Sulla montagna Romanija - foto di Fedja Vilic e Muhamed Gafic

Dal punto di vista turistico, Pale, e la montagna di Jahorina, sono conosciute come una delle principali destinazioni sciistiche della Bosnia Erzegovina. Quando le nevi si sciolgono però, la zona offre altre attrazioni. Una di queste è senz’altro la montagna Romanija

03/10/2011 -  Massimo Moratti

La Romanija, montagna storica

La Romanija è una regione montuosa che separa Pale da Sokolac e costituisce un altipiano che si estende fino a Vlasenica e a Rogatica. A ridosso di Pale, l’altipiano è delimitato da una serie particolarmente interessante di formazioni rocciose che meritano di essere visitate sia per il contenuto paesaggistico che per quello storico. Queste rocce fanno da corona all’altipiano e da lontano attirano l’attenzione dei visitatori.

Nel corso dei secoli hanno assunto diversa importanza e ai tempi della Jugoslavia sono diventate il ritrovo naturale per i sarajevesi che volessero praticare l’alpinismo, al punto che la Romanija era la sede della Scuola di Alpinismo di Sarajevo.

Qui le escursioni a piedi e l’arrampicata si intrecciano da vicino con la storia della zona. Per esempio, il massiccio roccioso visibile sulla strada che da Pale porta a Sokolac è denominato Crvene Stijene, le “rocce rosse”, nome ricevuto durante la Seconda guerra mondiale, quando il partigiano Slaviša Vajner "Čiča", originario di Novi Vinodol nel Quarnero, aveva organizzato i primi corpi partigiani sulla Romanija e aveva condotto le prime insurrezioni partigiane in ribellione ai nazisti. Le Crvene stijene erano divenute il loro quartiere generale e da qui la coloritura delle rocce, che non è naturale, ma bensì “politica”.

L’escursione, tra partigiani e hajduci

Dall’abitato di Pale invece sono visibili due grosse formazioni rocciose, le Djevojačke stijene, “le rocce delle ragazze” e le Velike Stijene, le “grandi rocce”. Queste sono facilmente raggiungibili dal centro di Pale.

Romanija paesaggio (goxxy/flickr)

Foto di Fedja Vilic e Muhamed Gafic

Lasciata la strada che porta a Podvitez, ci si inerpica per circa 5 chilometri, passando per alcuni piccoli villaggi. L’asfalto termina in prossimità di una fontana del periodo ottomano, la Careve vode, "acque dell’imperatore". La fontana è un gioiellino incastonato in ambiente alpestre e al momento serve come abbeveratoio per i numerosi greggi di pecore in transito. Qui si può lasciare l’auto o proseguire a sinistra ancora per circa 500 metri fino ad arrivare ad un’evidente radura con un paio di panchine.

Dalla radura parte il sentiero vero e proprio. Il sentiero è situato all’inizio della radura, sulla sinistra. I bollini rossi e bianchi si vedono a malapena sugli abeti e il sentiero è spesso cancellato dai tagliaboschi che, anche qui, imperversano e trascinano i tronchi lungo la montagna.

Ci si trova in una fitta abetaia e si prosegue in leggera salita. Dopo circa 30 minuti di cammino, il nostro percorso incrocia un’altra parte di storia, più triste e recente. Un mucchio di tronchi e macerie ci indica che qui si trovava il rifugio Slaviša Vajner "Čiča", che serviva da punto di appoggio e di ristoro per tutti gli alpinisti che arrampicavano sulla Romanija. Era uno dei migliori rifugi in Bosnia Erzegovina ma fu distrutto per dispetto durante l'ultima guerra, semplicemente perché apparteneva ad un club alpinistico di Sarajevo città: nella zona non c’è stato nessuno scontro armato e a parte il rudere, non vi sono altre tracce della guerra.

Con sguardo triste, continuiamo a sinistra delle macerie sempre alla ricerca del sentiero, che ora inizia ad inerpicarsi in modo più deciso. Dopo dieci minuti circa si arriva ad un’altra ampia radura, attrezzata con panchine in legno e con indicazioni molto chiare in azzurro e bianco su come raggiungere la Novakova Pećina, la grotta di Novak.

