Una rassegna delle posizioni del settore non governativo circa la delicata questione della decentralizzazione macedone, un tema che di giorno in giorno solleva molte reazioni e che potrebbe far riaffiorare i disordini etnici

01/09/2004 -  Risto Karajkov Skopje

 

La Macedonia entra in una nuova fase di possibile insicurezza dal momento che l'opposizione ha annunciato di aver raccolto le 150.000 firme necessarie per indire il referendum con cui sfidare la nuova legge del pacchetto sulla "decentralizzazione". Questa legge, recentemente adottata dal Parlamento, risistema i confini municipali con l'intento di assicurare il bilinguismo, attraverso la creazione di comuni con più del 20% di Albanesi (requisito per l'uso della seconda lingua ufficiale nei comuni abitati da altri gruppi oltre quello di maggioranza).

Questo è uno dei punti principali dell'Accordo di pace di Ohrid del 2001, col quale venne decretata la fine del conflitto armato. La coalizione di governo spinge su questo e ha l'inequivocabile sostegno della comunità internazionale. L'opposizione lo contesta strenuamente, cercando, con successo, di sfruttare la frustrazione della comunità macedone di maggioranza. Se dovesse passare il referendum, esso potrebbe rappresentare potenzialmente un nuovo arresto nella ancora piuttosto fragile comunicazione fra i due principali blocchi, quello macedone e quello albanese.

In realtà è stata un'associazione di cittadini ad aver iniziato il processo per l'avvio del referendum. Il Congresso Pan-Macedone ha iniziato a raccogliere le firme all'inizio dello scorso febbraio, ma il processo ha raggiunto il suo apice solo dopo che l'opposizione vi ha preso parte. Il leader dell'associazione, Todor Petrov, di fronte ad una sorta di ritorno alla scena politica, vanta una lunga esperienza nell'animazione delle proteste dei cittadini. Iniziò la sua carriera pubblica all'inizio degli anni '90 con l'organizzazione di raduni e blocchi delle strade alla frontiera greco-macedone, in segno di protesta alla opposizione greca sull'uso del nome Macedonia. Ciò probabilmente gli procurò un posto in parlamento. Durante il suo servizio come parlamentare si schierò al centro sinistra, mantenendo la sua posizione di deputato indipendente e fu spesso sulla scena pubblica per la sua inesauribile attività. Dopo la fallita rielezione, tornò a far parte dell'attivismo civile, fondando il Congresso Pan-Macedone, un'associazione appartenente alla destra nazionalista. Durante e dopo il conflitto del 2001 sono ritornati a bloccare le frontiere, questa volta tra Macedonia e Kosovo, e ad organizzare proteste.

Un'altra corrente di opinione pubblica sotto forma di associazione di cittadini sta alzando la voce in questi momenti critici. Un ampio gruppo di noti personaggi pubblici, intellettuali, businessman, accademici, raccolti insieme nel Movimento di cittadini per la Macedonia, criticano la strategia del governo e supportano l'idea del referendum. Il Movimento è guidato da Gordana Siljanovska - Davkova, professoressa alla Facoltà di Legge e esperta sui temi del governo locale. Il Movimento ha preso inizio da un potente think tank, "Evrobalkan", lavorando principalmente sulla riforma della pubblica amministrazione e sull'integrazione europea, e da uno dei più noti uomini d'affari della Macedonia, Trifun Kostovski anch'egli parlamentare. Il Movimento raggruppa insieme diverse persone che sono state più o meno e in un modo o nell'altro, impegnati, alcuni lo sono ancora, in politica, sicché i rappresentanti di governo li accusano di sfruttare la situazione per approfittarne politicamente. Il Movimento appena consolidatosi agisce principalmente attraverso dichiarazioni pubbliche e lettere aperte ai rappresentanti del governo e del parlamento appoggiando l'idea del referendum.

Un'altra ONG che ha preso posizione nella bufera politica è l'Helsinki Committee macedone. Hanno pubblicato un cauto comunicato stampa in disaccordo con le azioni del governo, ma osservando con attenzione di non apparire come aderenti ad alcun partito. "la decentralizzazione dovrebbe partire e finire con un'attiva partecipazione dei cittadini... le autorità competenti dovrebbero prendere in considerazione gli interessi opposti dei cittadini e riesaminare ancora una volta i criteri per le definizioni territoriali".

Infine, alcune delle ONG più diffuse in Macedonia per diversi intenti di azione e affiliazioni culturali si sono schierati dietro un comune comunicato stampa, invocando la fine della polarizzazione etnica e politica sulla organizzazione territoriale del Paese. Il Macedonian Centre for International Cooperation, la First Children's Embassy (Prima ambasciata dei bambini) - Medjashi, l'Open Society Institute, ADI, e molte altre ONG hanno firmato la dichiarazione che sostiene sia l'uso delle lingue di minoranza che il processo di decentralizzazione, ma allo stesso tempo critica l'inadeguatezza degli sforzi del governo per raggiungere ciò, definendoli non trasparenti e insensibili all'opinione pubblica.

Se la peggiore crisi politica dal conflitto armato dovesse continuare, è necessaria mantenere una certa prudenza per superare una situazione che aggrava la divisione etnica. Alcune delle ONG macedoni hanno mostrato di averne molta. Molte di loro sono motivate e meglio organizzate, per poter esporre a voce calma le loro ragioni e per evitare una nuova ondata di isteria pubblica che potrebbe condurci ancora una volta nella spirale della follia nazionalista.

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