Un campo per rifugiati in costruzione ad Atene (foto: © Alexandros Michailidis/Shutterstock)

Un campo per rifugiati in costruzione ad Atene (foto: © Alexandros Michailidis/Shutterstock )

Lo scorso anno i conservatori sono tornati al potere in Grecia. Il loro approccio verso l’immigrazione prevede molti più controlli e vincoli per i richiedenti asilo: il governo sostiene che così il sistema diventerà più efficiente, ma alcune organizzazioni non governative sono scettiche

04/02/2020 -  Eleni Stamatoukou Salonicco

Fino all’estate 2019 la responsabilità della gestione dei campi per rifugiati in Grecia spettava al ministero delle Politiche migratorie. L’8 luglio scorso, il nuovo governo di centrodestra la ha trasferita al ministero per la Protezione dei cittadini, responsabile in Grecia dei servizi di pubblica sicurezza.

Rispetto all’esecutivo di Alexis Tsipras, il nuovo governo ha adottato nel complesso una linea più dura sull’immigrazione, accusando i predecessori di aver gestito la crisi dei rifugiati in maniera inadeguata e di aver abbandonato le persone in condizioni disumane, in campi e centri di accoglienza sovraffollati. L’Ufficio europeo per la lotta anti-frode (Olaf) ha anche aperto un’indagine su presunte irregolarità riguardo all'uso di fondi europei che erano stati concessi alla Grecia durante il governo Tsipras per migliorare le condizioni di vita di migranti e rifugiati.

Un controllo crescente

Durante l’estate 2019, il governo guidato da Nuova Democrazia non ha più concesso la carta per l’assistenza sanitaria a cittadini non europei, impedendo così l'accesso al sistema sanitario greco. Il Parlamento ha approvato una nuova controversa legge sul diritto d’asilo, che permette di velocizzare la procedura di valutazione delle domande. Il governo ha anche annunciato la chiusura dei famosi centri di accoglienza e identificazione sulle isole dell’Egeo orientale, la creazione di nuovi centri di detenzione chiusi e la trasformazione dei campi per rifugiati sulla Grecia continentale in campi controllati.

Il termine “controllati” ha sollevato molti dubbi sul futuro funzionamento delle strutture di accoglienza. OBC Transeuropa ha analizzato la nuova legge (L.4636/2019) , votata il 1° novembre 2019. Il modo in cui è scritta lascia spazio a molte ambiguità, ma la legge non riporta mai il termine “controllati”. Abbiamo chiesto al Segretario speciale per la prima accoglienza presso il ministero dell’Immigrazione Manos Logothetis di spiegarci che cosa si intenda esattamente quando si parla di campi profughi controllati: “Significa centri sicuri. Lo stato saprà chi c’è nel campo e con chi è, per quanto rimane, quando lascia il campo o vi rientra e che tipo di servizi sta ricevendo, oltre a sapere chi ci lavora. Oggi, i campi per rifugiati sono aperti a tutti, e ciò non garantisce la sicurezza di chi ci vive”. Nello specifico, i residenti dei campi riceveranno una tessera di plastica che riporterà alcuni dati personali, come una foto, probabilmente le impronte digitali e un codice a barre identificativo.

L’annuncio della costruzione di centri chiusi ha scatenato critiche, dato che potrebbe provocare effetti inattesi e aumentare la xenofobia. In settembre 2019, circa 150 residenti dei campi hanno bloccato le corsie della strada statale Atene-Lamia, protestando contro il loro lungo soggiorno presso il campo di Malakasa e per le loro condizioni di vita. In novembre scorso, un gruppo nazionalista ha protestato contro la presenza di rifugiati musulmani, bevendo alcol e mangiando maiale fuori dal campo di Diavata. A Vrasna, un villaggio nel nord della Grecia, gli abitanti hanno bloccato gli autobus che trasportavano rifugiati e migranti dalle isole, che dovevano essere trasferiti nell’area.

"Proteste e casi di violenza stanno già avvenendo nei campi per rifugiati", ha spiegato Logothetis. "La mia priorità è evitare questi incidenti, che sono alimentati da un senso di insicurezza proveniente sia dai residenti dei campi sia dalla popolazione locale. Una società democratica ti dà il diritto di fare tutto ciò che vuoi, ma allo stesso tempo prevede norme e sanzioni. L’unica cosa che faremo sarà garantire alcuni controlli. Una società ben organizzata deve proteggere i diritti delle persone che cercano protezione, quindi vogliamo creare un quadro semplice, giusto e rapido che dia giustizia a questo paese".

