Stando ai dati ufficiali il Caucaso è fedele a Putin ma il voto in Abkhazija ed Ossezia del Sud è una miccia nella polveriera dei "conflitti congelati". Sullo sfondo la questione del Kosovo

11/12/2007 -  Davide Cremaschi

Un vero e proprio trionfo elettorale per il partito del Presidente "Russia Unita". La maggioranza dei due terzi alla Duma gli permette ora di modificare la Costituzione autonomamente. Anche se in patria e all'estero si sollevano forti dubbi sulla regolarità delle elezioni parlamentari del 2 dicembre, nulla sembra impensierire i piani di Putin. Pieno appoggio al Presidente sia in Caucaso del Nord che nelle due Repubbliche non riconosciute del Caucaso del sud. Alle quali la nuova Duma potrebbe ora regalare il riconoscimento dell'indipendenza. Un destino che sembra ormai legato a doppio filo all'imminente definizione dello status del Kosovo.

La Russia è unita attorno a Putin: le fonti ufficiali delineano un plebiscito in Caucaso

Alla Duma di Stato solo quattro partiti superano la soglia di sbarramento del 7%. La Commissione Elettorale Centrale (ZIK) ha annunciato che il partito di Putin "Russia Unita" riceverà 315 seggi (su un totale di 450). Il Partito Comunista si fermerebbe a quota 57. Rispettivamente 40 e 38 seggi andrebbero ai liberal-democratici di Žirinovskij e a "Russia Giusta" di Sergej Mironov.

Un risultato ancora più marcato in Caucaso, stando ai risultati - ormai definitivi - comunicati dalla Commissione elettorale. Le Repubbliche più filo-presidenziali della regione si rivelerebbero proprio le più martoriate Cecenia ed Inguscezia: la crocetta sull'Orso (il simbolo del partito di Putin) sarebbe stata tracciata rispettivamente dal 99,36% e dal 98,72% dei votanti.

In Cecenia, Kabardino-Balkarija, Inguscezia e Daghestan l'affluenza avrebbe superato il 90%. La Cecenia avrebbe addirittura battuto ogni record. Con il 99,21% di affluenza risulta essere il soggetto della Federazione in assoluto più attivo alle urne.

Dal coro dei politici (russo-uniti) soddisfatti sul dato della forte adesione e sulla sostanziale correttezza della tornata elettorale prende le distanze il candidato ceceno nelle liste dell' "SPS - Unione delle forze di destra" Timur Aliev, che ritiene che non più del 30% degli aventi diritto al voto si siano realmente recati alle urne (fonte: Kavkazskij Uzel). Il membro di un'organizzazione non governativa ritiene il dato sull'affluenza alle urne in Cecenia "una totale assurdità", stimando la partecipazione reale attorno al 15-20 % degli aventi diritto. "Molti dei conoscenti con i quali ho parlato oggi non sono andati a votare", spiega l'uomo all'agenzia di informazione Kavkazskij Uzel, "Tutti capiscono che il dato sul 99,21% di affluenza è assolutamente inverosimile. Ma Tacciono. Perché non resta altro da fare".

Il partito liberale Jabloko in Inguscezia ha riferito invece di non essere in grado di segnalare alcuna lamentela sulle procedure di voto, data la scarsa presenza dei propri rappresentanti ai seggi. "La campagna elettorale", ha riferito un politologo inguscio "si è limitata alla presenza di qualche grande cartellone elettorale della sola Russia Unita. La presenza degli altri partiti, sia prima delle elezioni che nei seggi il 2 dicembre, è stata insignificante".

Per trovare un dato sull'affluenza vagamente paragonabile alla media della Federazione bisogna spostarsi in Ossezia del Nord-Alania. La Repubblica in cui sorge la cittadina di Beslan si discosta nettamente dal resto del Caucaso quanto a partecipazione alle elezioni. Alle 19.00 ora locale, avevano votato meno della metà degli aventi diritto al voto (45,45%). Il dato, il più basso in assoluto di tutta la Federazione e dunque addirittura minore di quello rilevato nelle gelide province siberiane, si è però attestato - due ore dopo e a chiusura dei seggi - a 62,5% (in media con il dato federale). Il leader di LDPR in Ossezia riferisce che la gente sarebbe andata a votare "sotto pressione" perché "spaventata", anche se aggiunge di non poter dimostrare la sua affermazione (fonte: Kavkazskij Uzel).

