Mare in Croazia (foto crot85)

Mare in Croazia (foto crot85 )

Mare inquieto, un racconto autobiografico a fumetti, un lungo viaggio per mare che Helena Klakočar e la sua famiglia, il marito e la figlia Iskra, decidono di intraprendere nella primavera del 1991, ai primi segnali di instabilità politica nella ex Jugoslavia. Una nostra recensione

10/08/2011 -  Luciano Panella

“Questa è la vera mancanza di libertà” è il triste commento della protagonista di Mare inquieto, rivolta al marito, quando si rende conto che nel porticciolo dove sono ancorati con la loro barca, gli occupanti della barca accanto, pur essendo croati come loro, non gli hanno rivolto la parola perché credono che siano serbi. ”Noi avevamo ancora la bandiera Jugoslava e anche i passaporti… d’altronde gli stessi che avevano loro” ricorda ancora l’autrice, ma siamo nel luglio 1991, all’inizio dello sfaldamento delle Jugoslavia e, con il frantumarsi dell’identità comune, si rafforzano i singoli nazionalismi, mentre cresce di pari passo la paura dell’altro, paura che assume i contorni dell’indifferenza, della diffidenza o, peggio, dell’ostilità.

Mare inquieto (Trieste, Comunicarte Edizioni, 2011) ripercorre autobiograficamente in belle tavole a fumetti il lungo viaggio per mare che Helena Klakočar e la sua famiglia, il marito e la figlia Iskra, decidono di intraprendere nella primavera del 1991, ai primi segnali di instabilità politica, nella speranza che nei mesi a venire la situazione si stabilizzi per il meglio. Purtroppo non sarà così, e il viaggio diventa quasi un esilio, da un paese all’altro, tra Grecia, Italia, Albania, per terminare temporaneamente ad Amsterdam, sempre nell’incredulità per quanto sta accadendo nel cuore dell’Europa del XX secolo.

Helena è un’artista, lei ed il marito lavorano come operatori culturali a Zagabria, sono persone colte, abituate a muoversi in un ambiente culturale trasversale, vivace e libero; per entrambi il crollo della “casa comune” Jugoslava  ha anche un fortissimo impatto intellettuale. Non è solo la perdita del proprio lavoro, le difficoltà materiali, la paura per il futuro, ma anche lo spaesamento per la sottrazione di uno spazio collettivo comune, il disorientamento per doversi dichiarare in un modo piuttosto che in un altro, il “noi” contrapposto al “loro”, un disagio espresso da tanti scrittori dell’ex Jugoslavia, basti pensare a Dubravka Ugrešič o ad Aleš Debeliak.(cfr. i loro saggi nella raccolta Nostalgia, Milano, Paravia-Bruno Mondatori Editore, 2003).

Dichiarare le proprie origini diventa rischioso e occorre stare attenti quando si parla: la piccola Iskra sembra aver interiorizzato questa necessità quando, in uno dei tanti porti in cui attraccano, una turista benevola le chiede da dove viene, e lei risponde senza esitazione “dalla barca!”. Ormai il viaggio non è più una vacanza, è una necessità, e forse lei stessa non saprebbe più dire chi è.

Nel loro lungo vagare, Helena e la famiglia seguono a distanza gli avvenimenti in Jugoslavia cercando di capire le notizie in un'altra lingua in città straniere piene di turisti in vacanza “Non capivamo la lingua, ma capivamo i nomi delle nostre città” e incontrano tanti personaggi, a volte simpatici, a volte ostili, mentre l’autrice guadagna da vivere facendo ritratti ai turisti, spesso scontrandosi con l’opposizione degli artisti locali.

Mare inquieto, più che un romanzo, ha la struttura di una raccolta di appunti, di schizzi, come gli schizzi in bianco e nero dei luoghi attraversati, dove gli episodi assumono spesso contorni surreali, diventano quasi delle metafore sulla vita.

Gli episodi e i personaggi sono ritratti con uno stile molto personale, senza retorica e senza enfasi, con leggerezza, perché “viaggiare in barca è così affascinante… così facile… attraversare con leggerezza le vite altrui”.


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