Thomas Hammarberg (Foto Hidden Side, Flickr)

Thomas Hammarberg (Foto Hidden Side, Flickr)

La situazione dei diritti umani in Armenia dopo la visita del rappresentante del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg. I detenuti del marzo 2008, la posizione di Strasburgo sugli incidenti avvenuti nel corso delle ultime presidenziali. Il caso Pashinian

11/02/2011 -  Ilenia Santin Yerevan

Durante la sua recente visita a Yerevan, il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, ha chiesto alle autorità armene sforzi maggiori per la tutela dei diritti umani e sollecitato il rilascio dei detenuti incarcerati dopo le proteste del marzo 2008.

La “missione d’inchiesta” del Consiglio d'Europa (CoE), svoltasi dal 18 al 21 gennaio scorsi, aveva lo scopo di verificare l’esecuzione da parte delle autorità locali delle risoluzioni adottate dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio (PACE). In risposta alle misure restrittive adottate dal governo dopo l’ondata di violenza successiva alle elezioni presidenziali del marzo 2008, la PACE aveva infatti chiesto il rilascio di tutti gli oppositori arrestati “con accuse apparentemente artificiali o politicamente motivate” ed un’inchiesta oggettiva sugli scontri di piazza avvenuti in quei giorni (cfr. le risoluzioni PACE 1609 e 1620 del 2008; 1643 e 1677 del 2009).

Fare chiarezza sulle uccisioni del 2008

Tra gli altri temi in agenda anche la libertà di espressione e la protezione dei diritti umani nell’esercito, su cui il Commissario svedese si è confrontato con le più alte cariche dello Stato. Hammarberg ha incontrato anche alcuni attivisti dei diritti umani e rappresentanti dell’opposizione, tra cui Levon Ter-Petrosyan, leader del Congresso Nazionale Armeno (ANC). Al termine del colloquio con quest’ultimo, Hammarberg ha raccomandato di “fare chiarezza sui responsabili” dei tragici eventi del 2008 poiché “più di dieci persone furono uccise durante le dimostrazioni e finora nessuno è stato chiamato a rispondere di ciò”. Ha invitato inoltre le autorità armene ad intraprendere un’analisi “credibile ed imparziale dei metodi usati dalla polizia” e a “provvedere concretamente in favore dei familiari delle vittime”. Il coordinatore dell’ANC, Levon Zurabian, ha accolto favorevolmente tali dichiarazioni, riconoscendo che “il CoE sembra aver perso la pazienza con l’amministrazione Sargsyan [...] e che si sta attivando a causa della manifesta violazione delle risoluzioni PACE”.

Hammarberg ha discusso approfonditamente della questione col responsabile della “Commissione Parlamentare ad hoc per le indagini sul marzo 2008”, il Vice presidente dell’Assemblea Nazionale Samvel Nikoyan. In tale occasione, il Commissario europeo ha rilevato come “l’incapacità della Commissione e dell’Ufficio del Procuratore Generale nel far luce sulla morte di dieci persone sia un grave fallimento” e “il fatto che le circostanze della loro tragica morte non siano ancora state chiarite, rivela un serio problema d’impunità”.

Detenuti politici. Il caso Pashinian

Nikol Pashinian  in aula prima della lettura della sentenza (Foto Gagik Shamshyan)

Nikol Pashinian in aula prima della lettura della sentenza (Foto Gagik Shamshyan)

Il rappresentante del CoE ha successivamente fatto visita sia ai parenti delle vittime sia ai membri dell’opposizione ancora detenuti. Dopo i fatti del 2008, vari sostenitori di Ter-Petrosyan, il candidato risultato sconfitto alle presidenziali di quell'anno, furono arrestati e la maggior parte rilasciata con un’amnistia nel 2009. Dei nove rimasti in carcere, Hammarberg ha fatto visita all’ex parlamentare Sasun Mikaelyan, condannato ad otto anni con l’accusa di aver organizzato le violenze del 2008 e di possesso illegale di armi. A preoccupare sono le gravi condizioni di salute di Mikaelyan che, dopo esser stato sottoposto a due interventi, si trova ora in un ospedale-carcere a Yerevan.

