Haris Silajdžić

Haris Silajdžić, le piramidi di Visoko e il futuro della Bosnia Erzegovina. Seconda puntata del viaggio nella crisi politica e istituzionale in cui versa il Paese, attraverso le biografie dei suoi principali protagonisti

29/10/2008 -  Azra Nuhefendić

13 anni dopo la firma degli accordi di Dayton, la Bosnia Erzegovina (BiH) sta attraversando una nuova crisi istituzionale. Dalla Republika Srpska (RS) si sono levate nei giorni scorsi nuove minacce (poi rientrate) di secessione, mentre una parte dei politici bosniaci chiede la fine della divisione del Paese in due entità. Milorad Dodik, primo ministro della RS, e Haris Silajdžić, uno dei tre rappresentanti dell'ufficio di presidenza bosniaco, sono i due esponenti che maggiormente polarizzano il dibattito pubblico. Un profilo dei due uomini politici in una serie di due articoli

"Haris, fai qualcosa per il tuo popolo! Torna in Turchia." Lo sconosciuto autore di questo graffito, sui muri di un palazzo nel centro di Sarajevo, si appella all'attuale presidente di turno della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina (BiH), Haris Silajdžić. E' improbabile che Haris abbia ricevuto il messaggio. Questo "viaggiatore instancabile, poeta, lobbista per ricche compagnie di Paesi islamici e presidente durante il tempo libero", come lo descrive lo scrittore sarajevese Emir Imamović, gira per il mondo. Sta cercando di convincere i politici suoi amici di come riorganizzare la BiH. Cerca di vendere l'illusione che una miracolosa azione della comunità internazionale possa far sparire la Republika Srpska e aprire un processo di creazione di una Bosnia unita con un forte governo centrale.

"Ha giurato di difendere gli interessi nazionali della BiH e adesso viaggia per il mondo, si lamenta della situazione nel proprio Paese e cerca appoggio per le sue idee", così il diplomatico americano Raffi Gregorian, numero due della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina, commenta il comportamento di Silajdžić.

Quando a Silajdžić si chiede di elaborare le proprie idee sul futuro Stato, non va oltre l'affermazione che "bisogna costruire le regole." Le vaghe idee sul come riorganizzare la BiH, pare, sono un punto comune ai politici bosniaci. Il quotidiano di Sarajevo "Oslobodjenje" sostiene che "i bosniaci non hanno una strategia sul come salvare la Bosnia". Questo è, secondo il giornale, il problema più grave.

L'ultimo eccesso di Silajdžić sulla scena internazionale si è verificato di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite quando, invece di parlare a nome del proprio Paese, ha fatto un discorso tutto suo, accusando i serbo bosniaci per i crimini commessi durante la guerra. Non solo i serbi, ma anche il rappresentante croato della presidenza bosniaca, Željko Komšić, il più appassionato difensore della Bosnia Erzegovina, ha reagito. Komšić ha negato a Silajdžić l'esclusivo diritto di difendere la BiH. "Da quando nel 2006 ci hai promesso di creare la Bosnia al 100% (l'allora slogan del partito di Silajdžić, lo "Stranka za BiH") di Bosnia ne abbiamo sempre di meno", ha commentato Komšić.

Due anni fa Haris Silajdžić è stato eletto alla presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina. All'epoca era visto come un politico moderato. Oggi, insieme al Primo ministro della Republika Srpska Milorad Dodik, è la causa principale della crisi politica e del risorgere del nazionalismo.

"Da due anni sta trattando la Republika Srpska come un nemico della Bosnia", ha affermato Raffi Gregorian.

In un dibattito televisivo Silajdžić, parlando del contrasto tra i serbi e i bosgnacchi, ha pronunciato l'affermazione scioccante secondo cui "i serbi sono stati cresciuti e educati come fascisti e criminali".

Silajdžić rifiuta in continuazione qualsiasi contatto con la vicina Serbia e, allo stesso tempo, accusa il governo di Belgrado per l'instabile situazione politica in BiH. Si lamenta dell'inadeguatezza degli Accordi di Dayton, nonostante lui stesso abbia partecipato alla loro creazione. "Dayton fu essenziale per porre fine al genocidio in Bosnia, ma oggi rappresenta un ostacolo per l'unificazione del Paese", sostiene Haris. Quando un giornalista della BBC gli ha ricordato che fu proprio lui uno di quelli che stilarono gli Accordi, Silajdžić ha ribattuto che "i bosniaci sono stati minacciati con le armi."

