celinecelines/Flickr

(celinecelines/Flickr)

Skopje arriva tardi all'epurazione dei personaggi pubblici compromessi col passato regime. Ben 20 anni dopo l'avvio della transizione. Come altrove in Est Europa, "rivelazioni" e vendette eccellenti coincidono. Ora tocca all'"eroe" degli albanesi Ahmeti. Ma per il Paese è una stagione di immobilismo politico

17/11/2010 -  Risto Karajkov Skopje

Il processo di lustrazione o lustracija (epurazione dei pubblici funzionari, politici giornalisti, magistrati considerati collaboratori del passato regime comunista, ndr), è stato a lungo rimandato in Macedonia. Al contrario di altri Stati dell'ex blocco orientale, arriva infatti quasi vent’anni dopo la transizione. Ma ha iniziato subito a mostrare tutto il suo potenziale distruttivo.

La fiera dei nomi in codice e delle rivelazioni esplosive

Soltanto alcuni mesi dopo l'avvio delle attività della commissione preposta, la lustrazione  si è abbattuta come una bufera sulla scena politica macedone. E ora la bufera sembra addirittura varcare i confini della Macedonia e portare dritta a Belgrado.

Tutto è cominciato a metà ottobre, quando Shpend Ljushi, docente all'università di Tetovo, vicino al Partito Democratico degli Albanesi (DPA), attualmente all'opposizione, ha trovato, addirittura nel suo cortile, tre files di ex-agenti segreti, che ha consegnato alla polizia. I documenti contenevano informazioni su tre collaboratori dei servizi segreti della ex-Federazione Jugoslava, l’UDBA. I 3 avevano nomi in codice: "Zio", "Drim" (un fiume della Macedonia occidentale), "Strelets" (arciere).

Shpend Ljushi, docente all'università di Tetovo, ritenuto vicino al Partito Democratico degli Albanesi (DPA). E' lui che ha rivelato i tre files dello scandalo (vest)

Guarda caso, le informazioni di questi files riguardavano soprattutto esponenti del maggior partito politico concorrente di quello del professor Ljushi: l’Unione Democratica per l’Integrazione (DUI), l'altra formazione albanese, oggi membro della coalizione di governo. Il DUI è oltretutto il successore politico dell’Esercito di Liberazione Nazionale (UCK), che ha dato il via al conflitto etnico nel 2001 in Macedonia. Il leader del DUI oggi è Ali Ahmeti, fondatore dell'UCK.

Dinamite politica per il Dui, partito albanese al governo

Anche se la commissione ha affermato di non poter verificare i files (sia perché provenivano da fonti estere, sia perché non erano documenti originali), il ritrovamento di queste informazioni si è rivelato dinamite politica a danno del DUI.

I dossier contengono capi d'accusa contro i collaboratori dai nomi in codice, accusati di seri abusi nei confronti della popolazione albanese. Il DUI ha liquidato i files come una montatura e ha puntato il dito contro Menduh Thaci, il leader Partito Democratico degli Albanesi (DPA), suo storico avversario politico, accusandolo di essere il cospiratore che si nasconde dietro il ritrovamento delle carte, di cui non è neppure certa l'autenticità.

Shock nazionale: l'agente Ibar al servizio di Belgrado è l'"eroe" degli albanesi Ahmeti? 

Ma ogni giorno i media rincarano la dose con nuove rivelazioni. Tempo poche ore, è esploso uno scandalo ancora peggiore. In un editoriale in prima pagina, infatti, un importante quotidiano come Dnevnik  ha rivelato un ulteriore file su un collaboratore identificato con il nome in codice "Ibar" (come il fiume serbo).

L'agente segreto è descritto come un valido collaboratore dell’UDBA (Amministrazione per la sicurezza statale, i servizi segreti ex-jugoslavi, ereditati poi dalla Serbia, ndr) per quasi vent’anni, nato in una piccola comunità della Macedonia occidentale. E il pubblico ha riconosciuto nella descrizione niente meno che il leader del DUI e fondatore dell’UCK, l’eroe degli albanesi, Ali Ahmeti. Lo shock è stato enorme.

Il DUI si è affrettato a bollare il documento "una montatura": "non provava nulla, se non le cattive condizioni di salute mentale di chiunque lo avesse prodotto" è stata la reazione ufficiale. Secondo il DUI infatti, dietro al file c'era il suo nemico giurato, il DPA.

Nella carta non mancavano indiscrezioni sulle presunte inclinazioni sessuali dell’agente citato, che avrebbero contributo al suo arruolamento nei servizi segreti, nonché sul suo coinvolgimento in azioni contro l’immigrazione clandestina albanese e sull’ottenimento di un falso passaporto rilasciato dall’UDBA.

Addirittura, il servizio riportava persino le lamentele dell'agente per i ritardi dell‘agenzia di intelligence nei pagamenti. Troppo per essere vero?

Nel mirino, il ruolo di Belgrado nel conflitto etnico in Macedonia

Panorama di Belgrado (mcveja /Flickr)

La domanda si impone: se Ali Ahmeti ha provocato una guerra in Macedonia mentre, allo stesso tempo, lavorava per Belgrado, qual è stato il ruolo della Serbia nel conflitto etnico che ha devastato il suo vicino meridionale?

