Una drammatica immagine del Kosovo in fiamme nel 1999

Secondo l'Internationl Crisis Group occorre arrivare all'indipendenza del Kosovo per la metà del 2006. Costi quel che costi. Altrimenti si rischiano nei prossimi mesi nuove violenze. Ma si può prevedere un futuro della regione senza includere nelle decisioni Belgrado e soprattutto non restando nel quadro delle Nazioni Unite e prescindendo dalla prospettiva europea dei Balcani? Un commento di Osservatorio sui Balcani.

27/01/2005 -  Davide Sighele

Kosovo indipendente per la metà del 2006. E' questa la proposta dell'ICG, think tank con sede a Bruxelles, per far uscire dall'attuale impasse quello che da più parti viene definito il "buco nero" d'Europa.

Secondo l'ICG l'attuale status quo rischierebbe, in pochi mesi, di portare a nuova violenza e quindi vi è la necessità che il cosiddetto Gruppo di Contatto, sei Paesi che si sono assunti il ruolo di intermediazione tra la Comunità internazionale e Pristina e Belgrado, prenda al più presto decisioni drastiche.

Se Belgrado non partecipa al processo? Non è necessario l'appoggio delle autorità serbe. E se Mosca pone il veto nelle decisioni che dovrebbero passare attraverso il Consiglio di sicurezza? Per sancire l'indipendenza di uno Stato non servirebbero le Nazioni Unite ma basterebbe che alcuni Stati (di un certo peso si intende) la riconoscano.

Un rapporto, quello dell'ICG, concreto e denso di realpolitik. Viene riportata l'attuale impasse in modo realistico, e per molti aspetti condivisibile. Le posizioni delle parti in causa, in primis albanesi del Kosovo da una parte e serbi del Kosovo e Belgrado dall'altra sono presentate come molto distanti. E chi potrebbe negarlo? L'amministrazione ONU come incapace di dare una svolta alla situazione nonostante vengano riconosciuti i meriti del nuovo Rappresentante Speciale. Le istituzioni provvisorie kosovare come carenti e poco capaci di amministrare anche quanto sia già sotto la loro diretta responsabilità. L'Assemblea del Kosovo, più alto organo rappresentativo della regione? Più concentrata su atti simbolici che non preoccupata a definire ed approvare una struttura di norme di cui il nuovo Stato avrà bisogno. L'Unione europea? Non in grado di occuparsi dello sviluppo economico, settore sotto sua responsabilità in seno all'amministrazione internazionale del Kosovo, figurarsi di amministrare l'intera regione.

Per uscire dalle sabbie mobili, in cui tutti stanno sempre più sprofondando, l'ICG propone una marcia forzata e rapida verso l'indipendenza. Fin da subito il Gruppo di Contatto dovrebbe formalizzare il percorso verso la definizione dello Status, il Consiglio di sicurezza nominare un Inviato Speciale che se ne occupi e l'autorità provvisoria kosovare iniziare a lavorare ad una bozza di costituzione; poi, per l'estate 2005, il Rappresentante Speciale dovrebbe rapportare sul rispetto da parte delle autorità kosovare dei famosi standard (e, si intende, dare un giudizio positivo); nell'autunno 2005 l'Assemblea dovrebbe aver pronto il testo della costituzione e l'Inviato Speciale dovrebbe in un documento denominato "Kosovo Accord" inserire i dettagli della conferenza internazionale che sancirà l'indipendenza del Kosovo; entro la fine del 2005 dovrebbe tenersi questa conferenza internazionale; agli inizi del 2006 sarebbe poi la volta di un referendum in Kosovo sulla nuova costituzione ed infine il "Kosovo Accord" dovrebbe essere approvato dal Consiglio di sicurezza; per metà 2006 l'Unmik dovrebbe passare le proprie responsabilità alle autorità locali e le funzioni di monitoraggio ad un nuovo organismo. La presenza della KFOR dovrebbe essere confermata da un accordo tra la NATO e le autorità kosovare. Se tutto questo non riuscisse a trovare l'avvallo in qualche modo di Belgrado e del Consiglio di Sicurezza l'indipendenza del Kosovo dovrebbe essere riconosciuta de jure dalla Comunità internazionale attraverso i Paesi che sarebbero pronti a farlo.

Un percorso chiaro e lineare. Ma, per rimanere nel campo della realpolitik, come si ritiene che questo processo possa funzionare senza dare peso alcuno ad un approccio il più possibile inclusivo? La definizione dello status del Kosovo non può che non passare attraverso un accordo tra Belgrado e Pristina, seppur forzato.

E' palese a tutti, come nota TOL (Transition Ondine) in un suo editoriale, che al più presto vada avviato un percorso che porti alla definizione dello status. Ma questo non significa che occorra subito arrivare alla definizione di quest'ultimo. TOL sottolinea come attualmente l'approccio inclusivo è tanto importante quanto arrivare ad una rapida definizione dello status.

La vera chiave di volta, a rischio di essere noiosi, non può che rimanere l'Unione europea. Certo, non quella ancora troppo titubante di questi giorni. Javier Solana, all'indomani della pubblicazione del rapporto dell'ICG, non ha saputo (potuto) fare di più che ripetere il mantra degli standard. Prima raggiungiamo gli standard poi si inizierà a parlare dello status. Nebbia fitta.

Ma non si può, come fa ICG, dimenticare l'Europa. O sottovalutare la potenza nella regione dell'idea dell'integrazione. L'Unione, dal canto suo, deve a breve dare un segnale politico forte ed avviare, al più presto, con la Serbia ed il Montenegro, il processo d'allargamento. Senza esitazioni. La carota è ancora gustosa, ma bisogna iniziare a farla assaggiare. Dopodichè si può avviare un tavolo di confronto tra Pristina e Belgrado.

Solo in questo contesto la differenza tra un'indipendenza fortemente condizionata ed un'autonomia molto calcata potrebbe iniziare a diminuire nelle teste dei cittadini di Serbia e Kosovo. Solo in un contesto più ampio, quello europeo, l'indipendenza del Kosovo potrebbe diventare accettabile da Belgrado. Qualsiasi divenga il suo status giuridico dal punto di vista formale il Kosovo dovrebbe diventare una "Regione europea", di un'Europa forte, capace di rendere vivi e reali i valori sui quali si fonda. Un'Europa che non sia solo rapporti diplomatici ma che sappia valorizzare i legami con la società civile dei Balcani stretti in questi anni.

In questo contesto, con queste prospettive, si creerebbero allora le condizioni per trovare un consenso tra le parti, con la Comunità internazionale che non dovrà venir meno a stimolare la stretta di mano tra i due contendenti.

Una prospettiva diversa dalla ricerca del consenso potrebbe essere molto rischiosa. Ed il rapporto dell'ICG rischia di essere percepito dai gruppi più estremisti come un invito a palesare che la situazione in Kosovo non è più sostenibile. Con nuove violenze.

Vai alla pagina dei matriali del convegno Vivere senza futuro. Protettorati d'Europa

Vedi anche:
Il rapporto dell'ICG
L'editoriale di TOL
L'editoriale di Le Courrier des Balkans


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