Come funzionavano i centri di accoglienza e identificazione

Il governo Tsipras aveva creato sei centri di accoglienza e identificazione in località di confine sulle isole dell’Egeo orientale e nella regione dell'Evros, per gestire il primo trattamento amministrativo dei nuovi arrivi in Grecia. In questi centri si svolgeva la registrazione e l’identificazione, il controllo medico e psico-sociale, la fornitura di informazioni, la gestione di persone con problematiche specifiche, l'avvio di ulteriori procedure amministrative, e così via.

In conformità alla legge 4375/2016, i nuovi arrivati sarebbero dovuti rimanere in questi centri fino a un massimo di 25 giorni. Fino a poco tempo fa, i cinque centri situati sulle isole funzionavano come centri di registrazione, oltre a essere di fatto siti di accoglienza per richiedenti asilo e persone inserite in una procedura di rientro/riammissione. In realtà, quei centri ospitavano rifugiati e migranti per ben più di 25 giorni, fino alla conclusione delle procedure di riammissione e asilo. Solo il centro di Fylakio, Grecia continentale, era in funzione a scopo di registrazione entro i 25 giorni.

Dall’inizio della crisi dei rifugiati fino ad ora, migliaia di persone sono state lasciate per più di un anno sulle isole greche in condizioni disumane, condannate a soffrire a causa della mancanza di accesso sicuro a cibo, acqua, assistenza sanitaria e alloggio. A dicembre scorso Human Rights Watch ha invitato il governo greco ad adottare misure per assicurare i diritti di base, i servizi e la sicurezza di donne e bambine a Moria e negli altri hotspot collocati sulle isole.

I centri di accoglienza e identificazione

I nuovi centri di detenzione

La legge introdotta da Nuova Democrazia stabilisce lo smantellamento di questi centri e la creazione di nuovi centri di detenzione chiusi, situati non solo sulle isole ma anche sulla Grecia continentale. Quattro centri chiusi sono già stati in passato operativi in Grecia per molti anni per gestire la detenzione dei migranti destinati al rimpatrio (Petrou Ralli, Amygdaleza, Xanthi e Drama Paranesti). Secondo il Consiglio greco per i rifugiati , le condizioni di detenzione per cittadini di paesi terzi in Grecia, inclusi i richiedenti asilo, non rispettano gli standard umanitari minimi (detenzione prolungata, condizioni igieniche non adeguate, sovraffollamento, ecc.). 

I centri di detenzione pre-rimpatrio

Il ministero per la Protezione dei cittadini ha informato OBC Transeuropa che i nuovi centri di detenzione saranno costruiti grazie a dei fondi europei. Il Segretario speciale Logothetis spiega che “i centri vengono creati per soddisfare le necessità. Si possono costruire centri di detenzione e usarli come centri aperti. Ma ci sono persone che devono essere detenute per legge, quindi abbiamo bisogno di centri di detenzione chiusi. La progettazione di una strategia complessiva si basa sulle proiezioni a disposizione, e il governo si aspetta che ci saranno molte persone che dovranno tornare in Turchia o nel proprio paese di origine”.

Abbiamo chiesto alla Commissione europea di commentare l’approccio del governo greco verso i centri di detenzione chiusi, e nello specifico se contribuirà a finanziarli. Un portavoce ha risposto che “sono necessarie azioni urgenti per migliorare le condizioni di tutti i migranti e i richiedenti asilo sulle isole”. È chiaro quindi che l’Ue sostiene, non solo economicamente, il piano del governo greco per i nuovi centri di detenzione.

Secondo l’Unhcr, la maggior parte delle persone che arriva in Grecia ha un profilo da rifugiato e ha probabilmente diritto a ricevere protezione internazionale. Più dell’85 per cento degli arrivi via mare nel 2019 erano famiglie afgane e siriane, oltre a persone da Iraq, Somalia, Palestina e Repubblica Democratica del Congo. L’Alto Commissariato dell'Onu ha dichiarato a OBC Transeuropa che “queste persone hanno bisogno di accedere a procedure di asilo giuste ed efficienti, e di vivere in condizioni adeguate mentre attendono che il proprio caso venga esaminato”.

