Le vittime della Seconda guerra mondiale tornano a far discutere la Croazia. Alla commemorazione annuale del lager di Jasenovac duri attacchi alla Chiesa cattolica, accusata di aver sostenuto gli ustasa filonazisti

02/05/2008 -  Drago Hedl Osijek

La Chiesa cattolica in Croazia ha reagito in modo burrascoso alla dichiarazione secondo cui "gli ustaša avrebbero goduto del generoso aiuto della maggior parte del clero cattolico, che anche oggi come estremo bastione difende tale sistema. Questa accusa, subito rigettata dalla Chiesa, è stata mossa da Ivan Fumić a Jasenovac, campo di concentramento del regime filonazista ustaša durante la Seconda guerra mondiale, in qualità di rappresentante degli internati di questo lager. Qui, in presenza del presidente croato Stjepan Mesić, Fumić è intervenuto in occasione della ricorrenza del 63simo anniversario della liberazione degli internati del lager, in cui sono state uccise 72.193 persone. Su questi crimini esiste una documentazione comprensiva di dati biografici, modalità di esecuzione e responsabili dei crimini. Del numero totale delle vittime, più della metà sono serbi, poi rom ed ebrei, ma anche croati antifascisti.

Il lager di Jasenovac, 63 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, è divenuto ancora una volta oggetto di veementi scontri in Croazia, che non conoscono battute d'arresto. Il fatto che il vertice della Chiesa cattolica non abbia mai fatto visita al luogo in cui si trovava tale campo di esecuzione, che molti descrivono come la macchia più vergognosa della storia croata, lascia pensare che la Chiesa non rispetti queste vittime innocenti, cosa a cui alludeva Fumić nel suo discorso. "Molti preti all'interno del sistema ustaša hanno formato organizzazioni affini, hanno eseguito attività di proselitismo, e alcuni hanno partecipato personalmente agli assassini in questo lager. Questa, probabilmente, è anche la ragione per cui il clero cattolico si tiene molto alla larga da Jasenovac, ma non da Bleiburg", ha affermato Fumić.

E mentre a Jasenovac il vertice della Chiesa cattolica invia i suoi rappresentanti di carica più modesta, sul luogo dell'uccisione dei soldati ustaša fatti prigionieri e assassinati a Bleiburg, sul confine tra Austria e Slovenia, il clero presenzia regolarmente. Lo scorso anno, l'arcivescovo di Zagabria, il cardinale Josip Bozanić, ha presieduto la messa e ha tenuto una predica per i soldati che, sotto la bandiera ustaša, dopo la caduta del regime filonazista di Ante Pavelić e del suo NDH, lo Stato Croato Indipendente (1941-1945), lì sono stati uccisi. Anche il suo predecessore, il cardinale Franjo Kuharić, come Bozanić, ha visitato Bleiburg e non Jasenovac. Secondo le ricerche dello storico Vladimir Geiger, nelle operazioni conclusive della Seconda guerra mondiale, sulla vasta zona di Bleiburg, i partigiani jugoslavi avrebbero ucciso 50.000-80.000 formazioni sconfitte dello Stato Croato Indipendente.

La secca reazione della Chiesa è stata lo spunto anche di una parte del discorso del presidente Mesić, che partecipa regolarmente alle commemorazioni annuali della liberazione del campo di concentramento di Jasenovac, il 20 aprile, ma non a Bleiburg. A Jasenovac, all'ombra del monumento eretto ancora al tempo della Jugoslavia, Mesić ha affermato, parafrasando l'ex presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower e la sua richiesta che si documentino i crimini nazisti, che "anche oggi ci sono persone abiette che sostengono che tutto ciò sia frutto di invenzione".

"Qui si è ucciso nel nome di un semi-stato", ha aggiunto Mesić,"che ha rovinato e compromesso il nome della Croazia. I crimini che qui sono stati commessi sono reali, documentati e non si possono scacciare dalla storia mondiale né dalla storia di quei popoli da cui provenivano i mandanti e gli esecutori".

Mesić ha affermato anche che "ci sono stati dei preti cattolici che si sono sporcati le mani di sangue durante il regime NDH" e per questo sarebbe bene che il vertice della Chiesa cattolica venisse a Jasenovac, per quei preti che sono stati dalla parte della giustizia e della democrazia.

L'ufficio stampa della conferenza episcopale croata (ufficio della Chiesa cattolica per le relazioni con il pubblico) che di regola esprime le posizioni del clero, nella nota di motivazione delle posizioni espresse su Jasenovac, ha cercato di condurre tutto a "diffamazione di stampo comunista".

"Esistono anche oggi 'persone abiette' che applicano segregazioni, distinguendo le vittime in adatte e inadatte, innocenti e giustamente punite; persone abiette che senza giudizio e senza ricerche storiche plasmano la verità per coloro che, a loro discrezione, si sono meritati di subire dei crimini, e a chi non l'ha meritato riservano compassione e pietà. Queste 'persone abiette' non voglio riconoscere neanche oggi il crimine di una parte, e si aspettano da noi che condanniamo quotidianamente i crimini dell'altra parte; quando non lo facciamo, ci definiscono ultime espressioni del regime ustaša", si legge in questo comunicato.

L'editorialista dell'influente "Jutarnji List" e buon conoscitore delle relazioni interne al clero in Croazia, Darko Pavičić, ha affermato che "Fumić è un politicante o un pittore naif se pensa che l'arcivescovo Bozanić vada a Jasenovac se lo accusa di essere ustaša". E aggiunge che il vertice della Chiesa cattolica si libererebbe facilmente da tali e simili osservazioni se, come fa a Bleiburg, mandasse le più alte cariche anche a Jasenovac.

In Croazia la Chiesa cattolica non è l'unica a comportarsi in modo diverso nei confronti delle vittime di Jasenovac e di quelle di Bleiburg. Il parlamento, per la commemorazione della giornata delle vittime di Bleiburg, quest'anno ha stanziato 500.000 kune (70.000 euro circa), mentre per la commemorazione delle vittime di Jasenovac soltanto 100.000 kune (poco meno di 14.000 euro).


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