Nonostante il difficile e conflittuale processo di assestamento, oggi la Macedonia mostra serie intenzioni di voler garantire equilibrio ed integrazione a tutte le sue componenti etniche. Un esempio che dovrebbe suscitare interesse non solo nei Balcani, ma anche nei paesi UE

18/12/2008 -  Risto Karajkov Skopje

Tempo fa The Economist ha pubblicato un pezzo sulla Macedonia intitolato "Il Belgio dei Balcani?". Nell'articolo si sosteneva che, analogamente al Belgio, la Macedonia è profondamente divisa dal punto di vista etnico, e l'unico elemento che funge da collante interno è l'Europa. Può essere, ma come la mettiamo con la Bosnia? Suona anche meglio: Bosnia, il Belgio dei Balcani.

La comparazione può essere un valido strumento di analisi, ma per essere efficace dev'essere fatta come si deve, altrimenti resta solamente un elemento di stile (certo piacevole e attraente).

Quando quest'anno gli hajjis coloro che compiono il pellegrinaggio alla Mecca, ndr macedoni si sono recati alla Mecca, il primo ministro Nikola Gruevski è andato a salutarli alla partenza. E' stato il primo da quando la Macedonia è indipendente. Nell'augurare loro un buon viaggio ha detto che "l'Hajii è parte della tradizione e della cultura del paese". Il governo ha fornito un'autoambulanza per accompagnarli nel loro lungo viaggio. Il capo della comunità islamica del paese, Sulejman Rexhepi, ha espresso la sua gratitudine e ha affermato che gli hajji "pregheranno anche per il primo ministro e per il governo". Sentimentale, sì, ma perché no? Un governo laico troppo vicino alla religione? In fondo si tratta di un gesto educato.

Analogamente, il ministro della Sanità, Bujar Osmani, ha aggiunto recentemente la circoncisione alla lista di procedure mediche finanziate dal governo. Ha giustificato la decisione, e con ragione, con argomentazioni mediche. La circoncisione riduce di molto il rischio di infezioni a trasmissione sessuale, nonché alcuni tipi di cancro. Ha anche citato altri argomenti di salute pubblica, come il fatto che spesso la circoncisione viene fatta in condizioni poco igieniche. Infine, ha affermato che si tratterà di una spesa irrisoria per il governo: 50mila euro annui per circoncidere 10 mila bambini.

Così, se le argomentazioni mediche sono del tutto idonee, in un paese come la Macedonia non si può certo tralasciare l'aspetto culturale della questione. Alcuni scettici hanno criticato la decisione; altri sostengono che il governo, allora, dovrebbe pagare anche il battesimo dei bambini cristiani. In generale, comunque, nessuno ha voluto alzare polveroni al riguardo.

Il punto è che il governo sta cercando di far rispettare le diversità ogni volta che se ne presenti l'opportunità. Il primo ministro Gruevski non perde occasione per rivolgersi al pubblico in albanese (leggendo le prime e poche parole, ovvio). Al recente anniversario del centenario della creazione dell'alfabeto albanese, celebrato a Bitola, Gruevski era uno dei relatori. Bisogna sottolineare che i politici macedoni non erano abituati a tali gesti in passato. Alcuni notano, oltretutto, che il suo albanese sta migliorando. Certo, non basta, ma comunque ha la sua importanza e contribuisce allo sforzo generale per una buona convivenza.

Certamente la cosa più importante è che tutte le comunità nel paese sentono di avere pari opportunità e pari proprietà del bene comune. Molti analisti sosterrebbero che mescolarsi e piacersi a vicenda non è così importante. Almeno in parte hanno ragione. In alcuni casi, si possono avere buone percentuali di matrimoni misti, ma ciò non aiuta una comunità discriminata a sentirsi più "uguale".

La Macedonia ha avuto delle difficoltà negli anni '90. Il paese non era un'eccezione rispetto ai nazionalismi primitivi che hanno portato l'ex Jugoslavia alla rovina. La "resurrezione" di Alessandro Magno, ma soprattutto le irragionevoli politiche nei confronti degli albanesi, ne sono gli esempi più lampanti.

Secondo alcuni analisti, viste le relazioni tra macedoni e albanesi negli anni '90, è stato un miracolo che il conflitto abbia impiegato così tanto ad esplodere in scontro aperto. Altri accademici hanno messo in luce la coesistenza multiculturale dei secoli scorsi, evidenziando che, nella loro storia, macedoni e albanesi non si sono mai fatti la guerra prima degli anni '90, quando si sono scontrati su temi quali l'istruzione ('95), la bandiera ('97) e, infine, il conflitto armato del 2001. Questo riassunto storico non è neanche del tutto vero, ma descrive il generale senso di coesistenza pacifica tra le due comunità.

L'Accordo di Ohrid che ha messo fine alla (fortunatamente) breve guerra del 2001, ha dato un nuovo aspetto ai rapporti politici tra macedoni e albanesi e ha fatto sentire questi ultimi in una posizione di maggiore parità, stabilizzando definitivamente il paese.

Anche prima dell'Accordo, lo stesso assetto politico macedone garantiva una certa stabilità: i due principali partiti politici macedoni sono acerrimi nemici, così come i primi due partiti albanesi. Al momento è difficile immaginare un governo che non poggi sull'alleanza macedone-albanese.

Oltre ai rapporti agitati tra macedoni e albanesi, il paese è stato un comodo contenitore per molti altri ingredienti. In un recente meeting dei valacchi dell'area balcanica tenutosi in Macedonia, il paese ha ricevuto complimenti per i diritti che riconosce alla loro minoranza. I delegati valacchi hanno affermato che nessun altro li riconosce e li rispetta come la Macedonia. I rom hanno avuto il loro deputato al parlamento, i loro sindaci e i loro canali tv già dagli anni '90. Nella regione tra Struga e Ohrid ci sono diverse comunità di egiziani: i vicini li chiamano ancora "rom", ma ciò che conta, ovviamente, è come uno si definisce all'interno della propria comunità. Turchi, serbi, bosgnacchi, torbesh e tutti gli altri hanno vissuto ben integrati, hanno goduto della tutela delle minoranze e della piena rappresentanza politica fin dall'indipendenza macedone nel 1991.

Sicuramente non si fa mai abbastanza, si può sempre cercare di migliorare, ma gli standard della Macedonia, rispetto a quelli della regione e, addirittura, di qualche stato Ue, non sono da sottovalutare.

Ogni tanto gli animi si scaldano, ma poi tornano a calmarsi. Il nazionalismo è una malattia endemica, e addomesticarla per mezzo dell'istruzione richiede del tempo. Nel breve periodo, prendere seri provvedimenti quando le cose si fanno più critiche può essere l'unica alternativa. Assecondare la "belva", probabilmente, non ha mai fatto altro che aumentare il suo appetito.

Il multiculturalismo, naturalmente, non è un esercizio di facile applicazione. In ogni caso, a parte il sanguinoso assestamento iniziale, alcuni analisti sostengono che la Macedonia resta l'unico valido esempio di riuscita coesistenza etnica nei Balcani.

Questa potrebbe essere anche un'affermazione azzardata, ma vale la pena rifletterci. Forse anche l'Europa potrebbe soffermarcisi un po' di più.


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