Il cuore nel pozzo

Dure reazioni in Croazia alla proiezione dello sceneggiato televisivo "Il cuore nel pozzo", prodotto dalla Rai e dalla Rizzoli audiovisivi. Secondo il quotidiano di Fiume/Rijeka Novi List, si tratta del peggior film di propaganda mai realizzato. L'opinione di Furio Radin, rappresentante della minoranza italiana al Parlamento di Zagabria, e della Unione dei Soldati Antifascisti. Tace la Zagabria ufficiale

07/02/2005 -  Drago Hedl Osijek

"Sporchi e malvagi partigiani di Tito sterminano Italiani innocenti". Con questo titolo a tutte colonne, il quotidiano di Rijeka (Fiume) "Novi List" ha pubblicato sabato scorso in terza pagina il servizio di Elio Velani, corrispondente dall'Italia che, insieme ad alcune migliaia di rappresentanti della alta società triestina, ha partecipato alla visione del film "Il cuore nel pozzo" nella sala da concerti "Tripcovich". Il giornale di Rijeka parla del film come dell'"assalto alla storia da parte della destra italiana", riportando che il film "conduce il pubblico italiano negli abissi delle foibe dove la destra italiana ha trovato il proprio senso più profondo dell'esistenza."

Questa è, allo stesso tempo, la reazione più forte che si è potuta ascoltare in Croazia a proposito del film "Il cuore nel pozzo", una fiction che descrive le sofferenze dei soldati italiani nella ex Jugoslavia (in particolare nelle ex repubbliche di Croazia e Slovenia) dopo la disfatta dell'armata di Mussolini nel corso della seconda guerra mondiale. La Zagabria ufficiale infatti non ha commentato, il che è comprensibile dal momento che la leadership del Paese è totalmente concentrata sul caso del generale Gotovina e sulla ferma posizione espressa dall'Unione Europea. Per Bruxelles, infatti, la data per l'apertura dei negoziati di ingresso nell'Unione, fissata per il 17 marzo, non verrà rispettata a meno che il generale croato latitante non compaia davanti al Tribunale dell'Aja entro quel giorno.

Il corrispondente di Novi List descrive il film come "l'esempio difficile da eguagliare del film di propaganda più brutto, maldestro, assurdo e inappropriato che sia mai stato fatto", e sostiene che sia molto peggio dei film simili prodotti in Jugoslavia sui partigiani e le loro avventure di guerra. "Dopo questo film, apparirà chiarissimo a tutti cosa intende la destra italiana quando parla della necessaria revisione degli eventi storici. E' alla stessa destra italiana che va attribuito il maggiore credito per la produzione di questo film, mentre la televisione di Stato Rai non ha fatto che dare ascolto ai leader attuali finanziando servilmente l'intero progetto", afferma Novi List.

Il quotidiano sostiene le proprie affermazioni citando un anonimo giornalista de "Il messaggero" che, secondo Novi List, dichiara: "Viene posto un parametro incredibile: le vittime innocenti delle foibe sono state uccise ancora una volta da questo film". Oltre a questa citazione, Novi List pubblica anche l'opinione del noto storico triestino Fulvio Salimbeni che dichiara che si tratta di un "lavoro vergognoso" e che gli esuli istriani dovrebbero citare in giudizio il produttore del film per "il totale travisamento della ricostruzione storica degli eventi." Tuttavia, sono stati gli stessi esuli, secondo il corrispondente di Novi List, a enfatizzare il significato del film, e sarebbero stati loro i più rumorosi nella sala tra quelli che gridavano "Hurrah, sono arrivati i nostri", nella scena in cui il giovane soldato italiano Ettore, ritornato dalla Russia, uccide due partigiani.

Se da un lato non ci sono state reazioni al "Cuore nel pozzo" da parte della Zagabria ufficiale, la Unione dei Soldati Antifascisti della Croazia è però intervenuta nel dibattito. Il segretario della sezione istriana dell'organizzazione, Tomislav Ravnic, ha affermato che gli antifascisti croati sono sconvolti dal fatto che i media italiani scrivano che i partigiani uccidevano gli Italiani solo in quanto Italiani. "Questa è una menzogna - dichiara Ravnic - quando nel 1943 abbiamo catturato 15.800 soldati italiani, non gli è successo nulla. Avevamo un rapporto umano nei confronti dei prigionieri italiani. E' per questo che io dico a Berlusconi, a Fini e alla compagnia che dovrebbero inchinarsi di fronte ai nostri soldati che hanno salvato migliaia di persone. I partigiani non hanno ucciso gli Italiani, ma i fascisti che sono stati condannati dai Tribunali nazionali."

Oggi, tuttavia, nessuno in Croazia nega che ci siano state molte vittime nel periodo delle foibe. Furio Radin, rappresentante della minoranza italiana nel Parlamento croato, dichiara: "Non dobbiamo dimenticare quello che abbiamo dimenticato negli ultimi 60 anni, le foibe. Ci sono state vittime collaterali, e c'erano naturalmente anche i fascisti. Resta il fatto che finire la propria vita all'interno di una caverna non è normale, indipendentemente dal fatto che uno fosse un fascista oppure no, e bisogna ricavarne un insegnamento affinché una cosa del genere non possa più ripetersi." In Croazia si parla solitamente di circa 500, 600 Italiani uccisi nelle foibe, ma il pubblico conosce anche le fonti italiane secondo le quali circa 17.000 persone sarebbero state gettate nelle foibe. "Posso affermare che secondo alcuni storici considerati esperti della materia circa 5.000 persone sarebbero morte nelle foibe. Il fatto è che la maggior parte delle foibe era situata nel territorio che ora appartiene alla Slovenia, anche se ce n'era un numero considerevole anche in Croazia, in Istria", dichiara Furio Radin.

Qualche tempo fa, Radin ha proposto la edificazione di un monumento alle vittime delle foibe in Istria, ma questa idea ha incontrato la opposizione della Unione dei Soldati Antifascisti. Radin ritiene che ancora oggi questa questione sia troppo legata alla politica, e sostiene la necessità di una ricerca della piena verità storica. Non ritiene, tuttavia, che agli Italiani venga costantemente detto che sono gli stranieri a dover essere accusati per tutto quello che è accaduto di sbagliato nella propria storia: "A parte Trieste, il resto dell'Italia non ha nessuna idea delle foibe, non sanno quello che stava accadendo durante la seconda guerra mondiale in Istria e Dalmazia, e non hanno alcun interesse per questa parte della storia", dichiara Radin.

La Croazia ha cominciato a parlare di foibe e di azioni criminali commesse dai partigiani durante la seconda guerra mondiale solo dopo l'indipendenza e il riconoscimento internazionale, nel 1992. La destra ha cercato di abusare di questo fatto storico per presentare l'intero movimento antifascista come criminale, e per dare una stessa identità ad antifascismo e comunismo. Negli ultimi anni, tuttavia, l'attuale sinistra croata ha affermato la necessità di un approccio storico obiettivo al problema, anche se in realtà nel corso del governo di sinistra (2000-2003) non sono stati fatti particolare sforzi verso questo obiettivo.


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