Parliament, Baku (tm-tm/flickr)

Recenti emendamenti alla legge sulle ONG in Azerbaijan sono stati meno pesanti di quanto ci si aspettasse. Mentre le ONG locali possono tirare un sospiro di sollievo, rimane la convinzione che il confronto su questo tema non sia affatto concluso

07/07/2009 -  Arzu Geybullayeva Baku

Lo scorso 18 giugno l'atrio del Park Inn Hotel, nel cuore delle capitale Baku, era affollato e molto rumoroso. L'occasione era la conferenza organizzata dalla neonata coalizione di organizzazioni non governative per discutere le proposte di emendamento alla legge sulle ONG attualmente in vigore in Azerbaijan. L'atmosfera era tesa, e lo erano anche i rappresentanti della società civile e i leader dei partiti di opposizione. È naturale che fossero preoccupati, dal momento che, se le modifiche fossero state approvate, la libertà di associazione sarebbe stata seriamente messa in pericolo e la società civile avrebbe avuto vita breve. Ancora non sapevano che i loro sforzi si sarebbero conclusi con una rara vittoria...

I risultati e la reazione inaspettata

Gli emendamenti proposti sono stati resi pubblici lo scorso 8 giugno e il giorno successivo hanno ottenuto una prima approvazione da parte di un comitato che doveva valutarne preventivamente la legalità. Gli emendamenti avrebbero dovuto essere discussi in parlamento già il 19 giugno, lasciando quindi poco spazio al confronto, in particolare se si paragona alla discussione sulla Legge sulla violenza domestica (che ancora non è passata). Il dibattito sugli emendamenti è stato poi posticipato al 30 giugno 2009.

Come conseguenza immediata, i rappresentanti della comunità delle ONG hanno formato un Comitato per la difesa della società civile. Le istituzioni internazionali come il Consiglio d'Europa, Amnesty International, Human Rights Watch, Freedom House, le ONG americane che operano in Azerbaijan - NDI, IRI, IREX - insieme a quelle locali hanno presentato degli appelli al presidente Aliyev per esprimere la preoccupazione sulle proposte di modifica alla legge sulle ONG. Come risultato all'azione concertata, la maggior parte degli emendamenti critici è stata ritirata dal disegno di legge dopo la discussione del 30 giugno scorso.

È stata comunque una dura battaglia. Una volta annunciati gli emendamenti, la società civile in Azerbaijan si è inferocita. La reazione è stata unanime da parte della comunità delle ONG. "Prima si è iniziato con la soppressione dei partiti politici, poi con i media, ed ora con noi!" ha affermato in un'intervista il capo dell'Associazione per la tutela dei diritti della donna, Novella Jafaroglu. Il direttore dell'Istituto per la Pace e la democrazia di Baku, Leyla Yunus, ha aggiunto che "gli emendamenti proposti sono pensati per eliminare l'attività delle ONG indipendenti e per bloccare lo sviluppo della società civile".

Alla conferenza organizzata dalla coalizione delle ONG lo scorso 18 giugno, un leader dell'opposizione, Ali Kerimli, è stato sintetico ed esaustivo: "Questa legge sulle ONG ha solamente un obbiettivo: abolire tutte le ONG e trasformare quelle esistenti e nuove in ONG legate al governo (GONGO)".

Inoltre, la società civile locale teme che l'Azerbaijan possa avere una situazione simile a quella di Bielorussia o Uzbekistan, in cui non ci sono più ONG indipendenti.

Tra i controversi emendamenti vi erano:

- la registrazione (un processo altamente complicato e lento): le ONG non registrate sono soggette ad una multa di 50.000 manat (62,000 dollari o 44,650 euro)
- i finanziamenti: i finanziamenti esteri non possono superare il 50% del budget totale, il resto deve provenire da fonti locali;
- operatività: per poter operare, a ciascuna ONG sarà richiesto di aprire un ufficio di rappresentanza in un terzo dei 66 distretti amministrativi in Azerbaijan;
- direttori delle ONG: non potranno più esservi stranieri a capo delle ONG, nel caso contrario sarà vietata l'attività per 5 anni;
- apertura di sezioni locali di istituzioni internazionali: alle organizzazioni internazionali non sarà permesso aprire sedi in Azerbaijan se non sarà prima stato firmato un accordo tra il paese d'origine della ONG e il governo azero. Non era però specificato "il tipo" di accordo.

La risposta del governo è stata ancora più inquietante degli stessi emendamenti proposti. Ali Hasanov, il capo del Dipartimento di Informazione e di Analisi politica dell'amministrazione presidenziale, ha affermato che gli emendamenti non sono intesi per restringere l'attività della società civile locale. "Francamente, non riesco a capire la preoccupazione delle ONG", ha dichiarato in una conferenza stampa, aggiungendo che "gli emendamenti alla legge non creeranno alcun problema alle ONG già esistenti".

L'ulteriore rassicurazione di Hasanov sul fatto che gli emendamenti rispetteranno gli "standard internazionali" ha suscitato ancor più preoccupazione tra le istituzioni internazionali. I cambiamenti proposti non solo sono in contrasto con la costituzione azera, ma anche con i vincoli internazionali che il paese ha con la Convenzione europea dei diritti umani e le libertà fondamentali, la Carta internazionale sui diritti civili e politici e gli impegni verso il Partenariato orientale dell'Unione Europea, il Consiglio d'Europa e l'Osce, come afferma il comunicato stampa dell'Istituto per la libertà e la sicurezza dei reporter (IRFS).

Restano i contrasti

Ora, mentre il parlamento ha bocciato la maggior parte delle modifiche sopra elencate, resta la preoccupazione sulle implicazioni a lungo termine di questa legge. I cambiamenti approvati impongono alle ONG di notificare alle autorità i loro membri; le ONG guidate da stranieri devono avere al loro interno un vice presidente azero; gli accordi che le ONG straniere dovrebbero stipulare con il governo azero restano vaghi in quanto devono ancora essere chiariti i requisiti.

Mentre la comunità delle ONG può tirare un sospiro di sollievo, restano alcune preoccupazioni e insoddisfazioni che fanno trasparire che la guerra non è finita. Ilgar Mammadov, co-fondatore dell'Unione alternativa repubblicana e membro del Comitato per la difesa della società civile, afferma: "non si più dire che abbiamo vinto... il governo ha visto la forza della società civile e potrebbe decidere di prendere seri provvedimenti in termini di misure amministrative per assicurarsi che in futuro non ci sia più una resistenza così forte".


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