Rimpianto di una migliore qualità della vita e espressione di appartenenza ad un comune milieu culturale, la jugo-nostalgia esula da una sfera unicamente politica e coinvolge vecchi e giovani. Che ora dicono: "Era meglio".

16/06/2004 -  Drago Hedl Osijek

Neppure un mese fa, il 25 maggio, gente comune e ex combattenti partigiani hanno celebrato il compleanno di Josip Broz Tito, il presidente jugoslavo morto nel 1980, a Kumrovec, suo luogo di nascita. Ora, il 22 giugno prossimo, Zagabria ospiterà la presentazione del libro "Lessico della mitologia jugoslava". I due eventi, apparentemente non collegati fra loro, dimostrano che una parte della popolazione croata continua a serbare una certa nostalgia per la Jugoslavia, il rimpianto per la vita nell'ex Stato dei Serbi, Croati, Bosniaci, Sloveni, Montenegrini, Macedoni e Albanesi.

Mentre il raduno nella Kumrovec di Tito, luogo che una volta rappresentava la meta obbligatoria di gite scolastiche, rappresenta una cerimonia quasi rituale dei rimanenti antifascisti, il libro che verrà presentato a Zagabria è una vera enciclopedia della jugo-nostalgia.

Uno degli editori, Đorđe Matić, di Zagabria, afferma che questo libro, piuttosto corposo, con le sue 400 pagine e quasi un migliaio di note, è un promemoria di ogni cosa che i cittadini della ex Jugoslavia ricordano ancora oggi con rimpianto a proposito dei suoi 50 anni di esistenza. Tra le mille voci del "Lessico della Mitologia Jugoslava" ci sono notizie sulla prima macchina jugoslava, la italiana Fiat 750, costruita sotto licenza; i viaggi a Trieste per comprare beni dell'Europa occidentale che non si potevano trovare nei negozi della Jugoslavia; i primi gruppi rock jugoslavi; le vacanze di massa nelle residenze estive dei lavoratori, i viaggi delle squadre di lavoro giovanili, e personalità come quella del presidente Tito.

La nostalgia per la Jugoslavia è davvero così diffusa nella società croata odierna? La questione è stata nuovamente sollevata quando i voti della Croazia hanno assegnato il massimo dei punti alla canzone della Serbia e Montenegro al festival della canzone Eurovision, che si è tenuto a Istanbul all'inizio di maggio.

Se una cosa simile fosse capitata solo 5 o 6 anni fa, durante la presidenza di Franjo Tuđman, si sarebbero avute grandi reazioni da parte dei politici e commenti sui giornali e le televisioni controllati dal governo, che avrebbero definito l'episodio come un tradimento. Allo stesso tempo, si sarebbe lanciata una battaglia contro le "forze non ancora sconfitte" che rifiutano di vedere la Croazia come un Paese autonomo, sovrano e indipendente, e che invece cercano di restaurare la Jugoslavia.

In effetti, la jugo-nostalgia era considerata più o meno come tradimento durante il governo autocratico del presidente croato Franjo Tuđman (1990-1999). La paranoia di Tuđman aveva portato a cambiare i nomi delle squadre di calcio, anche se i tifosi della popolarissima "Dinamo" di Zagabria, il cui nome era stato cambiato in "Croazia", continuavano a gridare il "sacro nome di Dinamo" durante le partite. Tuđman aveva detto loro che se volevano tifare la Dinamo era meglio se si trasferivano nella cittadina jugoslava di Pančevo, che aveva una squadra con lo stesso nome.

Ogni qualvolta ci fosse stata una espressione pubblica di rimpianto nei confronti di qualcosa che era bello nella Jugoslavia - fossero anche state cose assolutamente non minacciose come la musica o il cinema - lo si etichettava come jugo-nostalgia. Uno jugo-nostalgico era meritevole di disprezzo e persona non gradita nella società croata.

