Aggressioni nei confronti di ritornanti serbi e un pamphlet antisemita gettano nell'imbarazzo la Zagabria ufficiale. Pronte reazioni e condanne da parte di Mesić, del governo e dell'ambasciatore a Tel Aviv. Ma c'è una Croazia che scava nel fango

31/07/2006 -  Drago Hedl Osijek

Quattro croati in stato di ebbrezza hanno provocato un grave incidente martedì scorso, 25 luglio, quando hanno preso a sassate le case di ritornanti serbi e hanno incendiato il loro cortile a Biljani Donji, non lontano da Zara. Lo stesso giorno l'ambasciatore croato in Israele, Ivan Del Vechio, ha presentato una lettera di scuse al direttore del centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, dr. Efraim Zuroff, per il pamphlet antisemita apparso sul portale ufficiale della contea di Požeg, cittadina della Croazia centrale. Due incidenti senza alcuna relazione tra loro, ma con serie conseguenze sul piano internazionale, che per la Croazia arrivano nel momento meno opportuno. Il paese sta infatti compiendo ogni sforzo possibile per accellerare l'ingresso nell'Unione Europea.

I ritornanti serbi erano fuggiti dalla Croazia durante l'operazione "Tempesta", lanciata dall'esercito croato nell'agosto del 1995 per riconquistare il territorio controllato dal 1991 dai ribelli serbi di Croazia. L'attacco nei confronti dei ritornanti avviene nel bel mezzo del tentativo dei due governi - quello serbo e quello croato - di normalizzare del tutto le relazioni profondamente danneggiate dalla guerra. I facinorosi sono stati arrestati (tra di loro c'era anche un ex poliziotto), e il governo croato ha severamente condannato l'attacco nei confronti dei ritornanti serbi. Il presidente Mesić ha avuto un colloquio telefonico la sera stessa con il proprio omologo serbo, Boris Tadić, esprimendo il proprio rammarico per quanto avvenuto. Il giorno dopo l'incidente Mesić ha visitato le famiglie vittime dell'assalto, facendo loro sapere direttamente che la Croazia non avrebbe tollerato la violenza. "Questo paese funzionerà secondo gli standard europei", ha dichiarato Mesić ai coniugi Svetozar e Sofija Škorić, la cui casa è stata presa a sassate. "Le pietre che sono state gettate contro la vostra casa - ha aggiunto Mesić - non erano dirette solo contro di voi, ma contro il governo croato".

Mesić e la vicepremier Jadranka Kosor, tuttavia, sono stati accolti anche dalla rabbia degli abitanti dei villaggi circostanti. Tra loro c'erano anche quelli di Škabrnje, paese in cui, durante la recente guerra, il 18 novembre 1991, i ribelli serbi avevano ucciso 43 croati. Questi protestavano chiedendo che i propri concittadini, arrestati dalla polizia dopo gli incidenti, venissero rimessi in libertà.

Milorad Pupovac, rappresentante della minoranza serba nel parlamento croato, si è dichiarato rassegnato per l'attacco nei confronti dei ritornanti. "La cosa vergognosa è che la casa attaccata è di una persona che non si è macchiato le mani durante la guerra, e che peraltro due anni prima aveva ospitato anche il premier Sanader. Non è possibile ottenere giustizia per la tragedia di Škabrnje attraverso vendette infamanti condotte contro persone innocenti", ha dichiarato Pupovac.

"Non so come questi fatti verranno qualificati, ma bisogna chiamare le cose con il proprio nome. Questo è un crimine prodotto dall'odio, che deve essere sanzionato in quanto tale", ha aggiunto Pupovac.

Le case attaccate dai 4 croati ubriachi erano state visitate due anni fa dal premier croato Ivo Sanader. La visita era avvenuta nel quadro del tentativo del governo di rendere più rapido il ritorno dei profughi serbi, e di assicurare condizioni normali di vita nei luoghi del ritorno.

L'attacco contro le case delle famiglie serbe a Biljani Donji è avvenuto solo tre settimane dopo la visita del presidente serbo in Croazia. In quell'occasione, Tadić aveva visitato anche Knin, la ex capitale dei ribelli serbi. Una settimana prima degli incidenti, invece, il premier croato Ivo Sanader era stato a Belgrado dove aveva incontrato il primo ministro serbo Vojislav Koštunica.

L'aggressione nei confronti della minoranza serba, tuttavia, non è stato l'unico episodio a proiettare recentemente una pessima immagine sulla Croazia, e a rendere più difficile il cammino di questo paese verso l'Unione Europea. Sul sito ufficiale della contea di Požeg è infatti comparso un testo pseudo umoristico che descrive in maniera insultante gli ebrei in quel territorio, deridendo il dott. Efraim Zuroff, direttore del centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, per i suoi sforzi diretti a far sì che Milivoj Ašner (che oggi vive in Austria ma è nativo di Požeg), indiziato per crimini di guerra contro gli ebrei nel corso della seconda guerra mondiale, venga condotto di fronte alla giustizia.

L'ambasciatore croato a Tel Aviv, Ivan Del Vechio, si è scusato con Zuroff per il pamphlet antisemita, spiegando essersi trattato dello scherzo di cattivo gusto di un singolo individuo che non aveva nessuna relazione con la politica ufficiale della Croazia nei confronti di Israele e degli ebrei. Del Vechio ha scritto che ormai da anni fino a 100.000 turisti provenienti da Israele trascorrono l'estate in Croazia, e mai nessuno di loro ha dovuto rivolgersi all'ambasciata per una qualsivoglia lamentela rispetto all'accoglienza dimostrata nei loro confronti. Al contrario, ha dichiarato l'ambasciatore croato in Israele, le uniche parole espresse sono state di elogio.

Il problema, tuttavia, è che il pamphlet antisemita è comparso sulla pagina ufficiale della contea, e la sua pubblicazione è stata sostenuta tra gli altri anche dall'ordinariato vescovile di Požeg e da diverse associazioni di veterani della seconda guerra mondiale.

L'anno scorso, il cimitero ebraico di Požeg è stato devastato, i monumenti funerari rovesciati e distrutti, e in diversi posti, in città, sono apparsi manifesti con le scritte: "Serbi e ebrei fuori da Požeg".

"Ci addolora che si sia verificato questo incidente e questo sconsiderato pamphlet che è al di sotto di qualsiasi commento. Non si tratta di umorismo, questa è un'offesa rivolta verso un popolo, gli ebrei, che ha dato un grande contributo allo sviluppo della città di Požeg e al territorio circostante", ha dichiarato a Osservatorio sui Balcani i prefetto di Požeg, Zdravko Ronko. "La città di Požeg e io personalmente, quando ero sindaco, abbiamo fatto molto per la restaurazione del cimitero ebraico che oggi è un monumento culturale. Cerchiamo di fare in modo che a Požeg sia ricostruita la sinagoga che c'era fino al 1941, quando è stata distrutta. Požeg è una comunità tollerante e ci dispiace che qualcuno di questa città voglia presentarla sotto una luce diversa".


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