Croazia: il calcio alla memoria

26 novembre 2013

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Josip Šimunić, difensore della nazionale croata, è stato punito con 25.000 kune di multa dalla Procura di Stato per il suo urlo fascista scandito alla fine della partita contro l'Islanda.

Il gesto del calciatore, secondo la dichiarazione diramata venerdì scorso dalla Procura croata "simbolizza il saluto ufficiale utilizzato durante il regime totalitario dell'NDH (Stato Indipendente di Croazia) e in quanto tale rappresenta una manifestazione di ideologia razzista, di disprezzo nei confronti di persone per la loro appartenza religiosa e etnica e di banalizzazione delle vittime di crimini contro l'umanità". 

Le dichiarazioni di Šimunić a propria difesa non sono servite a evitare il massimo della pena prevista per la violazione dell'articolo 4, comma 1, della Legge 117/03 che sanziona "cantare canzoni o usare messaggi il cui contenuto inneggia all'odio e alla violenza basate su appartenenza di razza, nazionale, regionale o religiosa".

Ora il gesto di Šimunić, come confermato a FourFourTwo da un portvoce della FIFA, è al centro anche di un procedimento disciplinare aperto nei confronti della Federcalcio croata. "Le sanzioni della FIFA saranno rigorose ma non draconiane, per non rovinare l'atmosfera dei mondiali" ha dichiarato Zoran Stevanović, presidente del comitato croato del FAREFootball Against Racism in Europe. "Prevedo decidano di tener fermo Šimunić per sei partite e prescrivano alla Federazione l'obbligo di giocare le qualificazioni a tribune vuote" ha concluso.

Nel frattempo sui giornali e sui social continua il dibattito sul caso Šimunić, tra chi lo accusa di aver volutamente usato quel saluto ustascia e chi invece ritiene non ci fosse questa volontà. Tra questi il giocatore serbo Marko Pantelić, che con Šimunić ha giocato anni fa nell'Herta Berlino: "Penso che quando ha usato quel saluto non fosse cosciente del fatto che era il motto usato nel periodo delle violenze perpetrate durante l'NDH". Pantelić ricorda sulle pagine dei media croati e serbi, che Šimunić è nato in Australia, ha vissuto a lungo in Germania e fino a pochi anni fa in Croazia ci veniva poco: "Avendo studiato in Australia è probabile che non abbia avuto modo di entrare in contatto con chi conosceva la storia di quel saluto".

Pantelić ha però concluso affermando che "se invece [Šimunić] sapeva del contesto del motto, dovrà pagare per aver offeso non solo le vittime della Seconda guerra mondiale ma anche i suoi amici, tra i quali molti sono serbi".


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