No di Belgrado all'accordo con Pristina. E ora?

9 aprile 2013

bubble icon

“Non possiamo accettare questo accordo, ma vogliamo riaprire subito i negoziati con Pristina”. Il governo serbo, per voce del premier Ivica Dačić, ha rigettato ieri la proposta di accordo sulla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo mediata dall'Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri Catherine Ashton.

Belgrado ha però tentato di non chiudere definitivamente le porte alla prospettiva europea della Serbia, anche se l'ottenimento di una data per l'inizio dei negoziati di adesione per l'estate appare sempre meno probabile.

Il “no” era nell'aria fin dalla mattina di ieri, quando il vice-premier Aleksandar Vučić, leader del Partito progressista e figura sempre più centrale nel panorama politico serbo, aveva dettato la linea, poi confermata in serata con voto unanime dall'esecutivo.

Un'intesa di questo genere non è applicabile, e non porterebbe ad una soluzione finale e duratura”, ha dichiarato Dačić. “Non possiamo accettare le soluzioni offerte, perché non garantiscono i diritti umani e la sicurezza dei serbi che vivono in Kosovo”.

A risultare indigesti soprattutto due punti della bozza di intesa: l'accorpamento delle municipalità di Mitrovica nord (a maggioranza serba) e Mitrovica sud (compattamente albanese), mossa che altererebbe gli equilibri etnici locali, e la futura presenza delle forze militari di Pristina nelle municipalità abitate da serbi.

La Ashton ha espresso disappunto per il no di Belgrado. “Dopo otto round negoziali”, ha dichiarato la Ashton, “credo che tutti gli elementi per giungere ad un accordo siano già sul tavolo”. La Alto rappresentante UE aspetta ora un segnale da Belgrado, ma non c'è ancora chiarezza sui prossimi sviluppi. Voci deluse sono arrivate anche dal governo di Pristina.

Il “no” di ieri rappresenta un pesante colpo alle speranze di normalizzazione e integrazione europea di Serbia e Kosovo, e mostra i limiti alle capacità dell'UE di risolvere con la “soft power” i nodi irrisolti nell'area balcanica. Il rischio ora è quello del congelamento indefinito della situazione.

Non tutte le speranze di un'intesa sono però perdute. Quale che sia, una decisione sul Kosovo per la Serbia sarà dolorosa: sia Dačić che Vučić hanno mostrato consapevolezza della necessità di un accordo, ma il sistema politico e la società serba non sembrano ancora pronti ad accettarne i costi. E' evidente che i tempi a Belgrado non sono ancora maturi. Rimandare all'infinito, però, potrebbe rivelarsi la decisione peggiore.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


blog comments powered by