In Serbia un sito smaschera gli artifici retorici dei candidati alle elezioni del prossimo 6 maggio. Per rendere gli elettori più consapevoli e i politici più responsabili. Dopo le "ruspe" di Otpor durante le proteste contro Milošević, le "demolizioni" di demolizam.rs

03/05/2012 -  Federico Sicurella

Vi sono parole che in virtù della loro indeterminatezza si prestano ad essere riempite di qualunque significato, a seconda delle circostanze e delle convenienze. Nella teoria critica del linguaggio si chiamano significanti fluttuanti.

Tra queste sicuramente da annoverare i termini ‘populismo’ e ‘demagogia’. Da qualche mese e in vista della tornata elettorale in Serbia del prossimo 6 maggio, alle numerose istituzioni che fanno da watchdog della campagna elettorale si è aggiunta un’iniziativa che ha proprio l’obiettivo di fare luce sui meccanismi, spesso sottili e ambigui, del populismo e della demagogia. Si tratta del Dizionario Populista della Demagogia.

Lo scopo di questa piattaforma web è quello di dare ai cittadini e alle cittadine serbe degli strumenti per riconoscere le ‘tracce’ di populismo e demagogia nelle dichiarazioni dei leader politici in un confronto che più ci s'avvicina all'importante appuntamento elettorale - e in particolare tra i candidati alla presidenza della repubblica - più si fa serrato.

Il progetto è animato da un team composto da giovani operatori della società civile, ricercatori e attivisti provenienti da varie parti della Serbia, coadiuvati dal Fond za Otovoreno Društvo (Fondo per una società aperta) di Belgrado.

Il dizionario

Come si evince dal nome, la piattaforma web è organizzata come un dizionario. Vi sono diciassette voci, ognuna corredata di un’esauriente spiegazione ‘tecnica’ e identificata con un detto popolare, che ne condensa il significato e ne facilita la memorizzazione.

Ad esempio, la strategia del falso dilemma, ovvero quando si tenta di manipolare l’interlocutore riducendo il ventaglio delle scelte possibili a due sole alternative che si escludono a vicenda, è ricompresa nella voce il’ si voda, il’ si vino (letteralmente, ‘o sei acqua o sei vino’ - che in italiano si potrebbe tradurre come ‘o è bianco o è nero’).

Il funzionamento del sito è semplice: ogni utente ha la possibilità segnalare una dichiarazione che ritiene populista o demagogica (fatta sia da leader politici nazionali che locali), assegnarla a una delle categorie presenti, allegare una breve spiegazione e inviare il tutto nella sezione della kuhinja (cucina). Qui, “in cucina”, i membri del team verificano ogni segnalazione e ne promuovono la pubblicazione sul sito, aprendola ai commenti degli altri utenti.

I toni del sito web oscillano volutamente tra il professionale e il goliardico, il tutto condito da una buona dose di autoironia. Questo, assieme alla comicità surreale di alcune delle dichiarazioni riportate, è sicuramente una delle ragioni della crescente popolarità dell’iniziativa (che si è guadagnata anche un articolo sul quotidiano nazionale Vreme).

Gli scivoloni dei candidati favoriti alla presidenza

Vale la pena fare qualche esempio, chiamando in causa anche i principali candidati alle elezioni presidenziali. Boris Tadić, presidente dimissionario e la cui rielezione si dà per molto probabile, è stato ‘segnalato’ sotto numerose voci.

Ad esempio, una sua funambolica dichiarazione sulla possibile soluzione dell’annosa questione del Kosovo si è meritata l’etichetta di prazna slama (l’equivalente in italiano di ‘aria fritta’): “Sono profondamente convinto che la riforma dell’approccio alla questione del Kosovo e Metohija, un approccio non convenzionale, inventivo, flessibile, pragmatico, razionale, insomma creativo, ci offre l’opportunità di produrre qualcosa di qualità e di poterlo vendere su qualche mercato” (Status, 31 maggio 2011). Un altro suo intervento, in cui accusa esperti e analisti politici di fomentare la tensione e di voler destabilizzare la società (B92, 12 giugno 2011), è stato prontamente segnalato come esempio di oni hoće (‘loro vogliono’), ovvero di interpretazione tendenziosa del punto di vista altrui.

