A novembre in Kosovo si voterà e saranno un nuovo governo e un nuovo parlamento ad affrontare la questione dello status. Intanto la comunità serba si divide: partecipare o meno all'appuntamento elettorale?

21/08/2007 -  Saša Stefanović

Dopo qualche settimana di dibattito sembra che il Kosovo andrà alle elezioni legislative il prossimo novembre. L'appuntamento elettorale dovrebbe seguire ai 120 giorni di negoziazioni gestite dalla cosiddetta "Troika" - Ue, Stati uniti e Russia - che si conlcuderanno con un rapporto consegnato nelle mani del Segretario Generale Onu Ban Ki Moon, il prossimo 10 dicembre.

Prima che si sappia quindi quale sarà il destino istituzionale del Kosovo quest'ultimo avrà un nuovo parlamento ed un nuovo governo.

In una dichiarazione congiunta rilasciata nei giorni scorsi ai media kosovari il Team negoziale kosovaro per lo status ha chiesto al Rappresentante Speciale Onu in Kosovo, Joachim Ruecker, di fissare una data per le elezioni, suggerendo la terza settimana di novembre.

In quest'ultima si suggerisce inoltre che le amministrazioni locali rimangano in carica per due anni, le istituzioni centrali per quattro e il presidente per cinque, in modo da evitare sovrapposizioni di mandati.

Si è inoltre suggerito l'elezione diretta dei sindaci e una soglia del 5% per entrare in parlamento.

La proposta ora attende una risposta e decisione da parte di Ruecker. Nel frattempo l'amministrazione internazionale, l'Unmik, ha autorizzato la Commissione elettorale centrale ad avviare le procedure per l'organizzazione delle elezioni.

"Come ha ricordato il Rappresentante Speciale Joachim Ruecker, l'Unmik auspica che il processo democratico in Kosovo vada avanti", ha affermato il vice-Rappresentante Steven Shook "ma è altresì importante che il processo elettorale non interferisca con quello sullo status".

Lo stesso messaggio è stato veicolato dal portavoce dal Team negoziale kosovaro sullo status, Skender Hyseni: "Il processo sullo status è una questione al di sopra di tutte le questioni, e quindi tutto il resto le è subordinato".

Anche se in Kosovo un'ampia sezione del panorama politico è a favore di nuove elezioni vi è anche chi preferirebbe posticiparle. Tra questi vi è l'AAK, partito il cui presidente è Ramush Haradinaj, attualmente all'Aja ed ex primo ministro ed i cui rappresentanti occupano ruoli chiave nell'attuale governo tra i quali la poltrona di primo ministro, con Agim Ceku. L'AAK teme, nel caso di nuove elezioni, di ottenere meno seggi rispetto alla tornata elettorale precedente.

Anche i piccoli partiti kosovari, a meno che non riescano a creare coalizioni tra loro, rischiano di perdere molto e di non riuscire ad eleggere alcun rappresentante in parlamento, bloccati dalla soglia del 5%.

E' probabile quindi che il panorama politico kosovaro muti e che compaiano nuove coalizioni politiche. Altra mina vagante sulle prossime elezioni è rappresentata dal fatto che molti partiti, negli ultimi anni, non si sono adeguati alle prescrizioni di legge e ai loro doveri nei confronti della Commissione elettorale centrale.

Secondo l'OSCE vi sarebbero ben 29 partiti politici che a tutt'oggi non rispettano la legislazione vigente. Se non provvedessero a regolarizzare la loro posizione potrebbero venir esclusi dalla tornata elettorale.

Da parte della comunità serba permane, a otto anni dalla fine della guerra, un forte senso di insicurezza e una limitata o del tutto assente influenza sulle istituzioni del Kosovo. Il boicottaggio di queste ultime, suggerito da Belgrado, non li ha certo aiutati ad integrarsi in Kosovo e non ha aiutato lo stesso Kosovo ad uscire dal postconflitto.

Oliver Ivanovic, leader della Lista serba per il Kosovo e Metohija, afferma: "Il boicottaggio delle elezioni nel 2004 è stata un'esperienza negativa. Ora, tre anni dopo, ci siamo autoisolati e non siamo in grado di proteggere gli interessi della comunità serba che rappresentiamo".

"Ascoltare i consigli di Belgrado ci ha portati dove siamo ora. Sarebbe stato meglio se Belgrado fosse stata più collaborativa. Temo che non raggiungeremo mai i risultati del 2001 quando ottenemmo 22 seggi nel Parlamento del Kosovo. Se questo fosse il caso, almeno dal punto di vista teorico, potremmo anche essere nella posizione di chiedere il posto di primo ministro. O perlomeno qualche ministro", aggiunge Ivanovic.

In merito alle prossime elezioni Ivanovic ritiene che queste ultime siano una grande opportunità per tutti i partiti. "In particolare per quelli che insistono sul processo democratico. Ritengo che le elezioni siano molto importanti per la comunità albanese - aggiunge Ivanovic - I loro leader hanno promesso loro l'indipendenza. Ma non sono riusciti ad ottenerla per quando avevano promesso. E le elezioni in qualche modo li bloccheranno. Perché sarà un nuovo governo a gestire lo status".

"Sono sicuro che tutte le piattaforme politiche dei partiti albanesi che correranno alle prossime elezioni saranno simili: al primo posto lo status, poi l'economia e infine la situazione sociale. E l'elettorato seglierà chi riuscirà a dare spunti concreti sul secondo e il terzo punto".

"Per i serbi invece ci sono due cose importanti. Se partecipiamo riusciremo a essere coinvolti nella vita politica kosovara e, cosa ancor più importante, il nostro coinvolgimento politico garantirà la possibilità di rimanere in Kosovo", afferma Ivanovic a Osservatorio.

Ivanovic si è poi detto contrario ad un'eventuale soglia di sbarramento da applicare anche ai partiti della comunità serba aggiungendo: "Se decideremo di partecipare alla prossime elezioni saremo in grado di ottenere 15-16 seggi in Parlamento. Questo implicherà una maggiore influenza politica. Anche se non siamo d'accordo con il piano Ahtisaari non possiamo dimenticare che in quest'ultimo è previsto un nucleo di nuove municipalità serbe con forte autonomia. Non scordiamocene".

Goran Bogdanovic, presidente della sede locale del Partito democratico (DS) e membro della presidenza DS e del Team negoziale serbo è più cauto nell'analizzare la situazione politica ed una possibile partecipazione alle elezioni. "Non posso dire nulla ora dato che non ci siamo ancora incontrati con il direttivo del partito per discutere in modo approfondito la questione. In principio sosteniamo i mezzi legali per perorare le nostre cause politiche". La risposta quindi se i DS partecipaeranno o nmeno alle elezioni in Kosovo arriverà da Belgrado.

Ma in Kosovo ci sono molti altri partiti che rappresentano la comunità serba locale e che stanno diventando politicamente sempre più attivi. Tra questi due - Nuova democrazia, il cui presidente è Branislav Grbić, ministro del governo del Kosovo per le comunità e i ritorni e il Partito liberale indipendente, il cui presidente è Boban Petrovic - correranno sicuramente per le elezioni.

Molto è in gioco alle prossime elezioni. La comunità albanese del Kosovo deve essere in grado di scegliere l'élite appropriata per traghettarla in un Kosovo indipendente, quella serba vuole invece ritornare sul palcoscenico per difendere i propri diritti prima che sia troppo tardi.


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