Izet ''Kiko'' Sarajlic è uno dei poeti più rappresentativi di Sarajevo. A lui è stata dedicata la sesta edizione degli ''Incontri internazionali di Poesia''. Promossi dalla Casa della Poesia di Salerno in collaborazione con l'Ambasciata italiana

08/10/2007 -  Anonymous User

Di Cecilia Ferrara

Già di per sé tre giorni dedicati alla Poesia sono un evento eccezionale, se poi si tengono a Sarajevo organizzati da una associazione di Salerno, in collaborazione con l'Ambasciata Italiana e dedicati ad uno dei poeti più rappresentativi della capitale bosniaca, Izet "Kiko" Sarajlic, acquistano ancor più interesse. Per il sesto anno si è compiuto questo piccolo miracolo. Nei locali di uno storico teatro sulla via Alipašina si sono svolti dal 28 al 30 settembre scorso gli "Incontri internazionali di Poesia" dedicati a Izet Sarajlić, poeta di Sarajevo scomparso nel 2002 che a Sarajevo ha vissuto l'assedio perdendo, tra l'altro, due sorelle e, subito dopo la fine della guerra, la moglie.

Sarajlić era poi diventato un convinto sostenitore della Casa della Poesia di Salerno, diventandone presidente onorario e proprio mentre stava prendendo forma l'idea di portare un festival internazionale di poesia a Sarajevo, "Kiko" è morto lasciando un vuoto incolmabile. Per questo l'impegno con cui la Casa della Poesia e l'Ambasciata Italiana hanno voluto portare a termine il suo progetto è diventato doppiamente importante e gli incontri, dal 2002, sono dedicati al poeta sarajevese. "Come per Izet Salerno era diventata la sua seconda città - racconta Sergio Iagulli direttore di Casa della Poesia alla vigilia dell'evento - così per noi Sarajevo è diventata la nostra seconda città visto che da sei anni veniamo qui per portare la poesia di tutto il mondo e visto che ormai gli Incontri sono diventati una manifestazione tra le più importanti del cartellone culturale di Sarajevo".

Racconta Sinan Gudževic, amico stretto di Sarajlić poeta lui stesso, filologo e traduttore nonché anima principale per l'organizzazione degli Incontri di Sarajevo: "Izet era fissato con l'idea di portare tutti i poeti di Casa della Poesia a Sarajevo. Lui era già stato direttore di un festival nella sua città, ma era stato colpito dall'atmosfera che aveva trovato nell'ambiente dei festival organizzati dalla Multimedia edizioni/Casa della poesia di Salerno. Questi poeti buoni, tranquilli, amanti del vino e soprattutto grandi antifascisti". "Izet era un uomo speciale, come se ne trovano pochi. Quando è morto tutti noi abbiamo vissuto un lutto terribile. Per questo ci siamo messi in testa di riuscire ad esaudire il suo desiderio di fare un festival a Sarajevo - continua Gudževic - è stata un'impresa ciclopica che bisogna dire non sarebbe avvenuta senza il sostegno della Casa della Poesia e dell'Ambasciata Italiana a Sarajevo. Tanto che ogni anno ci dicevamo a bassa voce: 'vedrai questo è l'ultimo anno'. Ed invece siamo di nuovo qui".

Come ogni anno dunque si sono tenuti al teatro Prvi Maj tre giorni di readings di poesie, musica e proiezioni di video. Nei pomeriggi invece eventi e presentazioni. Quest'anno sono stati ricordati due grandi poeti Allen Ginsberg e Umberto Saba nel cinquantesimo della sua morte. Mentre il primo pomeriggio è stato dedicato alla pubblicazione in italiano di "Epigrammi Romani" di Gudževic che ci racconta perché ha scelto questa forma poetica: "Io ho studiato la poesia latina greca e la letteratura, poi ho tradotto l'Antologia Palatina che per me è il più grande libro in assoluto. L'epigramma è un genere che ai tempi nostri viene considerato un componimento poetico pungente ma si tratta di un genere molto più complesso. L'epigramma è arguto, malinconico, autoironico, d'amore, tombale e anche filosofico".

Quest'anno i poeti che hanno popolato il fumoso e affollato teatro Prvi Maj sono stati 17 da 12 paesi diversi dalla Tunisia, all'Egitto, alla Turchia all'Olanda agli Stati Uniti e molti altri paesi. Ma specialità di questi incontri è che sono internazionali in tutti i sensi, non solo i partecipanti, ma anche il pubblico per metà è italiano e internazionale. La Casa della Poesia riesce infatti a portare ogni anno un paio di pulman di persone dall'Italia, amici appassionati della poesia, curiosi di Sarajevo e dei Balcani, persone che già sono state agli incontri e ogni anno tornano e attivisti di differenti associazioni. I poeti sono lì che parlano con loro che raccontano le loro esperienze, prima o dopo il reading che generalmente viene accompagnato da un gruppo jazz formato da Marco Collazzoni, Luca Colussi, Alessandro Bravo, Simone Serafini e Almir Nezić.

Poteva quindi capitare di parlare con Metin Cengiz, il poeta turco che sempre ride e scherza sul suo amore per il bere e le donne, e di vederlo farsi serio all'improvviso nel ricordare lo sciopero della fame che ha portato avanti negli anni ottanta quando è stato per tre anni in prigione perché membro del partito comunista e che ti racconti delle labbra screpolate e delle gengive bianche. O che il poeta tedesco-siriano Adel Karasholi inizi all'improvviso a suonare melodie arabe con un piccolo flauto di legno intarsiato. Ma anche più prosaicamente che il poeta olandese Ruben Van Gogh che racconta del suo inizio di carriera come "stand up comedian" ovvero cercare di far ridere il pubblico in 7 minuti.

E sul palco le lingue si susseguono l'una diversa dall'altra sempre suggestive: dall'arabo che celebra il Nilo di Hassan Teleb, al tedesco dello svizzero Beat Brechbul, al francese di Tahar Bekri, allo spagnolo dei poeti Jordi Doce e Mauel Rico all'italiano di Roberto Mussapi e Gianluca Paciucci. E ovviamente le lingue della ex Jugoslavia, lo sloveno di Maja Vidmar e il bosniaco di Bjanka Alajbegovic, Nenad Veličković e Abdulah Sidran. Da segnalare infine la potenza della jazz poetry della californiana Genny Lim terminata con un coinvolgente blues.


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