Vittoria del “Sogno” alle presidenziali di domenica in Georgia che segnano la fine dell'era Saakashvili. Il partito dell'ex presidente resta però una forza di rilievo, mentre delude il risultato della compagine filo russa. Il miliardario Ivanishvili controlla ora le principali istituzioni del paese

29/10/2013 -  Tengiz Ablotia Tbilisi

Il 27 ottobre in Georgia è avvenuto un cambio di presidente nella legalità, senza colpi di stato, rivoluzioni o elezioni anticipate. È la prima volta nella storia del paese. A detta di politici locali e osservatori stranieri, le elezioni si sono svolte con standard pressoché europei, con pochi incidenti gravi e nessuna pressione da parte delle autorità.

Un test per il "Sogno georgiano"

Nonostante il poco noto Giorgi Margvelashvili, candidato del partito di governo "Sogno georgiano" nominato personalmente dal popolare primo ministro, il miliardario Bidzina Ivanishvili, fosse il favorito indiscusso, non si può dire che l'elezione non abbia avuto elementi di interesse.

Si trattava di un test per il "Sogno georgiano", il cui rating negli ultimi mesi, alla luce dei fallimenti in economia, era diminuito. Le elezioni presidenziali avrebbero quindi mostrato quanto la società si fidasse ancora del partito di governo.

Per il "Sogno", era importante vincere al primo turno. Per mobilitare i sostenitori, il partito di governo aveva addirittura annunciato che Margvelashvili non avrebbe partecipato al secondo turno. L'incertezza riguardava la lotta per il secondo posto, ovvero per lo status di principale forza di opposizione, che vedeva contrapposti il candidato dell'ex partito di governo “Movimento Nazionale”, David Bakradze, e la candidata filo-russa Nino Burjanadze. Non era solo un confronto simbolico: chi avesse ottenuto il secondo posto avrebbe avuto migliori probabilità di successo alle prossime amministrative del 2014.

I risultati

Nonostante la bassa affluenza alle urne (46%), il candidato del partito di governo Giorgi Margvelashvili ha ottenuto il 62,09 %, David Bakradze del Movimento nazionale il 21,09 %, la filo-russa Nino Burjanadze il 10,06 %.

Nessuna obiezione è stata sollevata da politici, esperti e organizzazioni internazionali sull'andamento delle elezioni, giudicato trasparente. Nino Burjanadze ha però definito il risultato elettorale come il prodotto di una concertazione tra il partito di governo e il Movimento Nazionale.

Per ciascuna delle tre principali forze politiche, i risultati delle elezioni avranno conseguenze di rilievo.

Il Sogno georgiano è riuscito a dimostrare che, nonostante il netto calo di popolarità tanto del partito quanto di Ivanishvili, è ancora di gran lunga il partito più influente. Ora per la coalizione inizia il periodo più difficile: presto il suo leader indiscusso, come annunciato, si ritirerà dalla vita politica. Questo porterà grandi difficoltà alla coalizione, composta di forze molto diverse che non avevano mai trovato un linguaggio comune e ora dovranno far funzionare un governo senza il carisma unificante di Ivanishvili. Come, non è ancora chiaro.

In questa situazione, era fondamentale che il presidente fosse un rappresentante della coalizione, nonostante il sistema politico stia cambiando: la Georgia dopo queste elezioni diventerà infatti una repubblica parlamentare, e il presidente avrà molti meno poteri rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, nel momento in cui la coalizione divenisse instabile, il presidente potrebbe svolgere un ruolo nel mantenimento dell'unità.

Il Movimento nazionale

Per un partito che fino ad un anno fa governava incontrastato, il 21,09% potrebbe sembrare un insuccesso, ma in realtà si tratta di un ottimo risultato.

Nei venti anni di vita della giovane democrazia georgiana, tutti i partiti che perdevano il potere si sfasciavano nelle prime settimane dopo la sconfitta. Il Movimento nazionale è invece il primo partito che ha perso le elezioni riuscendo a mantenere l'unità e continuare l'attività all'opposizione.

Il Movimento è la prima significativa forza politica georgiana basata sull'ideologia, e su nient'altro. Nonostante i numerosi scandali, episodi compromettenti e procedure penali contro i leader, il partito conserva una propria base elettorale, altamente motivata e organizzata, tra il 15 e il 20%. Questa è la percentuale minima su cui il Movimento nazionale può contare alle elezioni e che consentirà, con qualsiasi governo, di mantenere lo status di grande partito. Dato il contesto, si tratta di un risultato più che positivo.

Nino Burjanadze

Negli ultimi mesi, la Georgia ha visto l'attivarsi senza precedenti delle forze filo-russe, fortemente sotto pressione nel periodo Saakashvili. Il cambiamento non è però dovuto al fatto che il Sogno georgiano sia un partito filo-russo, anzi: quella di Ivanishvili è una coalizione abbastanza filo-occidentale, diretta all'integrazione europea e non al riavvicinamento con la Russia. Ad esempio, non prende in considerazione la possibilità di aderire all'Unione Eurasiatica, posizione che ha provocato una reazione negativa da parte russa.

Tuttavia, la generale liberalizzazione della situazione politica ha favorito anche le forze filo-russe, rappresentate dalla Chiesa ortodossa, vari fanatici religiosi e tradizionalisti che temono la "perniciosa influenza" della cultura occidentale. La semplice retorica utilizzata si basa sulla “unità religiosa con la Russia", il "gay pride in Occidente", e "l'Occidente che vuole cancellare l'identità georgiana".

I tradizionalisti russofili hanno iniziato a guadagnare slancio negli ultimi mesi, con la speranza di diventare la principale forza di opposizione nel paese. Questo era sembrato possibile, ma a quanto pare i georgiani filo-russi sono meno numerosi del previsto, come testimonia il mero 10,06% di Nino Burjanadze. È chiaro dunque che in questa fase Mosca ha subito una forte sconfitta in Georgia.

Appare chiaro, in ultima analisi, che la nuova realtà complica il lavoro del "Sogno georgiano": tanto per cominciare, sarà impossibile attribuire la responsabilità dei propri errori al presidente, che apparteneva al partito di opposizione. In secondo luogo, ora la coalizione di governo dovrà combattere non con l'opposizione, ma con le divisioni interne. Nel 2014, con le elezioni amministrative, la soluzione di questi e molti altri problemi sarà cruciale per il “Sogno”.


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