Il secondo detenuto incontrato da Hammarberg è stato Nikol Pashinian , attivista dell’ANC e caporedattore del giornale Haykakan Zhamanak (“tempi armeni”). Arrestato nel luglio 2009 con l’accusa di incitazione alla violenza contro le autorità, Pashinian è stato condannato a sette anni dopo un processo controverso. Il caso ha attirato l’interesse dell’opinione pubblica internazionale a suo favore: durante la loro visita a Yerevan nel giugno 2010, Prescott e Colombier, due osservatori della PACE, avevano duramente contestato la “condanna politicamente motivata di Pashinian e di altri membri dell’opposizione”.

A novembre, Pashinian è stato oggetto di episodi di violenza nella prigione di Kosh, vicino a Yerevan, dove era inizialmente detenuto. Dopo aver denunciato tali abusi nei suoi articoli, è stato trasferito al carcere di Artik, a nord del Paese. Ufficialmente il provvedimento è stato adottato per “motivi di sicurezza”: al fine di “tutelare la salute del detenuto”, infatti, le autorità hanno deciso il trasferimento ad un altro penitenziario e posto il detenuto sotto “regime carcerario chiuso”. I sostenitori di Pashinian hanno denunciato come l’attività giornalistica dal carcere non possa esser più esercitata sotto il nuovo regime, a cui è sottoposto dagli inizi di dicembre, e hanno richiesto una maggiore pressione internazionale. A tal proposito, lo scorso 15 dicembre lo Human Rights House Network ha indirizzato una lettera al presidente armeno, al ministro della Giustizia e al Procuratore di Stato, denunciando le molestie fisiche e psicologiche subite da Pashinian e richiedendone l’immediata scarcerazione.

Secondo Zaruhi Postanjian, deputata del partito di opposizione “Zharangutyun” (Eredità), dopo la visita in carcere Hammarberg avrebbe dichiarato che “il rilascio di Mikaelyan è alquanto probabile a causa delle serie condizioni di salute”. Per quanto riguarda gli altri detenuti, invece, “la questione del loro rilascio è ad un punto morto: solo l’amnistia potrebbe risolvere il problema”. Un’altra indiscrezione è arrivata da Richard Giragosian, dell’Armenian Center for National and International Studies (ACNIS), secondo cui “le autorità si preparano ad un’amnistia da cui verranno però esclusi proprio Mikaelyan e Pashinian”. Più cauto l’Ombudsman Armen Harutyunyan che, pur auspicando “in qualità di difensore dei diritti umani la loro liberazione”, come avvocato riconosce che “non è possibile scarcerare tutti i detenuti insieme e che ogni caso richiede un approccio individuale”.

Durante la conferenza stampa tenuta al termine della missione, Hammarberg si è limitato a “non escludere un rapido rilascio dei nove oppositori”, esortando le autorità armene ad agire in conformità con le risoluzioni della PACE.In attesa della relazione finale sulla visita, altri due rapporti hanno espresso un giudizio negativo sulle autorità armene. Oltre a Human Rights Watch – che ha rimproverato le autorità armene per non aver “ancora avviato indagini sull’eccessivo uso della forza da parte della polizia” – anche l’Ombudsman ha definito la gestione delle indagini sugli eventi del 2008 “un vero fallimento per la polizia armena e il loro operato”.

A Yerevan si continua dunque a guardare con preoccupazione al futuro dei diritti umani, soprattutto dopo la notizia che l’Ombudsman lascerà il proprio incarico per diventare rappresentante regionale dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Bishkek. Il giudizio sulle autorità armene rimane negativo, e gli sviluppi futuri dipendono ora in gran parte dal presidente Sargsyan: a lui la scelta del successore di Harutyunyan e la ricerca di una soluzione per gli eventi del 2008.


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