Il suo ultimo libro, l'esilio, la letteratura come mezzo d'introspezione, e le ferite ancora aperte della società rumena. Questi i temi centrali del primo viaggio in Romania da premio Nobel di Herta Müller

21/10/2010 -  Mihaela Iordache

A fine settembre, e per la prima volta dopo aver vinto il premio Nobel 2009 per la letteratura, la scrittrice tedesco-romena Herta Müller si è recata in Romania. La visita fa seguito all'invito della casa editrice Humanitas che ha pubblicato i suoi due romanzi: “L’altalena del respiro” e “Viaggio in una gamba sola”.

Nata in Romania, perseguitata dalla famigerata Securitate, interrogata e obbligata a svolgere lavori in fabbrica, Herta Müller è tornata in visita in Romania, il paese dove, prima di emigrare in Germania, è vissuta fino a 34 anni sotto la dittatura comunista e sotto l’attenta osservazione della polizia politica.

Questi sono infatti i temi centrali dei suoi libri: la dittatura, la polizia politica, l’inferno degli interrogatori. Affrontati senza timore fin dalla conferenza stampa organizzata per la visita. La Müller ha infatti ribadito che in Romania gli ex agenti della polizia politica, i “securistii” occupano tuttora posti chiave e cariche importanti. Confessa di aver creduto - “come tanti romeni” - che, dopo la caduta della dittatura, le cose si chiarissero. Ma purtroppo non è andata così e i “securistii” continuano a fare i propri interessi: si conoscono fra di loro e si aiutano a vicenda.

La Müller si è detta convinta di essere ancora pedinata ma ormai crede che questi agenti siano un pericolo più per la Romania che per se stessa. E alla domanda su cosa dovrebbe cambiare in Romania per convincerla a ritornare a viverci la scrittrice risponde che la Romania non deve preoccuparsi. Lei si sente bene a casa propria, ciò che importa è che i cittadini romeni si sentano bene nel proprio paese. Il che è significativo: sempre più romeni infatti, soffocati non solo dalla crisi economica ma, anche e soprattutto dalla crisi morale, dalle promesse non mantenute dei politici e dal continuo circo mediatico dove tutto è centrato sul sensazionale, scelgono o comunque desiderano emigrare.

All’Ateneo Romeno a Bucarest, davanti ad una platea gremita, Herta Müller ha convinto e impressionato il pubblico. La sincerità e la naturalezza con cui ha risposto alle non sempre facili domande del filosofo romeno Gabriel Liiceanu, hanno incantato la platea.

Presentata come “la scrittrice tedesca”, la Müller ha risposto in romeno che alla parola patria preferisce la parola casa. “In Germania ho spesso affermato che l'heimat /la patria è ciò che al contempo non puoi sopportare e non puoi abbandonare. Puoi andartene via fisicamente, ma le difficoltà restano nei tuoi pensieri. La patria ti segue anche se non vuoi. E ti tormenta anche nel luogo dove sei fuggita per salvarti la vita.”

Alla domanda se potrebbe mai tornare in Romania risponde negativamente. Spiegando: “Sono nata qui, ho vissuto di tutto fino all’87 e poi sono stata esiliata. Non sono più potuta ritornare.”

Crede che il ritorno non sarebbe altro che un’illusione. E spiega che l'esilio ti cambia, non torni più come sei partito .E questo - dice - non perché non vorrebbe, ma perché in esilio è cambiata, si è costruita un'altra vita e quando torna non può non notare le differenze. Inoltre il ritorno nella comunità tedesca rumena non ha più senso; nei villaggi sono rimaste tre, quattro persone anziane che non hanno più nessuno e le case di riposo sono diventate “il futuro della minoranza tedesca di questo paese”.