L'appuntamento elettorale era qui piuttosto importante: oltre che per la Duma di Stato, i residenti in Ossezia erano chiamati a votare per il rinnovo del Parlamento della Repubblica e delle assemblee provinciali. Così come particolarmente significative sono state anche le elezioni in Cecenia: si votava il referendum per approvare le modifiche alla Costituzione (più di 50 articoli) volute dal Presidente Ramzan Kadyrov.

Intanto il dibattito sulla validità delle elezioni continua. Nell'impossibilità di provare falsificazioni sulle procedure di voto o sul dato dell'affluenza alle urne, le accuse principali delle organizzazioni internazionali si concentrano sulle violazioni della libertà di stampa nel corso della campagna pre-elettorale. Un esempio su tutti: il direttore di "Ossezia. Sguardo libero", si è visto impedire dal ministero dell'Interno la diffusione del giornale per "propaganda elettorale illegale". La testata avrebbe diffuso un manifesto elettorale di Vissarion Aseev, candidato al collegio di Beslan per conto del partito (di Kasparov) Fronte Civile Unito.

In Russia numerosi esponenti del partito di governo rigettano con sdegno le aspre critiche del Consiglio d'Europa e dell'OSCE.
Un'anteprima delle frizioni tra Mosca e l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa si era già registrata a novembre, dopo che le autorità russe avevano impedito "per irregolarità nei documenti di ingresso nella Federazione" l'arrivo di una parte degli osservatori internazionali dell'ODIHR. L'OSCE ha imputato ai russi i ritardi nella consegna delle pratiche per ottenere i visti. Una contestazione subito rispedita al mittente dal Presidente della Commissione Elettorale centrale, Vladimir Čjurov.

Accuse di brogli si sollevano però anche in patria, questa volta dai leader di tutti e sette i partiti risultati esclusi dalla Duma. Il Partito Comunista ha annunciato manifestazioni di protesta in tutta la Russia. Persino uno dei partiti usciti nel complesso vincitori dalla competizione - Russia Giusta - denuncia brogli a proprio sfavore in Ossezia del Nord (fonte: REGNUM).
Mentre quello delle irregolarità rimane fino a prova contraria solo un sospetto, per quanto fondato, almeno in Daghestan la campagna elettorale è stata senza dubbio inquinata da un episodio di sangue correlato al voto. Due settimane prima della tornata elettorale viene infatti ucciso a colpi d'arma da fuoco il leader locale di Jabloko, Farid Babaev.

Il voto in Caucaso del sud. Una miccia nella polveriera dei "conflitti congelati"

Molto alta la partecipazione al voto anche in Ossezia del Sud ed in Abkhazija: qui l'80% della popolazione ha ottenuto il passaporto russo e ha di conseguenza ricevuto la scheda elettorale. Il segnale politico del voto è arrivato chiaro anche a Tbilisi, alle prese in queste settimane con la campagna elettorale presidenziale.

In un briefing post-elettorale dalla sede di Russia Unita, riportato dall'agenzia di informazione Rosbalt, il presidente della Duma Boris Gryzlov ha detto di aver guardato "con interesse" a come i residenti in Abkhazija si siano pronunciati in occasione di questa tornata elettorale. Ed ha aggiunto che la nuova Duma "prenderà in considerazione la questione del riconoscimento delle due repubbliche fedeli a Mosca più avanti. Per esempio, a gennaio".

Il noto analista politico (vicino a Putin) Sergej Markov ha dichiarato che "hanno più chances di ottenere il riconoscimento all'indipendenza gli abkhazi, di quante ne abbiano gli albanesi". Un esplicito riferimento ai Balcani. Se, come molti osservatori ritengono probabile, il Kosovo dichiarerà la propria indipendenza dalla Serbia, un riconoscimento internazionale da parte degli occidentali imprimerebbe una forte accelerazione alla politica russa in Caucaso del sud.
Non è un caso che il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, abbia fatto sapere da Bruxelles che l'eventuale indipendenza del Kosovo costituirà de facto "un precedente" per lo spazio geopolitico post-sovietico.


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