E se si pensasse a un Ministero per lo sviluppo internazionale? Con questa proposta il direttore esecutivo della Banca Mondiale per l'Italia Biagio Bossone ha voluto alimentare la discussione pubblica sul tema della gestione degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo e ha presentato il progetto al Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi e a Romano Prodi, leader dell'Unione

12/01/2006 -  Roberta Bertoldi

Biagio Bossone in un'intervista al mensile Nigrizia dichiara che oggi siamo di fronte a un "quadro strategico che latita, a modalità operative opache, a strumenti amministrativi che provocano ritardi, inefficienze, scarso impatto dell'impegno finanziario". Il tutto, inserito in una politica di tagli che ha portato l'Italia a destinare agli aiuti allo sviluppo lo 0,15% del reddito nazionale, quando, 15 anni fa, la quota era lo 0,37%. Per Bossone è quindi necessario rivoluzionare il modello attuale ispirandosi a quello inglese e propone la creazione di un nuovo Ministero per lo sviluppo internazionale che unisca le competenze che a tutt'oggi sono suddivise tra il Ministero degli Esteri, dell'Economia, dell'Ambiente e la Banca d'Italia che coordina la cooperazione con il Fondo Monetario Internazionale, la Banca mondiale o le Banche di sviluppo regionali.

Cooperazione e sviluppo ai paesi poveri devono diventare temi centrali della politica italiana. "Si tratta di 'una scelta di egoismo illuminato' - dichiara Bossone - la lotta alla povertà e il sostegno allo sviluppo costituiscono, oggi, un obiettivo importante, non solo per ragioni altruistiche o moralistiche. Il problema è la governance mondiale. Ci sono fenomeni sempre più globali, transnazionali che minacciano il mondo ricco. È nostro interesse attrezzarci". Secondo Bossone oggi la politica allo sviluppo è inefficace. "Serve un centro, un ministero, che abbia tutti i poteri e le risorse per svolgere in modo coordinato e coeso le politiche del settore. Invece, oggi, gli organismi che si occupano di sviluppo internazionale hanno altre priorità, e lo sviluppo è un tema che viene dopo. Se ci sono tempo e risorse, lo si affronta. Siamo di fronte, poi, a una pluralità di istituzioni e centri che devono, in ogni caso, coordinarsi. Un coordinamento non semplice perché- osserva Bossone - oltre ai ministeri degli esteri e dell'economia, c'è l'attivismo del ministero dell'ambiente, il ruolo delle regioni e degli enti locali, sempre più protagonisti in campo internazionale".

Anche Giulio Marcon, Fondatore dell'Ics, Consorzio italiano solidarietà - è d'accordo con la prospettiva futura di creare un Ministero specifico che abbia indirizzi specifici e indipendenti dalle 'politiche internazionali'. "Se questi problemi non verranno risolti, con gli anni ci troveremo di fronte a nuove problematiche sempre più difficili da affrontare".

L'urgenza di rispondere ai bisogni del mondo impoverito con una cooperazione allo sviluppo snella ed efficace è condivisa anche da Sergio Marelli, presidente dell'Associazione Ong italiane che chiede prima "una discussione a livello politico e culturale affinché ci sia la consapevolezza che la cooperazione internazionale è un tema centrale della vita sociale. Deve avere dignità e priorità politica. Le altre azioni governative devono adeguarsi e rapportarsi in modo coerente con l'attività di sviluppo internazionale." Preferibile per Marelli è l'idea di un viceministro nella Farnesina da affiancare a un viceministro al commercio estero per avere più peso nelle scelte di politica internazionale.

Stringata la risposta del Ministro agli affari esteri, Gianfranco Fini: "Apprezzo la proposta di Bossone. Ma preferisco la soluzione di un viceministro ad hoc per la cooperazione, incardinato nel ministero degli esteri. Un ruolo più funzionale alla strategia che noi abbiamo in fatto di aiuto ai paesi in via di sviluppo".

Più articolato il ragionamento dell'onorevole Umberto Ranieri, diessino, già sottosegretario agli esteri nel governo D'Alema e oggi vicepresidente della commissione affari esteri della Camera. "Penso che la cooperazione debba essere completamente riorganizzata. In questi anni si è determinata una situazione in cui la cooperazione ha visto ridursi sempre più le risorse, che oggi sono drammaticamente inadeguate. E' necessaria una decisione politica che determini una crescita delle risorse disponibili. In questo momento, sono due i settori strategici per l'Italia: i Balcani e il Mediterraneo. In entrambe le direzioni dovrebbe essere riqualificata l'azione della cooperazione e potenziate le risorse economiche".

E non solo i contributi italiani ai paesi in via di sviluppo calano di anno in anno ma è scarsa anche l'efficacia di questi aiuti. Basta osservare le tabelle elaborate dal Center for Global Development di Washington, che dal 2003 elabora indici che valutano sinteticamente la dimensione e l'efficacia degli aiuti allo sviluppo di 21 paesi industrializzati. I risultati per il 2005 collocano l'Italia al ventesimo posto, in linea con le rilevazioni per il 2004 e il 2003.


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