La nuova legge sulle procedure di asilo

Oltre alle nuove misure relative ai campi, in Grecia è stata recentemente introdotta una nuova legge sulle procedure di asilo, in vigore da inizio 2020. La legge estende considerevolmente la possibilità di detenzione dei richiedenti asilo. L’Unhcr spiega che questa "dovrebbe essere una misura straordinaria di ultima istanza, applicata solo per il periodo di tempo più breve possibile in presenza di un numero limitato di motivi, e solo quando sia necessaria, ragionevole e proporzionata. Priorità deve essere data alle alternative alla detenzione, in base a una valutazione delle circostanze specifiche dell’individuo. In mancanza di ciò la detenzione è considerata arbitraria".

“Le decisioni del governo e la nuova legge in materia di asilo rientrano in una più ampia politica di dissuasione che non applica soltanto la Grecia, ma che è stata scelta in generale a livello europeo”, spiega Lefteris Papagiannakis, capo del dipartimento per l'advocacy, la policy e la ricerca dell’Ong greca SolidarityNow. “Ciò ha avuto inizio con l’accordo Ue-Turchia, ma è la stessa cosa che è avvenuta negli accordi con la Libia". Molte organizzazioni internazionali e Ong hanno espresso le loro preoccupazioni sulla nuova legge in materia di asilo, che assomiglia più a una strategia difensiva e punitiva che a un piano a lungo termine. Ci si attende queste norme aumentino i rimpatri e scoraggino nuovi arrivi, anche se il governo ha presentato la nuova legge come un piano alternativo alla situazione attuale.

“I processi di asilo non saranno ostacolati, ciò che cambia è l'effetto sospensivo dei reclami e ricorsi”, spiega il Segretario speciale Logothetis. “Abbiamo la responsabilità di modificare e rendere più rapida la procedura di asilo, al fine di non lasciare che le persone vivano in condizioni miserabili per 2 o 3 anni. Questo significa rispettare i diritti umani: tu mi chiedi qualcosa e io reagisco in tempo, senza ‘distruggerti’ o farti vivere in condizioni inaccettabili". Commentando la nuova legge in materia di asilo, un portavoce della Commissione europea ha affermato: "Seguiremo attentamente la sua attuazione, anche per garantire che i diritti fondamentali siano completamente protetti".

Ciò che ancora manca

Secondo l’Unhcr, quasi 49mila persone sono state riconosciute come rifugiati in Grecia dal 2013 e il numero è in crescita. Nel paese vi sono inoltre circa 5.200 minori non accompagnati, oltre a coloro che sono in attesa del ricongiungimento familiare. Nel dicembre 2018, 11.500 bambini rifugiati e migranti erano iscritti nelle scuole greche.

Il governo Tsipras aveva avviato un programma d’integrazione per le persone che vivevano in regime di alloggio temporaneo, in collaborazione con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Il programma Helios dura fino a novembre 2020 e include corsi d’integrazione, sostegno per l’alloggio e l'occupazione, monitoraggio dell’integrazione, oltre alla sensibilizzazione della comunità ospitante. Tuttavia, è stato rimandato l’avvio di un Piano nazionale per l’integrazione – che non sarebbe comunque stato sufficiente a compensare decenni di mancate politiche in merito. "Sfortunatamente, come paese non abbiamo mai affrontato la questione dell'inclusione sociale e dobbiamo colmare questa lacuna in un tempo molto breve", sottolinea Papagiannakis. "Se teniamo in considerazione alcune altre decisioni, si sta creando un ambiente ostile per i migranti e i rifugiati, che influenzerà il processo d’integrazione e la promozione della coesione sociale".

OBC Transeuropa ha chiesto alla Commissione europea se esista un piano europeo mirato a offrire alla Grecia un sostegno finanziario e a spingere tutti gli stati membri a condividere le responsabilità verso i richiedenti asilo arrivati nel paese. Un portavoce ha risposto che "l'Unione europea sosterrà qualsiasi norma che consentirà di migliorare le condizioni nelle isole e rendere le procedure più efficienti".

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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