Kosovo - Giuliano Matteucci

Un viaggio a Pristina e Belgrado del proprio Ministro degli Esteri e poi incontri di mediazione organizzati sul proprio territorio. La Bulgaria è particolarmente attiva sul fronte kosovaro. Non per interessi commerciali ma piuttosto di geopolitica: uno su tutti salvaguardare la stabilità della Macedonia

22/12/2005 -  Tanya Mangalakova

Il tour balcanico di Kalfin

Il ministro degli Esteri e vice-premier bulgaro Ivaylo Kalfin ha visitato Pristina e Belgrado in un breve tour diplomatico, tenuto tra l'1 e il 2 dicembre. Nella tappa kossovara, Kalfin ha incontrato i principali attori politici dell'area, tra cui Ibrahim Rugova, il primo ministro del Kosovo Bajram Kosumi, il leader del PDK Hasim Taqhi e quello del movimento "ORA" Veton Surroj, insieme al ministro per i Rifugiati Slavisa Petkovic e ai rappresentanti dei serbi del Kosovo, Oliver Ivanovic e Ranjel Nojkic.

Kalfin ha discusso vari aspetti del processo negoziale sul futuro del Kosovo: ritorno dei rifugiati, possibilità di supporto finanziario, inclusione dei serbi kossovari nelle trattative e collaborazione economica tra Sofia e Pristina. I commenti a caldo sulla visita, da parte della stampa albanese kossovara, sono stati tutt'altro che entusiastici. "Kalfin non parla di indipendenza e chiede stabilità nella regione", ha titolato "Epoka e Re", mentre "Express" ha commentato laconicamente la posizione del ministro bulgaro "Non abbiamo alcun piano sullo status del Kosovo".

A Belgrado le cose sono andate in maniera diversa. Dopo gli incontri col premier Kostunica, il vice-premier Labus e il ministro degli Esteri Draskovic, Kalfin ha dichiarato "Dovremmo avere garanzie per la salvaguardia degli attuali confini, e questi non dovrebbero essere messi in discussione". Lo stesso giorno il quotidiano bulgaro "Troud" ha scritto "La Bulgaria supporta la Serbia sul futuro status del Kosovo", riportando anche la proposta avanzata da Kalfin che la Bulgaria possa offrire "buoni servigi in veste di mediatore".

Pochi giorni dopo, l'8 e 9 dicembre, la città bulgara di Veliko Tarnovo è diventata il campo neutro per l'incontro dei ministri della Cultura di Serbia e Kosovo. Ospiti del loro collega bulgaro Stefan Danailov, il ministro serbo Dragan Kojadinovic e quello kossovaro Astrit Haracia hanno portato avanti le discussioni, cominciate in estate a Belgrado, sulla protezione del patrimonio culturale della chiesa serbo-ortodossa in Kosovo.

Meglio lo status quo che cambiare i confini

Questa vitalità nell'attività diplomatica di Sofia non può essere spiegata dagli interessi commerciali bulgari in Kosovo. Se si escludono i canali del contrabbando, uno dei pochi investimenti riguarda la privatizzazione dell'industria metallurgica "Lamkos", a Vushtri/Vucitrn, realizzata da Valentin Zahariev, già direttore esecutivo e ora vice direttore del complesso siderurgico di "Kremikovtzi", alle porte della capitale bulgara.

La ragione di tanto interesse è geopolitica, e riguarda sia la stabilità della Macedonia che la piccola comunità dei "Gorani" in Kosovo. Uno degli incontri più significativi di Kalfin durante la sua permanenza a Pristina è stato proprio l'incontro i rappresentati della comunità gorana, attraverso l'Ong "Bulgari Mohamedani" (Bulgari Mussulmani), che ha sede nel villaggio di D. Lubinje, vicino a Prizren. Kalfin, primo ministro bulgaro ad incontrare l'associazione, ha preso visione dei progetti dell'Ong, diretti allo studio della lingua bulgara e a promuovere attività culturali in Kosovo.

Il presidente bulgaro Parvanov ha avuto modo di esternare gli interessi geopolitici bulgari durante la sua recente visita a Washington. Parvanov, nel suo intervento al "Center for Strategic and International Reserches", tenuto il 18 ottobre, ha dipinto un quadro a tinte fosche per i Balcani entro il 2015, se gli Usa e le potenze occidentali insistono nell'accelerare il processo di indipendenza del Kosovo.