Alle insistenze di Liiceanu, che sottolinea come le ossessioni di Herta Müller durante il comunismo siano state le stesse di altri, la scrittrice ribatte che i cosiddetti appartenenti alle minoranze avrebbero dovuto protestare. Secondo la Müller in Romania non c’è stata una vera e propria dissidenza organizzata e persone quali Radu Filipescu o il prete Gheorghe Calciu Dumitreasa, diversamente da quello che è successo in altri paesi comunisti, sono rimasti casi isolati. In Romania non mi sono sentita dissidente.”Ho voluto vivere normalmente. E la vita quotidiana in fabbrica mi ha nauseato...” E ancora: “Scrivo perché non posso altrimenti, devo capire il mio passato, metterlo in questione devo fare quello che la maggior parte dei romeni si rifiuta di fare”. “Non ho scelta. Non ho voluto solo scrivere. La letteratura è un mezzo per la ricerca e ognuno di noi resta un mistero.” E confessa che non le piace scrivere e che avrebbe preferito fare altro. “Perché i ricordi sono fonte di sofferenza.”

Nei due giorni di soggiorno a Bucarest, il pubblico romeno l’ha ricevuta a braccia aperte e l'ha applaudita con calore. Se prima di ricevere il premio Nobel non erano in molti a conoscerla, ora gode di stima e apprezzamento, nonostante molti suoi critici considerano il Nobel solo un riconoscimento politico.

I fantasmi del passato continuano a tormentarla. La scrittrice ha parlato anche del suo ultimo libro “L’altalena del respiro”, pubblicato in 45 paesi. Un romanzo frutto dei colloqui con il suo amico e confidente, il poeta Oskar Pastior (1927-2006), anche lui appartenente alla minoranza tedesca rumena. Pastior, un superstite dei gulag sovietici, ma anche, come si è recentemente scoperto, un informatore della Securitate, la polizia politica, che avrebbe approfittato di lui facendo leva sulla sua condizione di omosessuale. Nonostante il duro colpo di questa scoperta – il suo miglior amico infatti non le aveva mai parlato di questa collaborazione - Herta Müller trova la forza di difenderlo: "Oskar Pastior non ha avuto via di scampo, era un uomo distrutto. La dichiarazione di impegno non riporta le sue parole. Se non avesse accettato di fare l’informatore, sarebbe stato rinchiuso. Non gli restava altro che impiccarsi o farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico. Era inumano chiedergli questo”.

Vent'anni dopo la caduta del regime comunista, la società romena non è guarita. Le ferite sono ancora aperte e sempre più persone scoprono di essere state pedinate e tradite dalle persone più care: dalle loro famiglie e dai loro migliori amici.

Molti hanno chiesto di vedere il proprio dossier. Alcuni ci sono riusciti, molti altri aspettano ancora una risposta. Nemmeno per Herta Müller è stato facile avervi accesso. La prima volta che ne ha chiesto una copia al Consiglio Nazionale per lo Studio degli Archivi della Securitate il suo dossier non si trovava. Solo l’anno scorso, quando l’ex marito Richard Wagner ha richiesto il proprio dossier, si è trovato anche quello di Herta Müller, sotto il nome cospirativo di “Cristina”.

La scrittrice era stata messa sotto osservazione negli anni ’70. Ma il Servizio romeno di informazioni ha continuato ad “osservala “ con attenzione dopo l’89 durante le sue visite in Romania. Il dossier “Cristina” porta la data dell’agosto 1983 ma un timbro del 1993 dimostra che è stato copiato su un microfilm. Ed ecco spiegata la sensazione della Müller, convinta di essere ancora pedinata.

Inoltre il Consiglio Nazionale per lo studio dei Dossier registra le richieste di chi vuole sapere se è stata pedinato. Ma alla fine sono gli stessi servizi che decidono se dare o meno una risposta. E quando la persona in questione si trova ancora sotto osservazione, le cose si complicano.

Ma di un possibile pedinamento dei servizi, che non sono più la polizia politica, Herta Müller non ha certamente paura di parlare.


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