Ci si trova nella radura chiamata Novakova Poljana, o Novakova Njiva (i prati di Novak). Qui il mistero del sentiero si dipana: alzando lo sguardo sulle rocce, vediamo dipinta un’enorme bandiera rossa, bianca e blu... ecco dov’è finita tutta la vernice, o almeno il bianco e il rosso, che sarebbero serviti per tracciare il sentiero...

Ci troviamo ora al limitare del bosco, pochi passi in direzione est, seguendo la segnaletica in cirillico e il sentiero diventa stretto e ben marcato. Dopo poche decine di metri, il sentiero diventa attrezzato e un cavo metallico aiuta nei punti più esposti, volendo si può portare il kit da ferrata, anche se non è proprio necessario.

Ci si trova adesso a metà parete e il sentiero attrezzato attraversa le vie di roccia che partono alcuni metri più in basso. Presto, si giunge ad un bivio: un sentiero sale e l’altro scende. Salendo si vede la nostra destinazione: un’ampia caverna, in parte murata che domina l’intera vallata. Sempre seguendo il sentiero, si giunge in breve alla caverna di Novak.

È qui che, secondo l’epica, viveva l’hajduk Baba Novak, personaggio storico, vissuto nel sedicesimo secolo, celebrato nell’epica serba per le azioni contro i turchi, che si rifugiava su queste montagne dopo le sue scorrerie.

Dalla caverna si gode una spettacolare vista sulla vallata di Pale, gli impianti sciistici di Jahorina e lo sguardo si spinge lontano fino al Trebević, la Bjelašnica sopra Sarajevo e in secondo piano la Zelengora e i monti del Montenegro. La caverna è il posto ideale per una sosta nel corso dell’escursione. Lasciata la caverna, si prende il ramo di sentiero in discesa lungo la via ferrata, che in certi punti diventa alquanto ripida, e si continua sullo stretto sentiero lungo la parete.

Per i più ardimentosi

Foto di Fedja Vilic e Muhamed Gafic

Proseguendo ancora verso est, lungo tracce di sentiero si arriva allo spettacolare “Zub”, il dente, un pilastro di roccia alto una cinquantina di metri, che si stacca dalla parete accanto. Per chi volesse arrampicare, lo spigolo Ovest ha una via di due lunghezze di corda, di difficoltà attorno al III-IV grado, altre vie più difficili si trovano sullo spigolo Est.

La via, oltre alle vecchie protezioni, è stata recentemente protetta con spit, sia lungo la via che alle soste, e le calate sono state attrezzate. Si arrampica su calcare, per lo più di buona qualità, anche se a volte un po’ sporco. Raggiunta la cima, si ha la sensazione di trovarsi su un balcone sospeso sopra la foresta circostante e protetto dal massiccio roccioso alle spalle. Un’esperienza unica.

Per chi volesse cimentarsi con l’arrampicata, esistono numerose vie di tipo tradizionale a più lunghezze e di diverse difficoltà, con le protezioni originali, che comunque è bene integrare con friend e nut. In tempi più recenti, vi si sono cimentati arrampicatori italiani quali Paolo Pezzolato, Sara Gojak e il leggendario “colonnello” Roberto Ferrante, personaggio chiave della rinascita alpinistica bosniaca. Gli schizzi delle vie si possono ottenere contattando le varie guide locali o la Mountaineering Association of Bosnia and Herzegovina. Il sentiero prosegue per tracce lungo la parete fino a percorrerla tutta.

La via del rientro

Il ritorno avviene lungo lo stesso percorso, fino a raggiungere nuovamente Novakovo Polje. Vi è anche la possibilità di effettuare un percorso circolare lungo i sentieri che vanno da Novakovo Polje verso Novakovo Vrelo, “sorgente nella foresta”, tenendo comunque come riferimento sia Novakovo Polje che le macerie del rifugio Slaviša Vajner "Čiča", da qui il rientro alle vetture lungo lo stesso percorso dell’andata.


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