Haris Silajdžić è apparso sulla scena politica in Bosnia Erzegovina durante le prime elezioni democratiche, nel 1990. Fu membro del Partito di Azione Democratica (SDA), dei musulmani bosniaci. Contrariamente a molti nuovi personaggi venuti dal nulla, lui appariva educato, giovane, moderno e eloquente. Ha un dottorato, insegna all'università, scrive poesie. Parla un ottimo inglese. In più Silajdžić aveva un atteggiamento rassicurante, che all'inizio fu visto come un talento per un politico. Non aveva problemi a parlare con qualsiasi personaggio come ad un proprio pari. Presto si scoprì che non si trattava di talento, ma di arroganza, vanità, esagerata autostima e ambizione che oltrepassava le sue capacità.

Tutto questo lo notò anche il suo protettore, l'ex presidente bosniaco Alija Izetbegović. Alle elezioni del 2002 ha sostenuto la candidatura di Sulejman Tihić, non quella di Haris Silajdžić: "La presidenza non è un lavoro per Haris. Lui è un poeta e ho paura che presto si stancherà delle lunghe riunioni, si snerverà di leggere centinaia di documenti burocratici. Quando si stancherà scapperà, e lascerà gli interessi dei bosniaci indifesi", aveva detto Izetbegović.

Questo ritratto del politico Silajdžić non fu una rivelazione. Anzi, la reputazione di uno sul quale non si può fare affidamento, se c'è di mezzo la sua vanità, Silajdžić l'aveva già acquistata.

Nel 1995, in un momento particolarmente importante per la BiH, Silajdžić si dimise dalla carica di Primo ministro. Lasciò addirittura il partito, l'SDA, e creò il proprio. Non si trattava di mosse motivate da principi politici, ma di pura ambizione personale che prevalse sulla ragione e sugli interessi dei bosniaci.

Da allora la sua carriera politica registra varie sconfitte, dimissioni, ritiri, alleanze discutibili con altri partiti. Per descrivere un tale personaggio e comportamento politico, a Sarajevo si creò il termine "harisisam".

La dimensione della sua vanità fu valutata appieno quando qualcuno lanciò la notizia che Silajdžić era tra i candidati a prossimo Segretario generale delle Nazioni Unite, grazie "al risultato della sua lunga politica basata sui principi e sull'impegno personale a risolvere i problemi tra Est e Ovest", citava il comunicato rilasciato dal suo partito.

Senza preoccuparsi di controllare l'autenticità della notizia, Haris la accettò: "E' un onore, pero c'è prima da finire del lavoro qui, in Bosnia", ha dichiarato con finta modestia. A lungo fu ridicolizzato per questo.

Dopo, Silajdžić sparì semplicemente dalla scena politica, ma non per fare il Segretario generale. La sua "latitanza" durò quasi due anni. Durante la sua assenza si impegnò nella privatizzazione di una banca a Tuzla. La faccenda fu molto oscura, la stampa ancora oggi riporta indizi di corruzione, di frode e del coinvolgimento di Silajdžić e di suoi amici nell'affare.

Non era la prima volta che il nome di Silajdžić si legava ad affari poco chiari. Fu accusato anche della scomparsa di un credito milionario assegnato alla BiH durante la guerra. La stampa bosniaca insisteva che le tracce portavano a Silajdžić e a suo fratello, su cui la polizia aveva un ingombrante dossier prima della guerra, ma che magicamente Haris aveva promosso a diplomatico bosniaco, come anche la sorella. Silajdžić non ha mai ritenuto opportuno smentire o rispondere a queste accuse.

Tornò in politica nel 2006 e assunse la posizione di presidente del partito giusto in tempo per impedire l'adozione di un pacchetto di cambiamenti costituzionali che avrebbero potuto portare la BiH verso una maggiore stabilità. Anche quella volta, la vanità di Silajdžić ha vinto sugli interessi della Bosnia e dei suoi cittadini. Se fossero state accettate le modifiche della costituzione, Haris non avrebbe potuto sperare di essere eletto presidente della BiH.

"La Bosnia è un Paese miracoloso", ha dichiarato recentemente Silajdžić mostrando ai principi sauditi le cosiddette piramidi bosniache di Visoko. Lo è davvero, se personaggi come lui possono fare politica vendendo fumo o piramidi, che in fondo sono la stessa cosa. (2 - fine)


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