Svilengrad, sul ponte di Mustafa Paşa

28 agosto 2012

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"Questo ponte fu eretto, al tempo del più grande tra i sultani, Süleyman figlio di Selim (che durino ancora a lungo la sua salute e la sua sicurezza) dal suo visir Mustafa Paşa. Che Dio lo protegga per la costruzione del ponte, frutto del suo comando: la più duratura tra le sue opere buone, destinata all'eternità".

1529: a Svilengrad (oggi in Bulgaria, a pochi chilometri dal confine con la Turchia) veniva completato il ponte di pietra sul fiume Maritsa, voluto dal visir Çoban Mustafa Paşa e destinato a restare nei secoli una delle più spettacolari opere dell'ingegneria civile ottomana. Lungo 295 metri e largo sei, il ponte (di qualche decennio anteriore a quello di Višegrad, reso immortale dall'opera di Ivo Andrić) faceva parte della rete infrastrutturale realizzata dalla Sublime porta per controllare ed espandere l'impero verso Occidente. 

Ogni ponte ha la sua leggenda: quello di Svilengrad (per secoli conosciuta proprio come Mustafa Paşa Çuprası, "il ponte di Mustafa Paşa") narra del tragico conflitto tra Mustafa e il sultano Solimano (Süleyman Kanunî). Solimano, affascinato dalla grandiosità del ponte, ma anche prosaicamente attratto dai pedaggi, avrebbe ordinato al visir di vendergli l'opera. Pressato dalle richieste del suo signore, ma determinato a non perdere la faccia, Mustafa Paşa scelse allora l'unica strada rimasta aperta: il suicidio.

Impotente e pieno di rabbia, Solimano avrebbe quindi gettato una maledizione sul primo incauto che avrebbe attraversato il ponte. A sfidare l'ira e l'anatema del sultano è il padre di Mustafa, deciso a non lasciare che il sacrificio del figlio fosse stato fatto invano. La leggenda si chiude sui suoi passi, esitanti prima, decisi poi, che risuonano sull'acciottolato sonoro del ponte.

Foto - F.Martino


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