Nell'Università di Nis ancora fermento soprattutto tra la classe docente che minaccia nuovi scioperi. "Qualcosa dev'essere fatto immediatamente" denunciano, "a partire da una riforma della legge sull'università".

30/10/2001 -  Anonymous User

Il sindacato indipendente dell'Università di Nis, che rappresenta tre grandi facoltà e cioè Filosofia, Scienze Naturali ed Ingegneria, ha annunciato che se il Governo non adotterà immediatamente provvedimenti, la classe docente e gli amministrativi entreranno in sciopero.
Professori ed assistenti sono profondamente delusi e la recente modifica del sistema di pagamento presso le facoltà ha reso palese alcune verità prima celate: i professori all'apice della carriera percepiscono salari solamente doppi rispetto a quello di un operaio non qualificato. E questa situazione viene percepita come insopportabile. Anche la condizione degli assistenti e dei ricercatori non è certo florida. Percepiscono ad esempio salari inferiori a quelli di professori e maestri delle scuole elementari e superiori.
La situazione finanziaria generale delle facoltà è catastrofica. Gli arretrati sulle bollette di acqua, elettricità e telefono hanno influito sul normale pagamento dei salari, e nessuno degli enti creditori risulta disponibile a negoziare soluzioni alternative. In questa situazione è scontato come non vi siano a disposizione fondi in grado di finanziare una ricerca di un certo livello ed un aggiornamento delle biblioteche delle facoltà. Internet e le relazioni personali con docenti stranieri sono gli ultimi appigli che evitano la deriva.
La copertura spese per poter seguire convegni e conferenze viene garantita solo nel caso in cui si ritenga la partecipazione sia "di interesse nazionale". I computer sono obsoleti e le connessioni ad Internet sporadiche.
L'integrazione nel sistema accademico europeo, che implica anche naturalmente il raggiungimento di determinati standard qualitativi, è delegata più all'attività di pochi volenterosi che non ad una strategia di fondo di Governo e mondo accademico. L'anno scorso ad esempio, l'adesione al programma TEMPUS è stata possibile grazie alle due settimane di lavoro di pochi entusiasti piuttosto che a sei mesi di programmazione da parte delle strutture universitarie, come normalmente dovrebbe essere.
Altra questione cruciale il fallimento del Governo nel promuovere e far approvare dal Parlamento in tempi brevi una legge di riforma sull'università. Attualmente ci si riferisce infatti ancora a quella approvata nel 1998 che viene ricordata come "la legge di Seselj", leader di estrema destra al tempo vice di Milosevic. Venne allora cancellata qualsiasi forma di autonomia delle strutture universitarie. Tra le altre cose si prevedeva che i rettori fossero di nomina governativa. Questo avviene tutt'ora ed anche se i rettori nominati dal vecchio regime sono stati rimossi e quelli nuovi hanno cercato di non abusare dell'autorità pressochè illimitata conferitagli, il mondo accademico resta in fibrillazione attendendo la riforma.
La nuova legge dovrà anche definire questioni molto sentite dagli studenti. Tra queste quella legata alle sessioni di esame. Sono stati già molti quest'anno gli scioperi promossi dalla classe studentesca in seguito alla mancata approvazione, da parte delle singole facoltà, di sessioni d'appello straordinarie. Studenti pronti allo sciopero anche per i tagli annunciati alle borse di studio.
Non è ancora chiaro se questi scioperi avranno successo o meno. Certo è che per migliorare la situazione dell'università in Serbia qualcosa dev'essere fatto immediatamente.


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