La retorica del ‘loro vogliono’ è spesso preludio alla formulazione di qualche tipo di teoria della cospirazione, come illustrato da una dichiarazione di Ivica Dačić, attuale ministro dell’Interno e leader della terzo schieramento per importanza, il Partito socialista (SPS). In un’intervista a Novosti (16 giugno 2011), Dačić ha dichiarato che il progetto di un Kosovo indipendente è parte di un progetto più ampio e che si sta materializzando “alle nostre spalle”: il progetto della Grande Albania.

Tra gli scivoloni populisti di Tadić si annoverano anche esempi che rientrano in altre categorie. Nella categoria ljudi smo (‘Siamo esseri umani’, ovvero la captatio benevolentiae attraverso storie personali volte a intenerire il pubblico) troviamo la seguente dichiarazione, rilasciata a Alo il 9 giugno 2011: “Il parco Tašmajdan ha un alto valore simbolico per la Serbia. Si trova al centro esatto di Belgrado, e ospita il nostro grande centro sportivo, presso il quale mi allenavo da bambino”.

Per la serie pobrkani lončići (‘Fischi per fiaschi’, cioè le fallaci logiche nell’argomentazione), Tadić bolla come paradossale il fatto che alcuni media di proprietà di investitori provenienti da Paesi dell’Unione europea abbiano assunto posizioni antieuropeiste (Alo, 6 giugno 2011), come se tutto ciò che proviene dall’UE dovesse necessariamente essere portatore di spirito pro-europeista. Infine, in un intervento su RTS del 15 giugno 2001, Tadić enumera, con empatico trasporto, le beghe del popolo: “Ogni giorno i cittadini devono comprare le kifle, il pane, lo yogurt, devono comprare una bistecca se possono, e voglia Dio che possano, e preparare la zuppa, assicurare ai loro figli un po' di verdura, e loro sanno bene quanti soldi hanno in tasca quando ogni mattina vanno al mercato”. La categoria in questione è pošalica sa podvriskivanjem (che potremmo liberamente tradurre come ‘A furor di popolo’).

La stessa sorte tocca a una dichiarazione di Toma Nikolić, leader del Partito Progressista Serbo (SNS) e principale oppositore di Tadić, che dalle pagine di Politika (29 marzo 2012) alza la voce contro il sistema creditizio, che a suo dire fa finire tutti i soldi nelle mani delle élite politiche mentre il “povero” popolo non è in grado di saldare i propri debiti.

Le uscite populiste e demagogiche di Nikolić, tuttavia, non finiscono qui. Per la categoria prosto k’o pasulj (letteralmente ‘Facile come un piatto di fagioli’, ossia 'facile come bere un bicchier d’acqua'), Nikolić suggerisce di recuperare i 500 milioni di euro che ogni anno spariscono dalle casse dello stato a causa della corruzione e di distribuirli a 100.000 contadini, che così riceverebbero 5.000 euro ciascuno (B92, 27 marzo 2012).

Per finire, un chiaro esempio di il’ si voda il’ si vino (vedi sopra): “Io alla pensione ci penso da lungo tempo, e se la Serbia fosse nelle mani giuste, non mi vedreste affatto. Però se io vado in pensione, a chi resterà la Serbia? Perciò devo vincere, e solo alla fine del mandato, tra quattro anni, potrò lasciare la politica” (PRESS, 24 luglio 2011).

Per tutti i gusti

Com’è facile prevedere, il Dizionario Populista della Demagogia annovera tra i suoi contributori anche molti dei leader degli altri partiti politici serbi. Qui di seguito, alcuni dei contributi più degni di nota.

Per cominciare, un esempio di dobro je poznato (‘Tutti sanno che’), il cui autore è Ivica Dačić, leader del Partito Socialista (SPS) e attuale ministro degli Interni: “Se un domani la Republika Srpska optasse per la secessione (una delle due Entità costitutive della Bosnia Erzegovina, ndr), che cosa diventerebbe? Uno stato indipendente, oppure deciderebbe di unire le proprie sorti a quelle della Serbia? Ovviamente la seconda, perché si tratta dello stesso popolo” (NIN, 2 giugno 2011).