"Una decisione affrettata può provocare un "effetto domino" sui territori dell'ex-Jugoslavia, destabilizzando la Macedonia e ritardando l'ingresso di Bulgaria e Romania nell'Ue, oltre ad incoraggiare gli estremisti e indebolire il processo democratico", ha dichiarato Parvanov all'auditorio, ricordando il proverbio bulgaro, "Misura due volte prima di tagliare".

La sinistra bulgara propende chiaramente per la conservazione dello status quo in Kosovo. Il 30 novembre si è tenuta nella residenza governativa di Boyana, alle porte di Sofia, una riunione dell' Internazionale Socialista sul futuro della regione. Al tavolo, insieme al segretario generale dell'Internazionale Luis Ayala, c'erano Serghei Stanishev, primo ministro bulgaro e segretario del Partito Socialista, George Papandreou, leader del PASOK greco, Adrian Nastase, presidente della camera dei deputati rumena, Vuk Jeremic, del partito democratico serbo, Hasim Taqhi del PDK kossovaro e Vlado Buchkovski, premier della Macedonia.

Secondo il comunicato stampa emesso dall'Internazionale Socialista, i leader della sinistra balcanica concordano sulla necessità "di evitare instabilità in Serbia e Montenegro e in Kosovo, di evitare una soluzione imposta che potrebbe portare a ulteriori conflitti se la definizione dello status finale e della futura costituzione non viene risolta fra le parti direttamente coinvolte, e di contrapporsi alla moltiplicazione delle secessioni e alla creazione di "grandi" nazioni".

Lobby americana

Alcuni politici di destra e Ong bulgare appoggiano invece la strategia americana per il Kosovo. Una delle più influenti voci in tal senso è quella del "Center for Liberal Strategies" (www.cls-sofia.org), il cui direttore, Ivan Krastev è divenuto anche il direttore esecutivo della "Commissione internazionale sui Balcani". Questa commissione, partita con obiettivi ambiziosi e finanziata da fondazioni americane del calibro della "German Marshall Fund" e della "Charles Stewart Mott", ha limitato poi di fatto la sua attività alla produzione di un report sui vari paesi dell'area balcanica, invocando la piena indipendenza per il Kosovo in un percorso in quattro stadi.

Gli esperti del "Center for Liberal Strategies" non hanno perso l'occasione, durante i numerosi dibattiti, forum e conferenze a cui hanno preso parte, di ribadire che l'indipendenza del Kosovo è una realtà inevitabile.

Tra i politici bulgari pro-indipendenza un posto speciale è riservato a Solomon Passy, parlamentare del Movimento Nazionale Simeone II, ex ministro degli Esteri e presidente del "Club atlantico in Bulgaria". Nell'agosto 1998 Passy scrisse un report, poi ripubblicato dal quotidiano "24 Chassa", nel quale prediceva la dissoluzione di quello che restava della Jugoslavia sotto il controllo di Milosevic, e la nascita di cinque nuovi stati, Montenegro, Kosovo, Voivodina, Sangiaccato e Serbia.

Durante il suo mandato di ministro degli Esteri, dal 2001 al 2005, Solomon Passy ha perseguito una politica attivamente pro-americana, soprattutto durante la guerra in Iraq. Nel 2003 poco prima che la guerra avesse inizio, Passy ha incoraggiato la partecipazione della Bulgaria nella "coalizione dei volenterosi", sostenendo che fosse il modo migliore per recuperare i crediti che l'Iraq ancora doveva restituire al paese, valutati intorno ai due miliardi di dollari. Oggi, divenuto il presidente della Commissione parlamentare sulla politica estera, non commenta le sue promesse, vuote di risultati, sull'Iraq. E nemmeno le sue passate dichiarazioni sul Kosovo.

Il nuovo governo, soprattutto nella sua componente socialista, ha cambiato la politica di Sofia riguardo alla questione dello status del Kosovo, difendendo lo status quo nella regione. Questo atteggiamento prudente riflette la consapevolezza che la stabilità in Kosovo è direttamente collegata all'ingresso della Bulgaria nell'Unione Europea.


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