Un'immagine del film "Mila da Marte"

Era da molto tempo che un film bulgaro non riscontrava tale successo nei festival internazionali e, soprattutto, presso il pubblico di casa che sembra aver riscoperto le sale cinematografiche. Con il suo primo film della carriera, la giovane regista Zornitsa Sofija, ha fatto colpo grosso

02/03/2005 -  Anonymous User

Di Anita Dimitrova - Sega
Selezionato da Le Courrier des Balkans e tradotto a cura di Osservatorio sui Balcani

Si è parlato talmente tanto in questi ultimi tempi di "Mila da Marte" che i più ottimisti ed i fan più accesi sono riusciti addirittura a convincersi che un film bulgaro avrebbe potuto ottenere qualche nomination agli Oscar, nella categoria dei film in lingua straniera. Ma, anche se il film di Zornitsa Sofija è un capolavoro, è fuori dalle categorie accademiche di cui si servono sempre sia la politica che le lobby più potenti all'interno delle giurie.

Ma ciò non può ridurre in alcun modo l'importanza del fatto che il film (tra l'altro girato senza alcuna sovvenzione da parte dello Stato) sia diventato uno dei migliori biglietti da visita della cinematografia bulgara di questi ultimi 15 anni. Biglietto da visita che è stato "distribuito" a decine di festival internazionali ed è stato premiato in ben dieci di questi ultimi. Uno dei premi è stato consegnato a Zornitsa da Mike Lee, che le ha riservato i più grandi elogi. Inoltre la cineasta ha appena ricevuto il migliore tra i suoi premi, meglio anocra di un Oscar: la sua prima figlia, Niki.

Dieci mesi dopo la sua prima proiezione, presso il Sofia Filmfest, il primo lungometraggio di Zornitsa è ora diffuso in tutte le sale. E', negli ultimi anni, il primo film bulgaro diffuso in tutto il Paese. Il passaparola "Sai, dicono che questo film non sia affatto male" e le recensioni positive sulla stampa, locale e straniera, hanno risvegliato l'interesse del pubblico bulgaro, soprattutto dei più giovani e dei più attivi.

In altre parole "Mila da Marte", il cui budget si è limitato a quanto speso per fare un video di "Karizma", potrebbe rivelarsi un record d'incassi. Si può togliersi il cappello davanti a Zornitsa ed a Katja Atanasova, la sua agente, perché anche la loro campagna pubblicitaria è stata eccellente. Ed è una campagna pubblicitaria a favore del cinema bulgaro nel suo insieme.

Per quanto riguarda le caratteristiche del film sono ... differenti dal solito. E' vero, non arriva da "off road", come è quasi tradizione del nuovo cinema bulgaro. Ne abbiamo più volte fatto allusione nella nostra rubrica.

Lo choc tra generazioni e la contrapposizione tra la vita rurale e quella in città rappresentano lo scenario all'interno del quale si sviluppa la vicenda narrata. Mila è un'adolescente di 16 anni che abbandona il mondo underground di città per ritrovarsi in un villaggio nei pressi di Ivajlovgrad (con un solo negozio con il tetto che non regge alle piogge e case abbandonate a rappresentare un qualsiasi villaggio nei pressi del confine). "Mila da Marte" è tutt'altro che una ricostruzione sui modi di vita e sull'anima rurale bulgara: è un film sull'amore, sulla paura e sull'inizio della vita adulta.

Zornitsa Sofija è una regista debuttante, ma il cinema bulgaro non ha mai conosciuto un inizio di carriera così folgorante. I membri del suo staff - in media hanno 26 anni - la chiamano, tra loro, "il Fuehrer". Il risultato è notevole, in ogni sequenza: tutti gli attori recitano con molto ardore, anche quelli non professionisti del villaggio. Una cosa è sicura: Vesela Kazakova, anche se è stata l'attrice bulgara più richiesta in questi ultimi 2-3 anni, non avrebbe mai recitato così bene. In una recensione "Variety", la bibbia di Hollywood, l'ha paragonata a Jody Foster in "Taxi driver".

"Mila da Marte" era annunciato come "l'esordio del cinema bulgaro indipendente". Forse un'espressione un po' pomposa. Anche perchè in molti hanno finito con lo stufarsi dell'idea che il cinema bulgaro venga esclusivamente legato ad un piccolo gruppo di giovani che conducono lotte politiche sovversive per ottenere finanziamenti statali e per spenderli poi in opere che non vengono viste da nessuno.


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