L'alluvione a Scutari, Albania - Giovanni Cobianchi

L'alluvione a Scutari, Albania - Giovanni Cobianchi

A partire da novembre Albania, Montenegro e Bosnia Erzegovina sono stati colpiti da pesanti alluvioni. Tragedie che ormai si ripetono tragicamente negli ultimi anni e che non possono essere affrontate se non in chiave regionale

16/12/2010 -  Marjola Rukaj Tirana

Le ultime sono state settimane molto dure per tutta l'area dei Balcani, colpita da gravi alluvioni. Fiumi e laghi sono esondati, coprendo d'acqua migliaia di ettari e isolando intere località, migliaia di abitanti sono stati evacuati e in alcune zone l'acqua ha raggiunto i 10 metri sul livello del mare. Il disastro ambientale ed economico è avvenuto a seguito di intense precipitazioni iniziate in novembre, che hanno colto alla sprovvista abitanti e autorità.

Ma la situazione delle ultime settimane non è un caso isolato e nel corso degli ultimi anni le cronache locali hanno riportato di numerose alluvioni.

Attualmente la situazione più grave sembra essere quella dell'Albania settentrionale dove è stato proclamato lo stato di calamità naturale per la quinta volta nel corso del 2010. Grave la situazione anche in Bosnia e Montenegro.

Lo scaricabarile sulle responsabilità

I politici si sono precipitati a sottolineare che le precipitazioni dell'ultimo anno sono state le più ingenti degli ultimi 100 anni. Come a dire, contro la natura non si può fare nulla. Il fatto che il fenomeno riguardasse tutta la regione balcanica ha funzionato inoltre come ulteriore giustificazione per le autorità, colte impreparate dall'ennesima alluvione. I cittadini danneggiati invece denunciano le mancate misure che hanno aggravato le conseguenze dell'inondazione. Mentre molti gruppi di ambientalisti sottolineano che queste sono tragedie che possono essere evitate.

In Bosnia e in Albania qualcuno se l'è presa con le idrocentrali come enti diretti responsabili del disastro. “Chi è colpevole?” e “Si poteva evitare?” sono i titoli apparsi spesso nei media balcanici. Dato inoltre che si tratta di paesi confinanti attraversati da sistemi fluviali comuni, si è persino attivato un reciproco scaricabarile di responsabilità. Le autorità di Gorazde, cittadina bosniaca molto colpita dall'alluvione, hanno fatto causa all'idrocentrale di Mratinje in Montenegro per aver aperto le dighe. A sua volta il Montenegro, in cui sono state allagate ben 11 province, si è trovato a fare i conti con le scariche delle idrocentrali dell'Albania e dell'esondazione del fiume Buna/Bojana che delimita il confine tra quest'ultima e il Montenegro. L'allagamento ha trasportato nel territorio montenegrino non solo le acque albanesi, ma anche enormi quantità di rifiuti urbani e sanitari che portano l'etichetta albanese. Lo stesso si è verificato anche sulle coste croate all'inizio delle precipitazioni massicce nei Balcani. Mentre in Albania, riguardo l'allagamento nella zona sud-orientale, vi è stata una campagna mediatica che additava come responsabili le idrocentrali della vicina Macedonia.

L'alluvione si è trasformata in tal modo in un problema comune di tutti i vicini balcanici. Simili anche i punti di vista dei cittadini che hanno avuto le idee chiare sin dall'inizio puntando il dito verso le autorità locali. “Tutti gli anni la stessa cosa” si legge nei giornali montenegrini. “Non è la natura che è impazzita, è lo stato che non reagisce” commenta una lettrice sulle pagine del croato Jutarnji List. Mentre a Scutari, trasformata in una tragica Venezia, i cittadini si trovano a fare i conti con la quinta alluvione nel corso del 2010 senza aver ancora ricevuto alcun risarcimento dei danni dell'alluvione che ha colpito la zona lo scorso febbraio.

Infrastrutture idriche allo sbando

In tutti i paesi dell'area è attualmente in corso un dibattito attorno alle cause dell'inondazione più disastrosa degli ultimi anni, ma anche sulle misure da intraprendere per evitare che ciò si ripeta. Sono in molti a sottolineare come quanto successo vada attribuito in gran parte alla mancata manutenzione, negli ultimi 20 anni, dalla fine del comunismo, delle infrastrutture idriche. Gli abitanti delle zone allagate, intervistati dai media, hanno puntualmente denunciato il mancato intervento delle autorità locali su canalizzazioni, dighe e argini di fiumi e torrenti.

Non è certo un caso che le alluvioni si siano verificate in tutta la regione. I paesi dei Balcani occidentali infatti presentano per molti versi problematiche socio-politiche simili, da cui scaturiscono problemi ambientali comuni, che hanno amplificato le conseguenze delle alluvioni. Negli ultimi 20 anni la regione è caratterizzata da un forte inurbamento, in seguito a numerose migrazioni interne per motivi economici o etno-culturali. Tali migrazioni hanno provocato un caos edilizio ed urbano che sfugge al debole controllo dei piani regolatori. Data la corruzione di politici e funzionari locali tale fenomeno è stato ampiamente tollerato, tant'è che le costruzioni abusive sono prassi comune, in attesa delle sanatorie che rimettono sistematicamente tutti in regola.

Di non poca importanza è inoltre, come già accennato, la mancata manutenzione delle infrastrutture esistenti. Nei media è stato ampiamente denunciato il fatto che le dighe e gli argini collassati durante le ultime alluvioni in Albania e in Montenegro hanno subito gli ultimi interventi di manutenzione più di vent'anni fa. I governi dei paesi balcanici infatti investono cifre relativamente alte nelle infrastrutture, ma l'investimento in tale settore è utilizzato per lo più per fini elettorali e vengono di conseguenza preferiti gli interventi dall'impatto più visibile, come le autostrade, piuttosto che le strutture invisibili e molto costose in termini di manutenzione come vecchie idrocentrali o opere di arginatura di fiumi e laghi.

Da non sottovalutare, denunciano gli ambientalisti, anche il processo di deforestazione che interessa molte aree balcaniche. Secondo l'ambientalista albanese Xhemal Mato, le montagne albanesi sono in fase di deforestazione incessante, tanto che nel corso degli ultimi 20 anni il paese ha perso circa il 60% del suo patrimonio forestale, non escluso quello che dovrebbe essere tutelato perché parte di parchi nazionali.

Problemi comuni, risposte comuni

La grave situazione delle alluvioni che ha accomunato i paesi balcanici, spesso mettendoli in rapporti reciproci imbarazzanti, ha messo a nudo anche una mentalità diffusa certamente poco attenta all'ambiente. Le inondazioni a effetto domino e i rifiuti trasportati dalle alluvioni, dovrebbero spingere all'acquisizione di un tipo di responsabilità comune in questo campo. Ma nonostante l'attuale fase politica in cui la coesione tra i paesi balcanici è in crescita, le tematiche ambientali e le azioni concrete da intraprendere in questa direzione mancano nell'agenda della collaborazione regionale. E' però vero che qualcosa si intravvede all'orizzonte. Le autorità albanesi e quelle montenegrine ad esempio, hanno recentemente sottoscritto un accordo che avvierà un progetto comune per l'intervento nel letto del fiume Buna/Bojana.

Rimane nel frattempo da gestire l'emergenza, che i governi balcanici hanno affrontato con l'aiuto dei vicini più ricchi come l'Italia, la Grecia, la Turchia, e anche la stessa Nato.


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