vučić ha tessuto poi le lodi del poligrafo.

Fatti

Se ci si domanda perché il governo ha deciso, in un momento di stabilità politica (lo schieramento governativo ha una maggioranza di due terzi in parlamento e di fatto controlla l’intero potere esecutivo), di alzare questo polverone mediatico, ci sono solo due risposte: o le informazioni sul colpo di stato e sulla destabilizzazione del paese in possesso del governo sono vere, oppure i motivi per questo polverone mediatico sono altri, principalmente di natura politica.

Per quel che riguarda i fatti denunciati, va detto che il governo non sembra avere molte prove in mano. Il fatto che un tabloid abbia riportato le indiscrezioni del suo ex direttore secondo il quale il premier avrebbe esercitato pressione su di lui, è sicuramente di grande importanza e merita una secca smentita da parte del premier, ma non è certo collegabile ad un colpo di stato. 

Per una tesi di colpo di stato servirebbe quanto meno dimostrare l’esistenza di un gruppo organizzato che, o con le armi o mediante una rivolta di massa, abbia intenzione di far cadere il potere con la violenza. È inoltre poco credibile che la polizia, se davvero disponesse di informazioni su armi o preparativi di disordini, non chiarisca in pubblico almeno alcuni dettagli della vicenda. Pertanto la tesi del colpo di stato violento è rimasta poco credibile.

Per quel che riguarda invece l’ex poliziotto arrestato, è stato comunicato solo che “osservava la casa della famiglia Vučić”, senza alcun dettaglio relativo al fatto che lo stesse facendo con l’intento di ferire qualcuno, per conto di qualcun altro, oppure con l’intento di preparare qualche azione successiva. È possibile che riguardo a ciò ci siano anche prove e informazioni più attendibili, ma il pubblico non è stato informato di nulla, e così anche questa parte della storia è rimasta al livello di speculazioni giornalistiche.

La possibilità  per qualcuno di preparare una rivolta di massa che dovrebbe portare alla destituzione del potere in carica è assolutamente improbabile, dal momento che il premier Vučić ha il sostegno di oltre metà dell’elettorato e che l’opposizione è debole e del tutto disorganizzata. Non c’è alcun indizio tangibile che un qualunque partito di opposizione possa portare in strada qualche migliaio di persone, figuriamoci decine o centinaia di migliaia.

Politica

Le speculazioni sui retroscena politici dell’intero caso sono state alimentate dal fatto che nella campagna condotta da due media, Informer e Pink, sono stati indicati come potenziali organizzatori del complotto contro Vučić anche alcuni membri della compagine di governo e il ministro dell’Edilizia Zorana Mihailović. Nel gruppo sono stati inclusi anche media e giornalisti critici nei confronti del governo e del premier, come TV N1, alcuni portali web e il già citato tabloid Kurir con il suo proprietario Aleksandar Rodić. Informer e Pink non hanno nemmeno nominato come potenziali organizzatori del putsch contro il premier Vučić qualcuno dell’opposizione, il che è appunto come dicevamo equiparato alla reale forza dell’opposizione sulla scena politica.

L’aver fatto riferimento al ministro Mihailović può essere interpretato come un accenno di conflitto interno al partito del premier, il Partito progressista serbo (SNS), oppure come una sorta di avviso a lei e agli altri membri del gruppo dirigente di rimanere allineati al leader del partito. Per il momento non c’è in corso nessun repulisti nel partito. Il premier ha appoggiato in pubblico la Mihailović, mentre l’unica “vittima” della vicenda è stato il membro del Comitato centrale Saša Mirković che ha comunicato di lasciare il partito e di voler formare un proprio gruppo parlamentare. La sua decisione è stata inattesa, e colpisce il fatto che non abbia incontrato alcuna critica pubblica.

I principali rivali che potrebbero buttare giù il premier sono quindi i media e alcune persone della stessa maggioranza di governo o della dirigenza del SNS. A tutto ciò vanno aggiunte anche le accuse sul conto degli USA e dei paesi dell’UE che opererebbero per destabilizzare il governo serbo, cosa che suona un po’ sorprendente dal momento che Vučić è visto come l’uomo che sta portando la Serbia verso l’Unione.

Ad ogni modo non sarebbe sbagliato concludere, per quel che riguarda gli aspetti politici dell’intero caso, che la campagna mediatica in corso ha a che fare con le elezioni che si terranno il prossimo anno. La dirigenza stretta del SNS desidera una totale omogeneizzazione del vertice del partito e invia segnali di avviso su cosa potrebbe accadere a chi decide di intraprendere una strada diversa. Ovviamente un messaggio analogo, ma molto più pungente, è stato indirizzato anche ai media ai quali si fa sapere che le opinioni critiche sul conto del governo non sono benvenute.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!

I commenti, nel limite del possibile, vengono vagliati dal nostro staff prima di essere resi pubblici. Il tempo necessario per questa operazione può essere variabile. Vai alla nostra policy

blog comments powered by