La cattedrale di Dakovo, Slavonia (foto Ben Hays)

La Croazia è uno dei Paesi in transizione più centralisti. L'attuale ripartizione amministrativa, eredità dell'epoca Tudjman, è ora messa in discussione sia dagli standard europei che dagli amministratori locali. La situazione in Istria, le proposte del sindaco di Osijek, Zlatko Kramaric

04/05/2005 -  Drago Hedl Osijek

Una proposta di riforma della ripartizione amministrativa della Croazia, che diminuirebbe il carattere centralista del Paese creando diverse regioni, e sostituendo gli attuali 21 distretti e innumerevoli cittadine e contee, ha creato una bufera a Zagabria. L'iniziatore di questa idea, il parlamentare fino a ieri tra i più influenti esponenti del partito del premier, l'Unione Democratica Croata (HDZ), Branimir Glavas, è stato rapidamente estromesso dal partito, con la motivazione che la sua proposta era in contrasto con la politica ufficiale.

Malgrado l'esclusione del potente 'pescecane' della Slavonia dall'HDZ non fosse legata unicamente alla proposta di creare le unità regionali - Glavas era da tempo in conflitto con la leadership del partito, avendo contrariato il premier Sanader con pubbliche celebrazioni del generale latitante Ante Gotovina, ricercato dal Tribunale dell'Aja - Zagabria è ancora allergica a qualsiasi proposta di una diversa organizzazione amministrativa del Paese. Uno Stato fortemente centralizzato, dove tutto è deciso a Zagabria, capitale politica, economica e di ogni altro potere - proprio come al tempo del governo di Franjo Tudjman - è il modello ancora alla base della Croazia.

Questo crea un crescente malumore nelle altre parti del Paese, anche perché - su richiesta dell'Unione Europea - lo sviluppo delle sue 4 regioni viene tenuto sotto osservazione per raffrontare più facilmente le condizioni della Croazia con quelle degli Stati UE. La Croazia è quindi divisa in 4 regioni statistiche, che probabilmente in futuro diventeranno regioni vere e proprie, dato che storicamente sono sempre state considerate tali. Tuttavia, a causa dell'idea di Tudjman di una "forte Croazia" e della sua costante minaccia che la regionalizzazione del Paese avrebbe portato all'autonomia delle regioni, la Croazia attuale, secondo gli analisti, è uno dei Paesi in transizione più centralizzati.

Una delle 4 regioni croate, per ora solo da un punto di vista statistico, la Croazia orientale (che comprende la Slavonia), è la più lontana dall'Europa. Il prodotto interno lordo pro capite della Slavonia non raggiunge neppure un terzo della media dell'Unione Europea. La regione adriatica e la Croazia centrale sono al 38 e 40% della media dell'UE, mentre la regione di Zagabria si colloca al 65%. A causa di queste condizioni, la Slavonia è la più insoddisfatta, ma anche le altre due regioni ritengono che Zagabria si stia avvantaggiando e sviluppando a loro spese.

Malgrado possa sembrare contraddittorio per un Paese centralizzato, la Croazia, con i suoi 4,5 milioni di abitanti, ha 21 distretti, 124 città e 426 contee. Tutte queste numerose, piccole contee, tuttavia, non hanno nessun potere reale, e neppure le città e i distretti sono in una posizione migliore. Zlatko Kramaric, sindaco di Osijek, una delle 4 città croate con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti, ha recentemente inviato al Parlamento una proposta sulle grandi città. Obiettivo della legge sarebbe quello di parificare la condizione di tre città (Osijek, Rijeka, Split) con lo status di Zagabria, e dare loro maggiore potere e la possibilità di disporre direttamente delle proprie entrate.

"Con l'ingresso della Croazia nell'Unione Europea dovrà esserci una differente ripartizione amministrativa del Paese - avverte Kramaric. La Croazia, in base agli standard europei, dovrà avere 2 o 5 regioni. Gli standard dell'UE, relativamente alle regioni, variano da 800.000 a due milioni di abitanti per regione. Io credo che la Croazia dovrebbe avere 5 grandi regioni, e centro di queste regioni potrebbero essere le grandi città".

Guste Santini, noto economista, ritiene che l'attuale numero di contee e distretti sia troppo grande, e le spese enormi. Una tale divisione territoriale, dice Santini, sarebbe irragionevole anche se la Croazia fosse un Paese ricco, che purtroppo non è. Quello di cui la Croazia ha veramente bisogno sono solo 40 contee, 5 distretti, uno status speciale per Zagabria, Rijeka, Split e Osijek - aggiunge l'economista, ricordando che anche il numero dei Ministeri nel governo è troppo grande. Un gran numero di contee e distretti, come anche di funzionari, non significa in alcun modo una più grande democratizzazione del Paese ma, al contrario, maggiore burocrazia, conclude Santini.

La più sviluppata regione della Croazia, l'Istria, ha anche il livello più alto di coscienza regionalista. Da quando è stato creato il nuovo Stato croato infatti, nel 1990, in Istria c'è un forte partito regionalista, la Dieta Democratica Istriana, che da allora è ininterrottamente al potere. Tudjman ha cercato in tutti i modi di impedire lo sviluppo del regionalismo in Istria, e per un certo periodo ha addirittura creato un dipartimento speciale del governo incaricato di controllare l'Istria. L'ex presidente aveva anche introdotto il termine "Croazia orientale" e "Croazia meridionale" nel linguaggio ufficiale per sostituire le denominazioni storiche di quelle regioni, Slavonia e Dalmazia.

Zagabria dovrà così fare fronte alla necessità di decentralizzare il Paese, in parte a causa delle pressioni che arrivano dalle stesse regioni, in parte a causa degli standard dell'Unione Europea, nella quale le regioni rappresentano il nucleo dell'amministrazione. Malgrado il governo centrale stia attualmente resistendo ad una tale ripartizione del Paese, le pressioni per una regionalizzazione stanno diventando sempre più numerose. Il divario di Zagabria con le altre regioni inasprirà la questione, e l'attuale governo dovrà prima o poi cedere alle richieste.


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