Lo scorso 9 luglio è stato ucciso in Daghestan il giornalista Akhmednabi Akhmednabiev. Condanna e impegno ad occuparsi delle indagini nelle dichiarazioni delle autorità, cordoglio unanime da parte delle organizzazioni di giornalisti e associazioni della società civile locale

15/07/2013 -  Giorgio Comai

Il giornalista Akhmednabi Akhmednabiev è stato ucciso a colpi di arma da fuoco lo scorso 9 luglio a Semender, in Daghestan, a pochi metri dalla sua abitazione. Akhmednabiev era vice-capo redattore del settimanale daghestano Novoe delo, corrispondente del principale portale di notizie sul Caucaso Caucasian Knot (che sta raccogliendo in un apposito dossier le notizie sul caso) e collaborava con altre testate locali

Nel maggio del 2012, Akhmednabiev aveva reso pubblico di aver ricevuto minacce. Nel gennaio 2013 avevano provato a sparargli, ma era uscito illeso dall'attacco. Allora, le autorità avevano aperto le indagini (senza che si arrivasse ad alcun risultato) solo per i danni materiali al cancello di casa, non per tentato omicidio. Nessuna misura è stata presa dalle forze dell’ordine in seguito alle ripetute minacce, denunciate da Akhmednabiev.

Akhmednabiev era incluso nella lista di 16 nomi resa pubblica nel settembre 2009, in cui anonimi annunciavano che avrebbero fatto vendetta per la morte di membri delle forze dell'ordine e civili. Nella lista erano inclusi avvocati, attivisti per la tutela dei diritti umani e giornalisti, nonché il proprietario della rivista "Chernovik" Khadzhimurad Kamalov, ucciso nel dicembre del 2011 da 14 colpi di pistola.

Irina Gordienko, corrispondente del quotidiano Novaja Gazeta e collaboratrice di Osservatorio Balcani e Caucaso, conosceva Akhmednabiev e aveva visto di persona le minacce che riceveva via sms.

Lo stesso Akhmednabiev, riporta Irina Gordienko in un suo articolo pubblicato sulla Novaja Gazeta , riteneva che le minacce e gli attacchi nei suoi confronti fossero legati agli articoli critici che aveva scritto nei confronti di Ismail Magomedsharipov, a capo del distretto di cui Akhmednabiev era originario.

Akhmednabiev era medico di professione e si era dato al giornalismo solo a partire dalla fine degli anni Novanta. Nonostante il crescente impegno giornalistico, non ha mai abbandonato la pratica medica, lavorando nel centro medico di Karat, suo paese natale. Akhmednabiev, racconta sempre Gordienko, considerata la grande carenza di medici nelle zone di montagna, non trovava giusto abbandonare i suoi compaesani. Anche per questo in paese era una persona stimata, che veniva chiamata a mediare quando emergevano dei conflitti. Proprio sabato scorso avrebbe dovuto tenersi un incontro con rappresentanti religiosi provenienti da Makhachkala per risolvere una disputa legata alla nomina del nuovo Imam. Akhmenabiev era stato scelto per coordinare l'incontro.

Organizzazioni come Human Rights Watch e Amnesty International hanno subito denunciato l’accaduto e richiesto alle autorità russe di intervenire per individuare i colpevoli ed evitare che domini un clima di impunità per chi uccide giornalisti in Caucaso del nord. Condoglianze e note di sostegno e impegno a seguire le indagini sono arrivate dai vertici del Daghestan, dall’unione dei giornalisti russa e da varie organizzazioni della società civile daghestana.


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