E tuttavia, il fatto che oggi i Croati abbiano attribuito il massimo dei punti proprio alla canzone della Serbia e Montenegro non ha causato particolare turbamento. Allo stesso modo, ora non c'è più molto trambusto rispetto alle magliette con l'immagine di Josip Broz Tito che vengono vendute in molti mercati in Croazia.

"Le magliette sono acquistate soprattutto dalla generazione più giovane, quelli che non erano neppure nati quando Tito è morto - ci dice un venditore al mercato di Osijek, la quarta città più grande della Croazia, nel nord est del Paese. Vedono queste magliette così come noi vedevamo quelle con il volto di Che Guevara, dice il negoziante, il cui commercio sembra andare bene."

"I film serbi si vendono bene - dichiara il proprietario di una videoteca di Vukovar, la città croata che ha più patito durante la guerra tra Croazia e Jugoslavia nel 1991, e che è oggi considerata come un simbolo della sofferenza della Croazia. Io credo che si tratti di jugo-nostalgia. La gente si sente più vicina a questi film che a quelli stranieri. Capiscono la lingua, e le situazioni affrontate sono simili a quelle che vedono nel proprio Paese."

Dražen Lalić, noto sociologo di Zagabria, ha un'opinione simile: "La jugo-nostalgia è un sentimento molto comune in un segmento della popolazione, e non solo tra i più anziani, ma anche tra i più giovani. Questi ultimi, tuttavia, lo sentono solamente a livello culturale, e non politico", spiega Lalić. "Dopo una lunga insistenza sul fatto che la Croazia appartiene esclusivamente al milieu culturale della Europa centrale e mediterranea, ora diventa sempre più evidente che, prendendo in considerazione lo stile di vita dei propri cittadini, la mentalità, i simboli e tutto quanto costituisce la cultura, la Croazia appartiene anche al milieu culturale balcanico. E noi associamo questo con la Jugoslavia, così che tutti quelli che sentono come proprio questo milieu - perché ne comprendono la lingua e la vicinanza culturale - vengono definiti jugo-nostalgici.".

Lalić sostiene che gli jugo-nostalgici politici comprendono un numero poco significativo di anziani e di persone che hanno perso le proprie posizioni politiche al momento della divisione del Paese. Oggi, ricorda Lalić, le persone di questo tipo sono molto poche.

"La jugo-nostalgia esiste, ma la gente non rimpiange la Jugoslavia come ex Stato; rimpiangono la qualità della vita di cui lì potevano godere. Credono che la vita fosse molto migliore in Jugoslavia - erano più sicuri, avevano uno standard di vita superiore, un lavoro sicuro e un miglior sistema sanitario di quello che hanno ora" - afferma Milanka Opačić, 36 anni, vice presidente del partito socialdemocratico (SDP), un partito che i nazionalisti accusavano di tendenze pro jugoslave mentre era al potere nel corso degli ultimi 4 anni.

Le parole della nota esponente politica della giovane generazione riecheggiano in quelle di Josip Horvat, un pensionato, che lavorava per la grande ditta di Zagabria "Rade Končar".

"Avevo un lavoro sicuro, una cosa che i miei figli non hanno; non dovevo pagare per la assicurazione medica addizionale, cosa che i miei figli invece devono fare; potevo camminare per Zagabria nel mezzo della notte, senza preoccuparmi del fatto che qualcuno avrebbe potuto derubarmi, cosa che ora invece neppure oso fare. Era meglio, la vita era più semplice e non c'erano così tanta criminalità e furti - dice Horvat."

I politici e i media croati non spaventano più il pubblico con la possibilità di una restaurazione della Jugoslavia, come durante i tempi di Tuđman. La Croazia si sta avvicinando alla Unione Europea, nella quale spera di entrare nel 2007, insieme a Bulgaria e Romania. La Jugoslavia viene ora considerata come un qualcosa di andato per sempre, un tentativo politico fallito impossibile da resuscitare. Questo è il motivo per cui i rimanenti jugo-nostalgici in Croazia sono ormai considerati come dei romantici, non dei nemici dello Stato, come durante il periodo del governo del nazionalista Franjo Tuđman.


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