Il canale d'Otranto si tinge ancora di rosso. In uno scontro avvenuto domenica notte tra un gommone carico di immigranti ed una motovedetta della GdF sono morte due persone. Altre due sono ferite gravemente. Riportiamo un commento di Elidon Lamani.

23/07/2002 -  Anonymous User

Avevo 13 anni, quando ho visto partire le prime navi piene di gente. Era agosto del 1991, ero sveglio dalle cinque di mattina, perché dovevo fare la fila al negozio degli alimentari (si era sparsa voce che quel giorno il negozio si sarebbe fornito di zucchero, riso e farina, ma non abbastanza per tutti). Verso le nove ho visto tanta gente che si dirigeva verso un punto preciso, in riva al mare. Alcuni correndo come pazzi, altri con le bici che poi scambiavano con camere d'aria che avrebbero usato come salvagente per raggiungere una nave a 500 metri dalla riva. Tra quella gente c'erano tanti miei parenti e amici, che, passandomi davanti, neanche mi salutavano. Il loro scopo era raggiungere la nave: andare in Italia. Oggi penso ancora a quel giorno, che in un certo modo ha condizionato la mia vita. Perché non sono partito anch'io? Non certo perché avevo 13 anni; c'erano anche ragazzi più piccoli che partivano. Forse avevo paura, o forse semplicemente a casa mia quel giorno aspettavano che io portassi riso e zucchero, chi sa...Quella nave e le altre che sono partite quel giorno, sono state prima respinte dall'Italia e successivamente da Malta. Qualcuno al ritorno da Malta si era tuffato nello stretto di Messina e aveva raggiunto l'Italia a nuoto, gli altri erano tornati. Era il secondo grande esodo, il primo era stato a marzo.Era finita l'epoca delle navi, cominciava quella dei gommoni.
Con mio cugino ci fermavamo spesso sopra una collina a guardare i gommoni che partivano, anche se tra noi c'erano 15 anni di differenza, eravamo amici stretti: nessuno di noi due voleva andare in Italia. Io ero uno studente lui un ufficiale in carriera, sentivamo forti le nostre radici in Albania, volevamo restare ma eravamo preoccupati, io perché giorno per giorno salutavo amici che non sapevo se avrei mai rivisto, lui perché la morale comune non condannava gli scafisti, anzi!I gommoni erano diventati un fiorente business, e lo scafista era quasi il "modello" da seguire. Per lui, formato alla vecchia scuola del regime, questo era inaccettabile.
Col tempo i nostri incontri in collina si erano diradati, tutti i valonesi che volevano partire se ne erano già andati, i gommoni adesso trasportavano i cinesi i curdi e gli albanesi del nord; il numero dei gommoni era aumentato e per sopravvivere incominciarono a trasportare droga. Arrivò il `96: mio cugino, che da giovane era stato il leader dei giovani comunisti valonesi, aveva vinto una borsa di studio per l'America, ma venne epurato per motivi politici, aveva 35 anni e adesso anche lui era disoccupato, sopra la collina guardavamo ancora i gommoni, ma il suo sguardo era diverso, una volta scomparso un gommone all'orizzonte lui fissava il vuoto.Lui non era come me aveva una moglie e una figlia di tre anni.Nel `97 si imbarcò, era il periodo in cui erano scoppiati gli scontri, Valona era diventato un posto pericoloso, ma non era questo il motivo che lo aveva spinto a partire, semplicemente voleva un lavoro e un futuro per sé e la sua famiglia. Nonostante 5 giorni prima fosse affondata la nave al largo del canale d'Otranto, decise di partire. «La paura del viaggio non è niente in confronto alla paura di non offrire un futuro a mia figlia», mi disse nel nostro ultimo incontro sulla collina.
Una volta in Italia, in uno dei campi d'accoglienza, incontrò degli ufficiali che si erano rifiutati di sparare contro le navi che salpavano per l'Italia e che per questo avevano disertato, questi ufficiali non parlavano l'italiano, mio cugino sì: fece da traduttore, si mischiò con loro ed ebbe l'asilo politico. Tanti anni di scuola militare, e per ricevere un visto si spacciò come disertore: «i principi non si mangiano», mi avrebbe detto, se ci fossimo incontrati.Ora fa il muratore a Venezia, i suoi studi nel genio gli sono serviti a qualcosa! Ogni volta che torna in Albania mi dice: «la prossima volta torno definitivamente», ma intanto la famiglia lo ha raggiunto a Venezia e a Valona oramai non ha più niente.
Ora dalla collina vedo i gommoni che non sono soli, dall'alto sembra quasi che ballino con le motovedette della Guardia di finanza che le inseguono.Io sono rimasto, forse perché ho paura dei gommoni e della guardia di finanza, forse perché la mia famiglia si aspetta qualcosa da me, o forse perché voglio costruire qualcosa qua.

Elidon Lamani - pubblicato su Il Manifesto

La tragedia avvenuta davanti alle coste di Valona


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