Non sono persone note al pubblico, conosciuti invece in ambienti politici hanno accumulato fortune durante gli anni passati. La legge sui profitti extra vorrebbe tassare parte del loro capitale, ma la politica stessa sembra opporsi a ciò

01/10/2003 -  Tanja Bošković Podgorica

Edin Efović dovrebbe essere un uomo molto ricco. Almeno secondo gli standard montenegrini. La sua azienda "Jube" ha mediato, tra altro, l'acquisto dei lussuosi aerei per il Governo montenegrino, ciascuno del valore 30 milioni di euro, e in quella occasione ha ottenuto una commissione notevole. Prima che venisse sciolta con decisione del tribunale, la "Jube" era emersa anche in funzione di donatore nelle azioni organizzate del Governo montenegrino.

Efović, in un certo senso, è anche un innovatore molto in gamba, perché a parte la copia della carta d'identità, la quale secondo la polizia sembra che sia stata falsificata, il proprietario di "Juba" ha cancellato attentamente tutte le tracce della propria esistenza. Sembra impossibile, la persona non esiste fisicamente, ma guadagna e spende e non si preoccupa delle tasse.

La descrizione del successo di un ricco uomo montenegrino è molto simile alla storia precedente.Mlađan Dinkić, da prima governatore della Banca Nazionale della Serbia e autore del libro "Economia della distruzione - il grande furto del popolo" descrive l'ambiente nel quale i nuovi ricchi hanno guadagnato il loro primo milione. "Politicamente non riconosciuta, circolata con la guerra, stracciata con il caos monetario, ed isolata con le sanzioni internazionali, la Repubblica federale di Jugoslavia, era la terra promessa per..."
Sappiamo bene come continua. I crediti dell'emissione primaria, le sigarette, il petrolio, l'alluminio, i prodotti alimentari, la costruzione delle case, le privatizzazioni e gli affari legali, condotti però nel periodo di assenza totale della legge.

Per questo i ricchi montenegrini, con rare eccezioni, non hanno una faccia nota. I loro nomi non si fanno, le loro foto non sono sulle pagine dei giornali, i loro affari rimangono fuori dalla vista e dalla curiosità pubblica. Dei loro benefici, unici testimoni sono i presidenti ed i direttori esecutivi dei partiti politici - sia della maggioranza governativa, sia dell'opposizione. La ricchezza l'hanno acquistata grazie alle conoscenze con i rappresentanti delle autorità politiche e monetarie, grazie al monopolio che ha garantito loro le autorizzazioni, le quote per le importazioni, e grazie all'ingegno nell'approfittare delle opportunità che gli erano offerte
Sembra che il tempo degli affari lucrosi sia passato. Si stanno chiudendo i bilanci ed educando i futuri manager, che gestiranno il capitale acquisito. Rimane comunque il fatto che, finalmente, ci si potrà rendere conto se coloro che hanno approfittato nel periodo delle sanzioni sono ancora in debito con la società, oppure potrebbe essere che il governo li lasci in pace a godersi i beni guadagnati. Ecco, però, che si arriva alla questione delle tasse sui profitti extra.

La prima versione della legge sui profitti extra aveva previsto che tutti coloro che, in Montenegro, al tempo delle sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, hanno guadagnato più di 35 mila Euro, debbano pagare una tassa una tantum del 20% del profitto guadagnato. Altrimenti dovrebbero pagare il 40% con la possibilità di essere coinvolti in un processo.

A causa di molte obiezioni questa legge non ha avuto il necessario sostegno. I critici hanno insistito sul fatto che è inutile aspettare che coloro che piena coscienza hanno violato le regole nazionali o internazionali durante le sanzioni, volontariamente debbano rinunciare alla loro proprietà.

Il premier montenegrino Milo Đukanović che si trovava in una posizione analoga durante le sanzioni, è chiaro: "Se siamo sicuri e abbiamo le prove concrete che qualcuno abbia guadagnato capitale in modo non regolare, possiamo chiedergli di rinunciarvi, però nel caso che le prove non esistano sarebbe meglio dare la possibilità alla gente di investire e così avere i propri benefit nella economia montenegrina", e conclude che non è d'accordo con la legge sui profitti extra e neanche con l'idea di trovare un accordo con coloro che in diverse occasioni hanno avuto un profitto.
Tre giorni dopo il presidente, Filip Vujanovic, ha dichiarato "La legge sui profitti extra è necessaria e rappresenta un obbligo del Governo e del Parlamento", ricordando che il governo aveva proposto la propria legge nel periodo in cui lui era premier, però l'opposizione non la aveva accolta.

Il disaccordo di due persone che negli ultimi dieci anni si sostituiscono nelle posizioni del presidente e premier, hanno attualizzato di nuovo la questione. Cosi gli economisti, i politici e gli analisti hanno ottenuto una nuova occasione per discutere delle tasse sulla ricchezza guadagnata negli ultimi 10 anni.

Però sembra che non sia un lavoro facile. Il settimanale "Monitor" ha provato a cercare in Montenegro, tra i favorevoli a questa legge, il nome di almeno una persona che sarebbe soggetta a questa tassa, ma senza alcun successo. ("Monitor", 25 settembre '03)


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