Lo stesso Dačić compare anche nella categoria kakve veze imam ja s tim (‘Che c’entro io con tutto questo’, il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità). In uno scambio di battute con un giornalista di Alo, Dačić afferma con decisione la necessità di adottare una “nuova linea” rispetto al problema del Kosovo. Ma quando il giornalista lo invita a definire questa nuova linea, Dačić risponde perentorio: “Non sono qui per parlarne, perché l’SPS, secondo gli ultimi dati, ha solo il 7% di consensi...” (23 ottobre 2011).

Dragan Đilas, sindaco di Belgrado e capolista del partito di Tadić, prende fischi per fiaschi volendo far passare l’idea che avere dei diritti non è sinonimo di poterli esercitare. Intervistato a proposito del gay pride dell’anno scorso, Đilas ha dichiarato quanto segue: “Se sei un omosessuale, è un tuo diritto, e nessuno non può farvi del male per questo. Ma non vedo la ragione per cui si voglia scendere in piazza come un gruppo unito di persone, pensando in questo modo di ottenere qualcosa. Non si ottiene niente” (B92, 2 ottobre 2011).

Infine (ma di esempi ce ne sarebbero ancora moltissimi), un caso di svaka ptica svome jatu (‘Ogni uccello al proprio stormo’, cioè chi si assomiglia si piglia), ad opera di Miroslav Čučković, membro della presidenza del partito delle Regioni Unite della Serbia (URS). Discutendo il progetto di decentralizzazione amministrativa del Paese, Čučković traccia un parallelo storico alquanto discutibile: “Nel diciannovesimo secolo un serbo saggio è stato mandato al manicomio per aver indotti i serbi a curare la propria igiene personale. Allo stesso modo, alla fine del diciannovesimo secolo si discuteva se la Serbia avesse bisogno o meno della ferrovia, il che mi fa venire in mente la questione del giorno - se alla Serbia serva o no la decentralizzazione” (Blic, 15 giugno 2011).

Esercizio di cultura democratica o nuova linfa per la disaffezione politica?

Lo spirito del progetto del Dizionario Populista della Demagogia è quello di contribuire, in modo originale e partecipato, al miglioramento della cultura politica e democratica della Serbia. In questo senso, esso si affianca ad altre iniziative simili, tra le quali vale la pena ricordare Istinomer, il ‘misuratore della verità’ che registra le promesse elettorali dei politici e poi le confronta con la loro reale condotta una volta ottenuto il potere.

Alla domanda su come pensa che l’iniziativa possa avere un impatto sul discorso pubblico in Serbia, Tijana Matijević, una delle redattrici del Dizionario, risponde che “a cominciare dall’idea di dare al discorso pubblico la forma di un dizionario, e dal desiderio che sempre più persone si interessino alla lettura e all’analisi della demagogia e del populismo, penso che questo progetto possa suscitare un nuovo interesse nella politica e in generale in tutto quello che si dice nella sfera pubblica serba. In questo senso il progetto potrebbe avere un impatto sia su coloro che parlano che su coloro che ascoltano”.

Alla luce della significativa disaffezione verso la politica che caratterizza il contesto serbo (come molti altri), sorge la preoccupazione che un’iniziativa di questo tipo possa avere l’effetto opposto, ovvero quello di alimentare la frustrazione e, appunto, il sentimento anti-politico. Marko Aksentijević, redattore del Dizionario, ammette di aver già ricevuto delle critiche in questo senso e risponde: “Il Dizionario non è pensato con l’idea di esasperare l’attuale insoddisfazione dei cittadini nei confronti dell’élite politica, ma di articolare questa insoddisfazione in modo costruttivo. Una maggiore sensibilità dei cittadini riguardo al populismo e alla demagogia induce necessariamente i politici stessi a comportarsi diversamente. E quando i politici saranno migliori, l’apatia sarà minore”.


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