E' evidente che la lustrazione in Macedonia non ha alcun senso se i files più critici sono comunque conservati a Belgrado. L’UDBA era un'agenzia di intelligence jugoslava; quando la Jugoslavia ha cessato di esistere, probabilmente la maggioranza dei documenti sono rimasti in Serbia.

Si è scatenato un febbrile dibattito pubblico sul possibile ruolo di Belgrado anche nello stesso processo di lustrazione in corso ora in Macedonia: gli schieramenti vedono opposti quanti sostengono che Belgrado debba o no collaborare al processo. Nel primo caso potrebbe dimostrare la propria volontà democratica di affrontare il passato, compreso il regime di Milošević negli anni '90.

Incontro tra i presidenti serbo e macedone, Tadić pronto a collaborare

Cruciale è stato per questo l'incontro tra il presidente macedone Gjorgji Ivanov e il suo omologo serbo Boris Tadić a Belgrado. Tadić si è detto disponibile a collaborare. 

Altri sostengono invece che la partecipazione della Serbia ad un tema così delicato renderebbe la Macedonia vulnerabile. Nessuno sa quale sarà il prossimo file, magari con un potenziale politico devastante.

Per alcuni specialisti di intelligence (per lo più, ex agenti dei servizi segreti) - che in questo periodo vanno per la maggiore sulle tv macedoni - l'idea che servizi segreti stranieri condividano tali informazioni con Skopje è come minimo ingenua. Il dibattito sull’autenticità degli files che scottano va avanti da settimane. Ed evidentemente ha creato frustrazione diffusa, derivante dal non sapere a quale verità credere, moltiplicando la sensazione che "tutto sia un imbroglio", una montatura.  

In tv è gioco al rialzo sulle "rivelazioni". Spie, ospiti fissi degli show

(Guillaume Goyette /Flickr)

Ma perché fermare gli shock, al ritmo quasi di uno scandalo al giorno? Un giornalista controverso ma molto influente, Vasko Eftov, ha intervistato nel corso del suo show “Al Centro” un ex alto ufficiale dell’UDBA in pensione, Božidar Spasić, a Belgrado.

Spasić è stato presentato da Eftov come "un agente-chiave dell’UDBA, incaricato di gestire l’immigrazione albanese". L’intervista è stata quasi surreale. Spasić ha dichiarato che non avrebbe mai rivelato alcun nome, ma ha lasciato intendere che molte delle informazioni dei files circolati in Macedonia erano attendibili. Che cioè, come spesso nella controinformazione, mescolassero elementi veri, verosimili e falsi.

E così in Macedonia ora tutto sembra possibile, perfino l’impensabile.

Spasić ha dato l’impressione di essere franco ma non senza segni di cedimento alle domande più dirette di Eftov. Secondo Spasić, "è un peccato che persone che hanno servito così bene la propria patria (la Jugoslavia) si trovino ora nei guai a causa dei servizi resi al proprio Paese". E si è detto pronto a testimoniare davanti alla commissione per la lustrazione.

Funziona a pieno regime la fabbrica dei dossier

Se i dossier non sono autentici, chi ha interesse a fabbricarli ad hoc? Possono essere semplici montature? Secondo alcuni degli ex agenti segreti diventati ospiti televisivi fissi, i files sembrano troppo realistici per essere contraffatti. Per altri, sono smaccatamente falsi.

Non sono mancati suggerimenti di verificarne l'autenticità negli archivi, dove una traccia dovrebbe comunque essere rimasta. L’UDBA federale infatti si basava sul lavoro di diversi agenti nelle repubbliche, quindi deve per forza essere rimasta qualche prova. Potrebbe però anche essere stata cancellata perché un numero enorme di files è stato eliminato in Macedonia negli ultimi anni.

Ma la querelle ora non si limita a chi sostiene che la verifica dell'autenticità è possibile e chi la nega. Ma si estende anche a chi contesta che siano stati rinvenuti files solo sui sospetti, e non sui collaboratori.

Macchina del fango e immobilismo politico

Veri o falsi che siano, da dove provengono questi files? La risposta più ovvia è Belgrado. Ma Spasić ha affermato, nella sua intervista a Eftov, che negli anni ’90 quando i servizi segreti federali già non esistevano più, l’erede serbo dell’UDBA ha portato i files albanesi a Pristina. Per Spasić dunque i dossier vengono da lì.

Di tutt'altro avviso alcuni suoi colleghi macedoni, per cui i serbi abbandonarono i dossier ritirandosi dal Kosovo dopo la guerra del 1999. A meno che non li abbiano lasciati in Kosovo di proposito, allo scopo di creare il caos. Secondo ambienti dell’intelligence, citati dalla stampa di Skopje, le carte che impazzano in Macedonia sarebbero in vendita a Belgrado per 50 mila euro a pezzo.

A questo punto difficilmente ci sarà mai qualcosa di certo. Dubbi e spionaggio non riducono il danno di queste presunte rivelazioni. Al contrario, lo amplificano.

Obiettivo è persuadere l'opinione pubblica che nessuno è innocente e migliore degli altri. Finora la vittima principale di questo processo in Macedonia è stato il DUI. Non sappiamo, in questo tiro al bersaglio, se sarà l’ultima.


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